CARNE DA MACELLO, la politica sessuale della carne. Una teoria critica femminista vegetariana – di Carol J. Adams
Recensione di Veronica Sicari
Carne da macello, la politica sessuale della carne. Una teoria critica femminista vegetariana è un saggio di Carol J. Adams, edito da Vanda Edizioni nel 2020.
L’interessante lavoro di Carol J. Adams fu pubblicato per la prima volta nel 1990. Ma la sua gestazione risale a diversi anni prima. Nonostante il tempo trascorso dalla sua pubblicazione, il testo mantiene una allarmante attualità.
Carol J. Adams è un’attivista americana: si occupa di lotta alla violenza domestica, al razzismo; si spende per i senzatetto e la giustizia riproduttiva ed è vegetariana.
È proprio a partire dalla sua scelta etico – alimentare che trae le mosse per scrivere questo testo.
La stessa autrice, nella prefazione all’edizione originale, scrive:
“Il mio essere divenuta vegetariana aveva apparentemente poco a che fare con il mio essere femminista – o almeno così pensavo.
Ora capisco come e perché questi due aspetti siano intimamente connessi, come l’essere vegetariane si ripercuota sull’essere femministe. Ho scoperto che quelle che mi apparivano come singole preoccupazioni per la salute e l’etica erano in realtà correlate e illuminate dalle idee femministe”.
In Carne da macello, quindi, l’autrice rintraccia la matrice originaria che sta alla base della misoginia e della disparità di genere e del mangiar carne: il patriarcato.
“Ciò che provo a fare in questo libro è rendere palesi le associazioni implicite, spiegando come la cultura patriarcale legittimi il nutrirsi di animali, e tracciare la mappa delle interconnessioni tra femminismo e vegetarianesimo”.
Ed in effetti, nel corso dei singoli capitoli che compongono l’opera, la Adams affronta i due temi apparentemente contrapposti, femminismo e vegetarianesimo, individuandone i punti di contatto.
Punti di contatto, vere e proprie interconnessioni, che non appena svelate, non possono più essere ignorate.
Cosa si intende per politica sessuale della carne? Attraverso l’analisi di testi antichi e recenti, libri di cucina e le insegne dei più moderni ristoranti e fast food, la Adams individua come il consumo di carne sia stato, nel corso della storia, prerogativa pressoché esclusiva di un solo genere: quello maschile.
La carne, quale cibo virile per antonomasia, è stata per secoli riservata agli uomini, nella ferma convinzione che contenesse gli apporti proteici idonei per il loro organismo, considerato diverso da quello femminile. Le verdure, i vegetali, sono, al contrario, sempre stati considerati il cibo delle donne, e nel simbolismo insito all’alimentazione, poco virili e femminilizzati.
Accanto alla politica sessuale della carne, esisterebbe anche una politica razzista della carne: il consumo di cibo di origine animale costituiva non soltanto il discrimine tra i due sessi, ma altresì tra i ceti sociali.
Soffermandosi sulla violenza dell’uccisione degli animali nei macelli, luoghi che furono di ispirazione, in riferimento alla catena di “smontaggio” delle parti dell’animale, a Henry Ford per la creazione della diversa “catena di montaggio”, l’autrice individua un inquietante parallelismo tra la violenza alle donne e quella sugli animali.
Elabora la teoria del cosiddetto referente assente: attraverso un’opera di frammentazione, si elimina il soggetto, lasciando spazio ad un nuovo concetto. Che opera dunque come sostituto più accettabile.
Gli animali vivi sono il referente assente del concetto di carne:
“Gli animali vengono resi assenti attraverso il linguaggio che rinomina i loro corpi morti prima che il consumatore se ne alimenti. La nostra cultura mistifica il termine ‘carne’ con il linguaggio gastronomico, così che ad essere evocati non sono animali uccisi e macellati bensì l’arte culinaria”.
Lo stesso accade con le donne: spesso, per raccontare fatti di violenza, anche sessuale, nei confronti delle donne, si applica la tecnica del referente assente attraverso l’utilizzo di metafore di natura animale.
Spesso si parla di macellazione delle donne per indicare indicibili violenze commesse sui loro corpi. Le vittime di stupro sovente raccontano i propri sentimenti di annientamento e devastazione, riferendo di essersi sentite “pezzi di carne”. Le stesse femministe utilizzano metafore che si riferiscono alla macellazione degli animali per indicare la schiacciante oppressione patriarcale.
La cultura dello stupro si esplica continuamente attraverso queste metafore: gli animali o parti di essi sostituiscono le donne; per contro, la violenza subita dagli animali destinati al consumo umano viene edulcorata attraverso la rinominazione delle parti rese commestibili. Nessuno parla di cadavere di bovino per indicare un hamburger.
Di questa commistione continua tra mondo animale e rappresentazione delle donne è piena la pubblicità. Non sono poche le campagne pubblicitarie su larga scala che utilizzano parti anatomiche femminili per pubblicizzare prodotti alimentari. Soprattutto a base di carne.
