“A libro aperto. Una vita è i suoi libri” di Massimo Recalcati
Recensione di Lisa Molaro.
Pubblicato, da pochissimo, dalla Feltrinelli Editore, “A libro aperto. Una vita è i suoi libri” è l’ultimo libro dello psicoanalista lacaniano, saggista e accademico italiano, Massimo Recalcati e penso non servano cappelli introduttivi per quest’uomo dall’intelligenza ad ampio spettro.
Ho iniziato a leggere questo saggio e, sin da subito, mi sono sentita rapita dentro emozioni d’inchiostro che si tingevano con pigmenti di sangue universale… erano quelle scaturite dalla cellulosa su cui poggiavo gli occhi, erano quelle dell’Autore del libro, erano quelle di Sartre e del mio amato Flaubert, erano quelle di Lacan, erano… erano, sì, erano le mie!
Un saggio scritto con un ritmo narrativo fluido, autobiografico; pagine dove la storia del singolo si fa biografia riflessa allo specchio di ogni “lettore forte”, sfumandosi via via, logicamente, attraverso il proprio cammino esperienziale.
Siamo noi a leggere il libro o è il libro a leggerci?
E, dopo averne terminata la lettura, qualche cosa è mutato in noi? Quindi, chi diventa attivo e chi passivo?
Prendendo spunto dalle parole di Recalcati, ogni libro è un coltello che affonda nel panetto di burro di cui siamo fatti. Incide, taglia lievemente o squarcia, dirompendo argini e creando voragini.
Scavando dentro di noi, ci costringende a riflettere, a cambiare punti di vista, a portare all’aria aperta – concedetemi l’espressione poco fine – budella attorcigliate su se stesse. I libri che – per caso o per scelta – leggiamo, possono obbligarci a infilare le dita in quella matassa di carne sanguinolenta che, nascosta alla nostra vista, ci fa tremare di un dolore sordo.
Leggere non necessariamente dev’essere elaborazione di un dolore, questo è logico, ma, sempre, sposta in noi qualche tassello, sia essa emozione semplice o complessa.
E questo la lettura deve fare!
“A libro aperto” si suddivide in due parti, non una più incisiva dell’altra.
Nella prima, l’Autore ci porta a riflettere sulla capacità impattante dei libri che, come è noto, sono contenitori di archetipi, simboli e sentimenti fusi insieme all’interno di atti teatrali in cui il lettore è portato a immedesimarsi.
Quanto dicono di noi le nostre scelte di lettura? Quante – e quali – turbe esprimiamo nell’accostare i volumi sugli scaffali? Quanto ci lasciamo tagliare dalle pagine di un libro? In quali generi di lettura riponiamo attimi del nostro tempo, di noi?
Il libro può essere svago, semplice diletto, piccola evasione (ma, anche in questo caso, un po’ di autoanalisi andrebbe fatta!) o può rispondere, semplicemente, a un’altra grande esigenza: quella di accrescere il proprio sapere e stimolare la curiosità necessaria per “saperne sempre di più”.
Leggendo queste pagine ho pensato ai miei vari periodi di lettura; a quanto ho divorato, di volta in volta, un genere piuttosto che un altro.
Io ho sempre cercato risposte.
Sempre.
Su tutto.
Quando ancora non ero capace di leggere, mia madre si è fatta i miei occhi leggendomi storie che grondavano dolcezza e amore profuso verso ogni forma vivente… quanto ha inciso “Celestino” sulla mia ipersensibilità spesso ingombrante?
Avevo circa nove anni quando volli, andando contro il parere di tutti, avere un romanzo di cui avevo sentito parlare in televisione: “Il racconto di Peuw bambina cambogiana“. Scene dure, inadatte al cuore tenero della bambina che ero, inadatte ma determinanti nel capire che la differenza è data dal qui e ora, dalla fortuna del luogo e del momento di nascita e ancor più importante: ho scoperto che anche i bambini muoiono. Rosso Malpelo ha sortito, in me, lo stesso effetto e Verga lo porto nel cuore, per assurdo, proprio per tutte le lacrime di maturazione che mi ha fatto versare.
Per me sono poi seguiti anni adolescenziali in cui, in modo bulimico, divoravo saggi di cultura e religione orientale. Cercavo risposte diverse, destrutturavo, demolivo ciò che dogmaticamente mi era stato insegnato per poi ritrovarmi, molti anni dopo, a strutturare il mio punto di partenza attraverso letture che si sono, di volta in volta, andate specializzandosi.
