Il piacere rimosso. Clitoride e pensiero di Catherine Malabou

Voce alla Legge

Recensione di Veronica Sicari

piacere rimosso

Il piacere rimosso. Clitoride e pensiero è un saggio di Catherine Malabou, edito da Mimesis nel 2022.

Catherine Malabou, professoressa e ricercatrice, si occupa da anni di neuroscienze, filosofia, psicoanalisi e femminismo.

Nel suo ultimo lavoro, edito da Mimesis in Italia con l’evocativo titolo di Il piacere rimosso. Clitoride e pensiero, pone una serie di interessanti spunti intorno alla soggettività e identità femminile, a partire dall’organo anatomico-sessuale più bistrattato e dimenticato del corpo delle donne: la clitoride.

Di cosa tratta Il piacere rimosso?

Che il centro del piacere femminile, apparentemente minuscolo, possa essere il punto di partenza per una riflessione femminista sul ruolo della donna e sulla sua identità, non è cosa nuova nel dibattito filosofico.

Già Carla Lonzi, negli anni ’70, nel pieno di quello che viene comunemente definito femminismo della seconda ondata, aveva utilizzato gli organi genitali femminili per descrivere la questione femminile, in quel suggestivo, interessante e approfondito scritto che è La donna vaginale e la donna clitoridea.

La clitoride, quindi, come strumento – filosofico e simbolico – per raccontare l’evolversi del patriarcato, e come oggetto di una rimozione, tanto simbolica quanto fisica.

La clitoride compare per la prima volta in un testo medico anatomico di Rufo di Efeso nel I-II secolo, il quale ne fornisce una definizione, elencandone i diversi termini.
Ricomparirà in Francia nel 1575, nella prima stesura (non in quella definitiva, dalla quale verrà rimossa) di un volume di Ambroise Paré, per poi essere citata definitivamente da Gabriele Falloppio qualche anno dopo, nel 1561.

Lo studioso italiano, al quale si deve la denominazione delle tube, se ne attribuì erroneamente la scoperta.
Nella produzione accademica scientifico-anatomica il ruolo della clitoride verrà sempre considerato ancillare rispetto a quello della vagina.
Otterrà centralità nell’elaborazione psicoanalitica parecchi secoli dopo alla sua scoperta, quando si inizierà ad indagare il piacere femminile, sebbene in maniera strettamente connessa alla funzione riproduttiva.

In verità, sebbene la clitoride venga spessa contrapposta al pene, da questo se ne discosta, in quanto è organo esclusivamente deputato al piacere, che non concorre in alcun modo – o almeno, così parrebbe dagli studi scientifici fin qui elaborati – alla riproduzione.

A differenza, dunque, del pene, che nella riproduzione è direttamente coinvolto.

Se ne deduce, quindi, che contrariamente a quanto affermato per secoli, sono la sessualità maschile e il piacere dell’uomo strettamente connessi alla riproduzione, non quelli femminili.
Freud si è lungamente occupato del rapporto tra la sessualità maschile e quella femminile, utilizzando proprio le diversità anatomiche per tracciarne le disuguaglianze, ponendo le basi psicanalitiche della subordinazione sessuale delle donne nei confronti dell’uomo.

In un’ottica di celebrazione del pene, il padre della psicoanalisi definisce il sesso femminile come dipendente (rectius, inferiore) a quello maschile ed in rapporto a questo incompleto: affermazioni, le sue, che trovano spazio in teorie come quella della bambina quale “bambino mancato”, dell’invidia del pene.

L’apparato sessuale femminile sarebbe, secondo Freud, incompleto, amputato.

Inoltre, la clitoride, nonché il piacere a questa connessa, costituirebbero il centro dell’esplorazione femminile infantile; la donna matura ed equilibrata abbandonerebbe il piacere clitorideo, autonomo rispetto all’interazione con l’uomo, per focalizzarsi esclusivamente in quello vaginale.

Diventando così adulta ed equilibrata, perfettamente corrispondente al ruolo che le spetta naturalmente.
La clitoride, strettamente ed esclusivamente correlata (fisicamente) al piacere sessuale femminile, diventa il simbolo di un’indole smodata e perversa, perché disancorata dalla funzione procreativa.

Le donne clitoridee sono donne squilibrate, da correggere, anche per il tramite della chirurgia.
L’isteria diventa il simbolo della donna non allineata, e perciò difettosa.

La simbologia patriarcale legata alla clitoride ha fatto sì che per secoli la sua morfologia rimanesse sconosciuta; è solo nel 2016, grazie ad un modello anatomico realizzato dalla ricercatrice Odile Fillod, che le immagini dell’organo entrano a far parte dei libri di anatomia, rivelandone forma e dimensioni fino a quel momento sconosciuti.
La totale rimozione di una parte dell’organo sessuale femminile non soltanto dal discorso scientifico, ma da quello filosofico, ha comportato una costruzione ed indagine del rapporto tra i sessi parziale, imponendo il modello eterosessuale quale norma, in un discorso fallologocentrico che ha condizionato l’intera cultura occidentale, ma non solo.
Tra l’altro, propugnare un modello di virilità fondato sulla potenza maschile ha contribuito a considerare qualsiasi altro orientamento sessuale come deviazione dalla regola e perciò passibile di sanzione.

Il maschio virile, perfettamente aderente a quell’idea di potenza che dalla sua sessualità deriva, diventa il modello umano predominante, la regola attorno al quale le eccezioni vanno corrette.