Carol J. Adams introduce in Carne da macello anche un disturbante album fotografico, con immagini di insegne di ristoranti e pubblicità di varia natura, ove assistiamo all’utilizzo di donne e animali in maniera intercambiabile. Particolarmente forte, è l’immagine di un maiale, di sesso femminile, ritratta in una posa discinta, pronta ad essere consumata.
Qui il parallelismo tra il consumo alimentare e il consumo sessuale appare piuttosto evidente. Ed esecrabile.
Nella seconda parte del lavoro, viene proposta un’interessantissima analisi di testi vegetariani. Il movimento, a torto considerato di recente emersione, vede tra i suoi primi promotori personalità come Plutarco, che nel suo “Del mangiar carne”, afferma:
“Se però sei convinto di essere naturalmente predisposto a mangiare carne, prova a uccidere tu stesso un animale che vuoi mangiare. Ma azzannalo tu in persona, con le tue mani, senza ricorrere a un coltello, a un bastone o a una scure. […] il corpo umano non ha affinità con alcuna creatura formata per mangiare la carne: non possiede becco ricurvo, né artigli affilati, né denti aguzzi, né viscere resistenti e umori caldi in grado di digerire e assimilare un pesante pasto a base di carne”.
Altri celebri vegetariani, che si spesero per la causa animale e per quella femminile furono Percy Shelley, Virginia Woolf, e Mary Shelley. Nel romanzo più celebre di quest’ultima, Frankestein, la Creatura è vegetariana, ed
“include nel suo codice morale anche gli animali […] Il vegetarianismo della Creatura serve a renderla un essere più comprensivo, consapevole dello sfruttamento degli animali. Includendo gli animali nel suo ambito morale, la Creatura fornisce così un simbolo di ciò che auspica e che necessita dagli umani, ma che non riceverà”.
In effetti, l’opera si inserisce nel pieno del periodo romantico, quando il vegetarianesimo inizierà a divenire vero e proprio movimento, abbracciando anche altri temi, come quello del pacifismo.
Tutte le femministe del tempo, la gran parte di loro vegetariane, introdussero nelle loro opere personaggi vegetariani, e già a partire dal XX secolo, e dalla Grande Guerra, accostandosi anche al tema del pacifismo.
In tal modo, il femminismo di quegli anni risulta legato a stretto giro con la cultura vegetariana, sino a fondersi.
Il rifiuto della guerra e del suo orrore si mescola al rifiuto dell’uccisione degli animali, con il parallelismo tra l’uomo soldato e l’uomo cacciatore.
Ma il collegamento tra femminismo e vegetarianesimo non viene abbandonato dopo il susseguirsi delle due guerre mondiali.
La Adams analizza altre opere più recenti, come La donna da mangiare di Margareth Atwood. Qui è assente il fronte, inteso come territorio di guerra per gli eserciti; il fronte è il corpo e l’esistenza della protagonista, che impara a ritrovare la propria voce e rifiuta il cibo animale.
Con Carne da macello, dunque, Carol J. Adams contribuisce al dibattito sui diritti degli animali, cercando di dimostrare come le scelte etiche alimentari non siano mode passeggere e del momento, ma vere e proprie posizioni politiche.
Afferma che il rifiuto della violenza sui corpi degli animali è strettamente connesso ad una visione nella quale l’oppressione di esseri viventi su altri è da bandire.
Una lettura certamente innovativa, sebbene non recente. Che suscita diversi spunti di riflessione.
Del resto, l’eccessivo consumo di carne della società moderna e il correlato diffondersi degli allevamenti intensivi stanno provocando non pochi problemi. A titolo esemplificativo, si pensi alla deforestazione di ampie zone dell’Amazzonia, da destinare ai pascoli e alle coltivazioni intensive: non soltanto aggravano la già ingente produzione di anidride carbonica in atmosfera, ma comportano il venir meno di interi ecosistemi.
Con conseguenziali gravissime violazioni dei diritti umani delle comunità che in quei territori vivono.
La scelta vegetariana, o quella di ridurre sensibilmente il consumo di alimenti di origine animali è una vera e propria posizione politica: tra le poche che, in quanto singoli, possiamo compiere per contribuire a salvaguardare il pianeta.
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Sinossi
Qual è il filo rosso, l’assurda interazione tra la radicata misoginia culturale della società contemporanea e la sua ossessione per la carne e la mascolinità?
Carne da macello, pubblicato per la prima volta negli USA nel 1990, esplora con raro acume e sottile intelligenza la relazione tra i valori patriarcali e il consumo di carne, intrecciando femminismo, vegetarianismo, antispecismo.
Lo sfruttamento degli animali è per Adams un’altra manifestazione della brutale cultura patriarcale.
Il trattamento degli animali come oggetti è associato all'oggettivazione nella società patriarcale di donne, neri e altre minoranze al fine di sfruttarli sistematicamente.
Un libro che ha molto fatto parlare, provocando un’incredibile copertura mediatica (New York Times, Kirkus Review, Washington Post Book World, Journal of Library, Weekly's Publisher, Choice). Insultato dalla stampa conservatrice.
Titolo: CARNE DA MACELLO, la politica sessuale della carne. Una teoria critica femminista vegetariana
Autore: Carol J. Adams
Edizione: Vanda, 2020