I libri mi hanno permesso il pormi di infinite domande che mai trovavano sosta; per ogni risposta, dietro, c’era – e c’è, per fortuna – un’altra domanda.
Ma non sono qui a scriver di me, bensì del magistrale saggio di Recalcati, scusatemi la digressione.
“Il libro è qui il portavoce di un tempo perduto che non bisogna però dimenticare. È il luogo della memoria che non si lascia disperdere. Dove c’è ancora un libro – sembra pensare il padre della Strada – gli uomini restano ancora umani, dove c’è ancora un libro la vita resta ancora nel solco della Legge della parola.”
Nella seconda parte del libro Recalcati ci parla, appunto, delle letture che hanno segnato le sue tappe esistenziali importanti, intime, personali, professionali… umane!
Ampio respiro è dedicato all’Odissea, a Ulisse, a Telemaco e al senso di abbandono provato da Recalcati verso un padre presente affettivamente. Sono pagine intime, sinergie letterarie toccanti, fisiche. Pagine che portano l’odore di un’infanzia in attesa.
Percorsi personali scaturiti dalla lettura del “Vangelo”, “Il sergente della neve” di Stern, il passo ritmico, un passo avanti, stivali, gelo, un altro passo avanti, un movimento incessante e ripetitivo, l’ostinazione della volontà di vivere… e la difficoltà di Recalcati, neonato, a mantenersi in vita, a sopravvivere. E poi, ancora, Sarte con il suo “La nausea” (che non ho ancora letto ma leggerò di certo).
E Heidegger , Nietzsche, Hegel, Kierkegaard, Freud, ancora Sartre, Flaubert, ovviamente Lacan e “La strada” di Cormac McCarthy.
Le letture delimitano il viale su cui camminiamo, quello formativo, quello che ci aiuta a camminare a schiena eretta. Hanno contribuito a renderci quello che siamo e, probabilmente, quelle che ancora dobbiamo fare influenzeranno il nostro mutare in divenire.
Siamo i libri che leggiamo e a cui permettiamo di entrare in noi modificandoci nel profondo.
“Se l’uomo arriva a pensare l’ordine simbolico,” scrive Lacan, “è perché vi è innanzitutto preso nel suo essere.”80 Ma questa presa veniva rintracciata in tutta la prima parte degli Scritti come l’effetto del potere “morfogeno” dell’immagine,81 cioè dei processi inconsci di identificazione. Lì ritrovavo perfettamente il mio Sartre dell’Idiota della famiglia: un uomo è il risultato dell’azione delle immagini che lo hanno ispirato, alienato, catturato, preso nel suo essere e che egli “ignora”. J. Lacan, Al di là del principio di realtà
A cuore aperto.
A libro aperto.
La vita è i suoi libri.
Una lettura consigliatissima.
Lisa.
Titolo: A libro aperto. Una vita è i suoi libri
Autore: Massimo Recalcati
Editore: Feltrinelli Editore (novembre 2018)
Collana: “Serie Bianca”
Sinossi:
Se ci sono libri che ci cambiano la vita, è perché sono in grado di svelarci il segreto che è racchiuso in noi, di far risuonare l’enigma che ciascuno di noi è per se stesso.
Un incontro è un evento che taglia il percorso di una vita rendendola diversa da com’era prima. Per questo ogni vero incontro è un incontro d’amore, perché ci trasforma. E, come ci trasformano le persone in carne e ossa, ci trasformano anche le idee e le parole. Sono esistite, per ciascuno di noi, letture che hanno cambiato radicalmente la nostra vita, che l’hanno resa diversa da prima. Perché quel libro mi scuote? Forse perché in esso trovo le risposte o le domande che mi attraversano. In questo senso, leggere non è solo conoscere altri mondi e altre vite, ma è anche incontrare inaspettatamente pezzi del nostro mondo e della nostra vita. Un libro è importante quando mostra i miei fantasmi, quando affonda, per qualche ragione obliqua, nel mio essere più riposto, sorprendendomi e rivelandomi quello che sapevo già ma che non avevo ancora le parole per dire.
In queste pagine Recalcati racconta tutta la profondità di questa esperienza, aprendo anche lo scrigno dei suoi personali incontri di lettura e mostrandoci come leggere non sia erudizione, accumulazione, ma un modo per offrire alla vita l’occasione di un incontro con la parte più segreta di se stessa, rendendo possibile il suo rinnovamento, la sua espansione, l’acquisizione di una forma nuova. Perché un incontro con un libro è un incontro d’amore.