In una società maschile e fallocentrica, omosessualità o altre identità diventano perversioni da contenere. Da cancellare.

Ne Il piacere rimosso, Catherine Malabou rievoca la storia della clitoride, ripercorrendone la rimozione sino alla sua riscoperta, rievocandone l’elaborazione femminista in materia.

Sottolinea la centralità rivestita da quest’organo nell’elaborazione dell’identità femminile e nella lotta all’emancipazione.
Riconoscere la correlazione tra clitoride e piacere femminile non equivale ad un’adesione all’essenzialismo, che largo seguito pare trovare in una frangia di femministe radicali trans- escludenti, che definiscono ed individuano le donne attraverso il ricorso al mero dato biologico:

“Affermare che il sesso della donna è la clitoride significa proprio che la “donna” non si riferisce né a un’identità sostanziale né a un’essenza ma a un soggetto che deve costruire la propria libertà sessuale, intellettuale e politica fuori dal vincolo della riproduzione e dell’ideologia della cosiddetta maturità vaginale”.

Per dirla con le parole che Simone De Beauvoir utilizza ne Il secondo sesso:

“donna non si nasce, si diventa”.

Non esiste alcun destino biologico che sia in grado di determinare quando un essere umano possa definirsi donna.

Ciò significa che, a prescindere dai caratteri genitali attribuiti alla nascita, una persona può sentirsi ed essere una donna. Del resto, immaginare e costruire la propria identità personale a prescindere dal rapporto sessuale fallocentrico, significa fuoriuscire dal binarismo, e dare spazio a più, molteplici soggettività.

Tutte ugualmente degne di essere riconosciute.
È così che nel corso del saggio, Malabou ripercorre l’elaborazione filosofica dell’identità sessuale femminile, così come ricostruita nel corso dei secoli, anche attraverso l’analisi delle varie figure simboliche elaborate e agli sforzi di varie studiose.

A partire da Simone de Beauvoir, ad opera della quale la vagina entra quale oggetto del discorso filosofico, allo scopo di dimostrare come la
donna è stata elaborata come Altro rispetto all’Uno della storia (l’uomo), con una forte – e coraggiosa per i tempi – critica all’elaborazione freudiana, in voga in quegli anni. Françoise Dolto, Carla Lonzi, Luce Irigaray, Paul B. Preciado.

Attraverso l’analisi dell’opera di queste pensatrici, Malabou ci racconta una rimozione intellettuale che finisce per divenire, presso talune culture, una rimozione fisica, con le inumane pratiche di mutilazioni genitali femminili (MFG).

Perché leggere Il piacere rimosso?

Le ragioni per cui leggere Il piacere rimosso di Catherine Malabou sono espresse in maniera molto condivisibile da Jennifer Guerra, nella prefazione all’edizione italiana.
All’indomani dal naufragio del DDL Zan, che avrebbe introdotto nel Codice penale una serie di aggravanti, con conseguente inasprimento delle pene, in tutti i casi di discriminazioni fondate sul sesso, genere e identità sessuale risulta fondamentale non abbandonare il dibattito sull’identità di genere.

L’emersione di femminismi intersezionali, di una vera e propria corrente trans-femminista spesso in forte contrapposizione con i femminismi radicali più datati ma ancora esistenti rischia di inibire e rendere sterile il dialogo, rendendo vana ogni forma di lotta di emancipazione, ancora
necessaria.

Al contrario, recuperando la componente simbolica ed identitaria della libertà femminile, è possibile riconoscere l’esistenza di altre soggettività. Malabou propone un parallelismo interessante tra clitoride e anarchia, nella sua accezione di “ordine senza potere”, e non anche di caos:

“La complicità tra clitoride e anarchia è data innanzitutto dal destino comune di clandestinità, dall’esistenza segreta, nascosta, misconosciuta. Anche la clitoride è stata a lungo considerata un’agitatrice, un organo di troppo, inutile, che si fa beffe dell’ordinamento anatomico, politico e
sociale con la sua indipendenza libertaria e la sua dinamica di piacere distante da ogni scopo e principio.

Una clitoride non si governa. Malgrado tutti i tentativi di trovarle dei padroni – l’autorità patriarcale, il diktat psicoanalitico, l’imperativo morale, il peso della tradizione, il piombo dell’ancestralità – lei resiste. Resiste alla dominazione proprio perché è indifferente al potere e alla potenza”.

 

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Sinossi

Cancellata dalla storia del sapere e dei corpi, oggi la clitoride è finalmente al centro di molte ricerche e pratiche.

Anche all’interno del pensiero femminista il discorso si è trasformato e la clitoride è diventata una fonte di piacere che non appartiene più necessariamente alle donne, sovvertendo così una visione tradizionale della sessualità e del genere.

Nonostante questa riscoperta, Catherine Malabou ci ricorda una ferita che tarda a sanarsi, violenze a cui ancora ci si trova a far fronte, dalle mutilazioni genitali al piacere negato a milioni di donne.

La clitoride resta così il “luogo enigmatico del femminile” e di questo enigma l’autrice scrive con “tocchi” leggeri, in equilibrio tra apparizione e scomparsa, lasciando che sia l’organo stesso a parlare attraverso le voci di chi ne ha rivendicato l’esistenza.
Titolo: Il piacere rimosso. Clitoride e pensiero
Autore:  Catherine Malabou
Edizione: Mimesis 2022