Intervista a Nelly Payano, attivista del M.O.D.D, movimento per i diritti delle donne
Voce alle donne
a cura di Emma Fenu

Nelly Payano
Nelly Payano è un’attivista di Il M.O.D.D, movimento per i diritti delle donne, che si occupa di promozione sociale per espandere l’empowerment femminile, combattere ogni tipo di violenza e salvaguardare i diritti delle donne.
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Femminismo minismo: una parola ancora con molte sfumature, io ne accolgo una: movimento a tutela dei diritti negati delle donne. Un movimento per le donne ma da portare avanti con gli uomini, in modo inclusivo, ovviamente riguardo anche a LGBTQ che vogliono affermare i medesimi valori.
Anche se non attivisti, tutti siamo femministi, perchè il Femminismo non è sinomino di Maschilismo, non è contro nessuno, è solo pro.
Ci sono movimenti dai modi più aggressivi, altri più inclusivi: La diversità non ci deve portare a far guerra nella guerra in cui siamo vittime, deve essere occasione di confronto, incontro, riflessione, ascolto.
Ho accolto nel salotto di Cultura al Femminile Nelly Payano, una donna che si è approcciata a me con rispetto, entuasismo, consapevolezza, equlibrio e molta onestà nel dichiarare le proprie idee.
Voce alle donne, dunque. E finalmente.
Ciao Nelly, benvenuta. Come è nato e di cosa si occupa Il M.O.D.D, movimento per i diritti delle donne?
Grazie, Emma.
Il M.O.D.D, movimento per i diritti delle donne si occupa di promozione sociale per espandere l’empowerment femminile, combattere ogni tipo di violenza e salvaguardare i diritti delle donne.
Nato dal basso, da un gruppo Facebook, è esploso durante il primo lockdown, dove le richieste d’aiuto delle donne sono lievitate in tutta Italia e dall’estero. Pochi mesi dopo ci siamo costituite in associazione per poter aiutare meglio.
M.O.D.D. è una rete di connessione e sostegno per le donne che chiedono aiuto e le donne che offrono aiuto, prima ascoltiamo ed accogliamo online (messaggi, telefonate, videochiamate, ecc) per capire i bisogni della donna, se e come intervenire, indicando cosa fare e dove andare grazie alla rete di contatti che abbiamo sviluppato in quasi tutta Italia con altre donne attiviste e professionisti addetti ai lavori.
A volte includiamo la donna nei gruppi AMA (auto mutuo aiuto) su tematiche mirate o in gruppi divisi in zone regionali, a volte la seguiamo noi con un equipe di professionisti quand’è possibile.
Facciamo formazione e divulgazione con professione sulle tematiche femminili, troviamo case, rifugi, lavoro, qualche raccolta fondi interna per aiutare chi è in estrema emergenza.
Tutto questo grazie alla rete. Direi una catena di solidarietà e centro ascolto online al femminile. Dove il contributo sociale può arrivare da Torino fino a Palermo con un paio di chiamate o dalla Germania fino in Calabria grazie ad un messaggio su messenger o ad un incontro su zoom o Skype.
Di cosa ti occupi tu?
Nel movimento M-O-D-D- sono una delle socie fondatrici, mi occupo di progettazione, formazione, comunicazione, eventi e pubbliche relazioni, oltre che fare da antenna ed essere una attivista, come ogni donna del Movimento.
Non siamo un’associazione con sedi nei territori, siamo attiviste che creano rete nei territori. Tra l’altro molte donne del movimento sono giá addette ai lavori, diverse hanno associazioni di volontariato, case di accoglienza, molte si occupano di pari opportunità, fanno politica o sono professioniste nel settore, tipo CTU, psicoterapeuta, avvocate divorziste, ecc.
Tutte unite per aiutare altre donne.
Ritieni che la violenza investa un numero sempre crescente di donne in forme a volte meno plateali ma dannose?
Diciamo che la violenza “non fisica” è il pane quotidiano della maggioranza delle donne che ho incontrato finora, sia di quelle che ne sono uscite, sia di quelle che chiedono aiuto, sia di chi non sa di vivere episodi di violenza, per esempio chi non dichiara nulla ma sta vivendo la violenza sul posto di lavoro, subendo qualche ricatto e manipolazione emotiva dal compagno, parente, amicizia o professionista di turno.
Un velo infinito di dolore, misto vergogna, senso di colpa e confusione eviscera la donna che viene abusata, violata e maltrattata “non fisicamente”.
Ma non si dà importanza all’abuso “non fisico” perché sono conseguenze invisibili, mentre le botte sono visibili.
Quante donne che vivono nell’abuso riescono ad avere la forza di denunciare e ancor prima farsi aiutare?
