Ricordi della mia inesistenza di Rebecca Solnit

Voce alla Legge

Recensione di Veronica Sicari

inesistenza

 

Ricordi della mia inesistenza è un saggio di Rebecca Solnit, edito da Ponte alle Grazie nel 2021.

Di cosa tratta Ricordi della mia inesistenza?

In Ricordi della mia inesistenza, opera a metà tra memoir e saggio, Rebecca Solnit torna sul tema che le è maggiormente caro, oggetto anche di altri suoi lavori: la condizione delle donne in una società dominata da una cultura eteropatriarcale e fortemente sessista.

Con l’approccio tipico del femminismo militante, Solnit parte da sé e dalla propria esperienza per analizzare la situazione nella quale vive e ha vissuto.

L’autrice narra, dunque, delle proprie esperienze di vita quotidiana: della sua condizione di studentessa lavoratrice squattrinata, dei primi passi mossi all’interno del mondo giornalistico, della militanza attiva in materia ambientale.

La scelta, fondamentale, che segna la prima tappa del suo percorso di crescita, è l’affitto di una casa: lasciato un alloggio fatiscente e condiviso, si trasferisce appena diciottenne in un minuscolo appartamento di un quartiere nero di San Francisco.
L’appropriazione di uno spazio che sia solo suo, di un luogo sicuro, rappresenta il primo passo verso una costante ricerca della propria voce, in una società che vorrebbe le donne, soprattutto se giovani e graziose, mute.
Gli spazi pubblici, per le donne, non sono luoghi sicuri.
Lo si apprende sin dalla pubertà, è una consapevolezza radicata in ogni giovane che si trovi a camminare per le strade cittadine.
Le molestie, siano esse verbali o fisiche, gli apprezzamenti non richiesti, non voluti, i tentativi di approccio condizionano da sempre la libertà di movimento delle donne: impariamo sin da giovanissime come renderci invisibili, indesiderabili, inosservabili.

Il tentativo di autocancellazione che moltissime donne mettono in atto è un atto di sopravvivenza:

“Ero stata molestata più di una volta sul bus nell’indifferenza generale, forse perché la potenziale collera di un uomo faceva paura a tutti, forse perché a quel tempo la gente pensava che non fossero affari loro o dava la colpa alle donne. Gli uomini facevano proposte, richieste, provavano ad attaccare bottone, e quei tentativi si trasformavano rapidamente in attacchi di rabbia.

Sapevo che non bisognava dire No, non mi interessa, che farlo sarebbe suonato come una provocazione, quindi non bisognava dire niente. Le parole non potevano fare niente per me, e quindi non avevo parole.”

Qualsiasi donna è in grado di riconoscersi nelle esperienze personalissime dell’autrice.
Qualsiasi donna ha sperimentato sulla propria pelle il senso di impotenza, di rabbia soffocata, la paura di reagire.
Ecco, quindi, che la ricerca di uno spazio tutto per sé tradisce il desiderio di trovare un luogo sicuro, in cui iniziare ad esercitare la propria voce, in cui renderla forte, udibile, non più inascoltata.
Solnit racconta di anni, decenni, trascorsi nell’angoscia di subire violenze: le cronache di quegli anni raccontano di aggressioni e omicidi compiuti a danno di donne da parte di sconosciuti e di persone a loro vicine. Tutti uomini.
L’esperienza della violenza fa parte della sua vita, presente nella sua infanzia e anche nella sua vita di giovane adulta.
Una sua cara amica sopravvive miracolosamente ad un’aggressione piuttosto feroce: sarà lei a regalarle la scrivania sulla quale Solnit elaborerà tutti i suoi scritti.
Una sorta di lascito tra donne, il dono di un luogo sul quale sperimentare sé stessa e rompere il silenzio assordante. Il luogo dal quale intonare un racconto diverso.
Sono anni convulsi, di cambiamenti socio-culturali epocali quelli nei quali Solnit compie la sua gavetta come giornalista prima e saggista poi.

Il suo non è soltanto un percorso professionale: dall’invisibilità, dall’essere senza voce, a poco a poco riuscirà ad aprirsi al mondo, a trovare sé stessa. A trovare la sua credibilità, dinnanzi agli altri ma soprattutto a sé stessa.

“La credibilità è uno strumento di sopravvivenza fondamentale”

è un concetto che viene ribadito in più occasioni nel corso del memoir.

Saranno anni nei quali, a dispetto della sua costante apprensione, sperimenterà la libertà di muoversi in lungo e in largo negli Stati Uniti, confrontandosi con culture marginalizzate, cercando di utilizzare la propria voce per raccontare la storia di popolazioni oppresse.
Riuscirà a farsi largo nel mondo editoriale, scansando e schivando i tentativi di silenziarla: gli ambienti culturali, soprattutto quelli dell’epoca, erano saturi di sessismo, benché benevolo.
Ad aiutarla nel suo percorso di crescita individuale e al contempo professionale, è altresì la vicinanza al mondo queer e alle sue battaglie.

Perché leggere Ricordi della mia inesistenza?

Ricordi della mia inesistenza è un libro che affronta tematiche importantissime, oggi nuovamente al centro della discussione pubblica sul ruolo della donna nella nostra società.

L’esperienza di una donna americana, diventata adulta negli anni ’80 del secolo scorso, ha ancora molto da dire alle giovani che si affacciano alla vita in questo secondo decennio del nuovo millennio.

Perché a discapito delle conquiste effettuate, tanto è ancora il lavoro da fare per riconoscere uno spazio alle voci femminili, per reimmaginare la gestione del potere e degli spazi pubblici che tengano conto della presenza di soggettività diverse da quelle maschili.
Il percorso di Rebecca Solnit è in grado di infondere un messaggio di speranza: del resto, come scriveva nei suoi diari Carla Lonzi, figura fondamentale del femminismo italiano degli anni ’70, “il femminismo inizia quando una donna cerca risonanza di sé nell’autenticità di un’altra donna”.

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Sinossi

Questa storia inizia quando, non ancora diciottenne, Rebecca Solnit prende possesso di un piccolo appartamento in un vecchio quartiere di San Francisco dove capita di sentire, certe sere, il suono delle sirene antinebbia mescolarsi al respiro dell’oceano Pacifico.

Là inizia la sua ricerca di sé stessa, come persona, come scrittrice e come attivista politica; ricerca che è, in sostanza, una lotta per non scomparire.

Perché, spiega Solnit con lucidità e passione, la condizione femminile è fatta di continue e ripetute scomparse, dell’inesistenza e dell’invisibilità così ben descritte in quello che è diventato ormai un classico,  Gli uomini mi spiegano le cose.

Ma questo libro è anche una dichiarazione d’amore: alla San Francisco dei quartieri storici, degli artisti, del movimento LGBTQ e delle proteste più spettacolari contro le guerre e le discriminazioni; al deserto, alle imponenti catene montuose, dove faticosamente si riaffacciano le culture native e dove si sono svolte storiche manifestazioni antinucleari e per la difesa del territorio.

In queste pagine traboccanti poesia seguiamo la giovane Rebecca incontrare persone, paesaggi e storie e condividiamo la sua lotta contro l’inesistenza: la sua e quella delle donne, degli ultimi, degli indifesi.

Titolo: Ricordi della mia inesistenza
Autore: Rebecca Solnit
Edizione: Ponte delle Grazie, 2021