L’architettrice di Melania G. Mazzucco

Voce al Sogno
Recensione di Tiziana Tixi

 

l'architettrice

 

 

L’architettrice è un romanzo storico di Melania G. Mazzucco pubblicato da Einaudi nel 2019 e riedito nel 2021.

Di cosa parla L’architettrice?

Quanto è lunga una vita?

L’architettrice narra la vicenda umana e artistica di Plautilla Briccia che si snoda tra 1616 e 1678; questi estremi non bastano a racchiudere la sua vita, la quale è protesa verso l’infinito.

Plautilla è la ragazza infinita, infinita è la memoria di sé che consegna ai secoli futuri, incisa nell’eternità dell’Urbe.

Plautilla nasce il 13 agosto, nella
torrida estate romana, terza femmina in dieci anni di matrimonio dei genitori. Una sventura per qualunque altro padre, non certo per il suo; il Briccio è un uomo scanzonato, impegnato a vivere allegramente senza troppo preoccuparsi per il futuro e devoto tanto a Gesù che alla Fortuna.

E di fortuna il Briccio, artista eclettico, pittore, commediografo, teatrante, non ne ha avuta molta; ancora arranca per la china della gloria ma non è affatto stanco.

Mentre stringe quella creatura grinzosa e scura come uno scarafaggio, egli non immagina che proprio lei, una femmina, seguirà le sue orme.

I Bricci sono una famiglia randagia; ogni figlio nato e subito seppellito impone la fuga da quella casa.

L’infanzia di Plautilla risuona dei pianti della madre e del rumore del carretto che trasporta i pochi mobili; a sei anni si manifesta il primo episodio di un disturbo che la affliggerà fino all’età adulta: la narcolessia, un male inconfessabile, uno scabroso segreto di famiglia. L’ombra del demonio, secondo i padri inquisitori; per Plautilla fuga e rifugio in un luogo dove nessun dolore può raggiungerla.

Il 6 agosto 1623 il cardinale Maffeo Barberini sale al soglio pontificio con il nome di Urbano VIII; è il papa che il Briccio tiene in “grande espettatione”, l’Apollo vaticano cultore delle arti e delle lettere. L’inizio del suo pontificato è salutato quale alba di un’età dell’oro per gli artisti romani; anche per il Briccio, che aspira a farsi ape operaia nell’arnia barberina per rifulgere finalmente di luce.

Nella nuova casa di Borgo Vecchio, Plautilla e la sorella Albina imparano a leggere e scrivere grazie a una maestra rudimentale, la madre Chiara; mentre Albina non si cura dell’istruzione, Plautilla vorrebbe continuare gli studi.

Desiderio, sogno, utopia: ella è donna e alle donne non è consentito addottorarsi; l’erede designato del Briccio è Basilio, il figlio maschio. Il padre gli ha insegnato a disegnare prima che a camminare perché diventi l’artista supremo che egli non ha potuto essere; ma non sarà Basilio l’eroe di questo riscatto.

La precoce malattia del Briccio segna il destino di Plautilla, la figlia ignorata ma avida di linee, forme, colori; di Arte. Quando l’uomo non è più grado di reggere il pennello, quando deve rinunciare a sé stesso, da quel momento inizia a creare Plautilla Briccia.

Ha forse voluto fare di lei l’ennesimo alter ego?

Nella sua vita di eteronimi era stato tutto, era stato chiunque ma mai una donna; così egli diventa il maestro e la figlia una pittrice. Per anni le giornate di Plautilla sono segnate da rigorosi ritmi di studio e dall’apprendistato presso la bottega paterna; solo quando diventa abile nel maneggiare gessetti e carboncini il Briccio le concede il pennello e la tela.

Varcata la soglia dell’adolescenza non le è più consentito uscire da sola, impossibile anche studiare un quadro in una chiesa. Forse il suo destino è quello di disegnare per gli occhi dei familiari, sconosciuta e ignota al mondo? Nessun futuro da pittrice sembra sorriderle; è saggio interrompere le lezioni, tramontare il sogno. Un uomo la salva da sé stessa, un uomo responsabile di un omicidio artistico: il nonno paterno, il Materazzaro.

Egli la guida in una sorta di percorso iniziatico e le mostra un’opera giovanile del Briccio, un affresco che prometteva un’eccellenza.