Una donna in quelle condizioni difficilmente denuncia, si sente preda e tende a chiudersi nel silenzio per evitare il peggio. Se si apre, lo fa solo se si sente al sicuro, e spesso non trova sostegno nel suo ambiente sociale o pensa di non poterlo avere.
Altre volte invece non sa come denunciare un reato “non fisico”
Molte si ammalano e deprimono nel silenzio, avviando quello che io chiamo un femminicidio in vita. Portandosi un bagaglio di dolore muto addosso.
Quando la donna denuncia invece, viene isolata, accusata dal classico “se l’é cercata”, sminuita con il “non starai esagerando? Mica ti ha picchiato”, ecc.
Questa mentalità non aiuta nessuna donna a denunciare. Molte preferiscono stringere i denti e fare da sé.
Non parliamo della questione “se denunci ti portano via i figli” “se denunci non ti darò i soldi per crescere i figli”. “Se denunci non troverai più un lavoro”
Violenza istituzionale, economica ed emotiva congiunta, come fa una donna senza strumenti a voler denunciate e tutelarsi se ha davanti tutta questa melma?
Solo altre donne che ce l’hanno fatta e condividono la loro esperienza possono incoraggiare a denunciare e lasciare situazioni violente. Ma a volte non basta.
Per esempio io ho denunciato e sono scappata da diverse situazioni violente solo perché in casa mia nonna ne parlava (lei si è salvata per miracolo dal pugnale di mio nonno e lo raccontava). La violenza psicologica invece è più subdola perché non dà nell’occhio.
Quale il progetto più immimente di M.O.D.D.?
Uno dei nostri grandi obiettivi ora è comunicare tutto questo attraverso la condivisione delle esperienze, delle strategie usate da ex vittime di violenza, il tutto intrecciato alle competenze ed esperienze dei professionisti che si occupano di tematiche e problematiche femminili.
Come lo faremo?
Attraverso la condivisione e la divulgazione di un VADEMECUM COLLETTIVO sulla VIOLENZA che noi di M.O.D.D. abbiamo iniziato a scrivere e divulgare grazie al lavoro del nostro osservatorio ed al confronto avuto con centinaia di donne in questi anni.
Lo facciamo anche attraverso la Rete di Minerva, un gruppo di associazioni unite da un protocollo unico per seguire casi di donne dalla A alla Z e interagire scambiando il know how di ogni associazione.
La nostra rete nazionale è composta anche da uomimi, sono fondamentali per la nostra causa, partecipano nel movimento in modo più esterno, dando consigli, facendo consulenze, mettendo a disposizione la loro professionalità.
Ci sono addirittura uomini che ci contattano per aiutare figlia, amica, parente o compagna in difficoltà con qualche ex irruento, oppure per capire qualcosa sull’affitto dei minori ed aiutare nelle pratiche.
Non possono partecipare invece, nei gruppi privati di sole donne o nei gruppi AMA che trattano tematiche strettamente femminili e delicate come la violenza infantile o la violenza psicologica.
Possono partecipare a M.O.D.D. solo donne, non uomini e LGBTQ. Ritenente che una trans non sia una donna (e spesso vittima di abusi)?
Trans. Ricordo che quando ero piccola, a Santo Domingo, facevamo i pranzi a casa con omosessuali, trans e lesbiche.
Per me e mia mamma eravamo tutte persone sedute nella stessa tavola a condividere un momento di festa e tanto tanto ballo!
Tornando al Movimento, abbiamo scelto di occuparci dei malesseri e le violenze dell’essere donna biologicamente dalla nascita, e di circoscrivere le nostre energie in quel target perché già pieno di temi complessi ed irrisolti, che vanno dalla prostituzione minorile, al diritto alla maternità, fino all’utero in affitto ed ai figli in affido.
Penso che ci vadano anni di lotta mirata solo per far rispettare i diritti e la dignità della donna in questi ambiti, noi abbiamo scelto di concentrarci in quelli.
D’altro canto, chi siamo noi per decidere chi è donna o meno? In questo mondo tutto è relativo, dipende dai significati, credenze e valori che si dà all’essere donna. Ci sono valori spirituali, culturali, storici molto forti che influenzano la definizione di essere donna.
Noi abbiamo scelto di puntare sulla donna nel significato più tradizionale e legato alla biologia.
Preferisco non entrare troppo in merito perché non sono una addetta ai lavori di quel target. Comunque sappiamo che una donna ben tutelata, autodeterminata e consapevole dei suoi diritti, potrà offrire un futuro più dignitoso a sé stessa e di conseguenza alla sua famiglia ed alla società.
Contatti
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