I Promessi Sposi 2.0 di Marina Fichera
M’ama, non m’ama… M’ama, non m’ama…
Alla ventiquattresima margherita spogliata dei suoi piccoli petali, affacciata alla finestra della sua cameretta di Varenna – su quel ramo del lago di Como – Lucia ancora non si era convinta. Tutti e ventiquattro i poveri fiorellini avevano dato lo stesso esito, non m’ama, ma lei non era ancora convinta. No, non poteva essere che Renzo non l’amasse, non poteva essere!
In verità le manifestazioni da parte del malcapitato oggetto d’amore della giovane non prospettavano chissà quali emozionanti sviluppi, ma lei era convinta che Renzo l’amasse, anche se inconsapevolmente. Per il momento.
Il problema era che il mondo intero tramava affinché non stessero insieme, in un miscuglio di teorie adolescenzial-complottiste secondo cui i bravi erano comunque sempre cattivi, e ad azzeccar garbugli c’era sempre l’innominato creatore di Microsoft.
Renzo doveva solo avere il coraggio di affrontare la propria parte femminile e svelarle finalmente il suo amore, poi sarebbero stati insieme for ever and ever, alla faccia di Bill.
Lucia sedeva al banco di fronte alla lavagna – in un sogno una talpa l’aveva incontrata e le aveva messo una zampina sulla spalla, consolandola per quanto era miope – ed era la secchiona della classe. Se non fosse stato per la possibilità di farsi suggerire, nessuno se la sarebbe filata. Maledetti esseri inferiori, peste vi colga! pensava Lucia, disprezzandoli tutti. Bè, tutti tranne uno, il suo Renzo.
Renzo sedeva all’ultimo banco della classe, spalmato sul muro come un geco nei giorni di sole, per farsi vedere il meno possibile dai prof. Era il ragazzo più bello e aveva molto successo. Peccato non avesse alcuna voglia di studiare – in un sogno una capra lo aveva deriso parlando una strana lingua, che poi era italiano, ma lui non l’aveva capita lo stesso – e che fosse stato bocciato già due volte.
Fu proprio la paura di essere bocciato nuovamente e venir spedito dal padre a pedalare sul lungolago come rider, che convinse il bello ma pigro ragazzo a ricordarsi che al primo banco esisteva una compagna di classe secchiona: Lucia.
Renzo iniziò a parlarle, tirando fuori strane teorie e baggianate varie che aveva letto, ma non capito, su Facebook. In un attimo, come un abile ladro con un grimaldello, aprì una breccia nel piccolo cuoricino miope della ragazza del primo banco di cui, nel frattempo, non ricordava più neanche il nome.
Ogni pomeriggio Renzo aveva iniziato ad andare a casa di Lucia per farsi passare i compiti, e più ci andava e più compiti copiava, più lei si convinceva che ci andasse per vederla, non per altro. Anche se ben ventiquattro margherite, sacrificate sull’altare della divinazione amorosa, avevano decretato che no, lui non l’amava.
Il giorno che ci fu il lockdown per la nuova pandemia e le scuole entrarono in DAD, Lucia si sentì persa. Si affacciò alla finestra e vide la gente che si azzuffava davanti al fornaio. La fine del mondo! Decise quindi che doveva accelerare i tempi per la consapevolezza dell’amato. Gli inviò un messaggio su whatsapp, per dichiarargli il suo amore – for ever and ever – prima che fosse troppo tardi.
Quel giorno Renzo, ricevendo il messaggio, si mise a ridere e, senza esitazione alcuna, le rispose con una citazione che aveva visto su Facebook e di cui non ricordava neanche l’autore: “Questo matrimonio non s’ha da fare”.
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