Plautilla deve partire da lì, da dove il padre era stato strappato ai ponteggi; deve essere il mezzo con cui il nonno possa espiare il peccato di aver tarpato le ali al figlio: lo volle a fabbricare materassi, gli impedì di studiare. Il tratto di Plautilla si affina, eppure la tela della Madonna con Bambino cui sta lavorando rischia di restare incompiuta; la mano non riesce a completare quel viso.

La nascita di Plautilla Briccia pittrice è avvolta nella leggenda, complice un sapiente inganno del Briccio, maestro nell’arte di arrangiarsi. Egli mette in giro la voce che la tela si sia completata da sé, forse è opera proprio della Vergine: il dipinto di Plautilla diventa famoso e venerato come immagine achiropita.

Un evento decisivo nella vita della ragazza è l’incontro con Elpidio Benedetti, appena laureato in legge e assunto come cameriere di Giulio Mazzarino, nunzio straordinario del papa. Fino alla fine Plautilla ed Elpidio si troveranno e si perderanno per trovarsi di nuovo; il loro rapporto sarà sempre fondato sulla dialettica tra materia e assenza, su una fisicità trattenuta entro il limite di una spiritualità di convenienza più che di convinzione.
Tutte le ragazze Bricci vengono collocate; solo Plautilla non si sposerà né diventerà madre, o forse sì, sia pure in maniera diversa. Nel 1640 la Madonna con Bambino viene posta nella chiesa di Santa Maria di Montesanto: è il battesimo di Plautilla come pittrice; Elpidio prosegue il cursus honorum come agente di Mazzarino.

Benedetti diventa l’ombra del cardinale fino ad annullare sé stesso mentre Plautilla si annulla nel padre: non può tradirlo, non può divergere dal suo tratto. Finché egli resterà in vita non potrà essere sé stessa; per due anni depone il pennello, impugna la penna e trascrive le ultime opere paterne.

Dopo la morte di Urbano VIII, il 28 luglio 1644, si apre il conclave che porta all’elezione di Innocenzo X; il Briccio, già stremato dalla podagra, soccombe alla calura romana l’8 giugno 1645.

Alla fine di maggio 1654 Plautilla viene ammessa nell’Accademia di San Luca; espugnando una fortezza maschile, ella ottiene il riconoscimento del proprio valore e della propria esistenza.

Due anni dopo Roma è ostaggio di un’epidemia di peste; in questa sinistra congiuntura Plautilla imbocca la strada che la porterà a diventare la prima architettrice. Presagendo la nomina ad abate, Elpidio acquista un palazzo e affida a lei, la virtuosa Plautilla, la direzione del cantiere impegnato a ristrutturarlo.

Ella si ritrova padrona di casa, regina di un regno fatto di polvere, calce e mattoni in cui assapora una felicità materiale; è felice quando si aggira per le stanze a soqquadro, quando osserva i gesti dei muratori, esatti come coreografie, quando respira l’aria satura di odore di legno.

Tra quelle mura Plautilla gusta la gioia effimera di vivere con Elpidio la vita che avrebbe potuto essere se essi fossero stati altri; nel marzo 1657
la peste allenta la presa e Mazzarino ottiene a Benedetti la remota abbazia normanna di Aumale. La nomina di Elpidio segna la fine del rapporto intimo con Plautilla, durato più di vent’anni; dopo la morte del protettore, egli diventa agente del re Luigi XIV ed è allora che nasce il grandioso disegno di edificare una villa.

Il progetto è affidato a Plautilla, assunta con regolare contratto, ma impegna anche Elpidio in uno sforzo creativo condiviso; la villa, pure concepita come luogo di delizie e di otium secondo la tradizione aristocratica, rappresenta per la coppia molto più che un prodigio architettonico. Essa è il frutto di un’unione intellettuale, immateriale, in cui ciascuno dà una parte di sé come se generassero un figlio: avrà nome di donna, si chiamerà Villa Benedetta.

Pietro da Cortona insinua in Plautilla il germe di un’idea che diventa determinazione; le dimore edificate dai privati cittadini secondo il proprio gusto
non sopravvivono all’avvicendarsi delle generazioni mentre una chiesa è eterna come eterno è Dio.

Una donna che costruisce una chiesa? Audace, tracotante, scandalosa. Ma se Plautilla non fosse stata audace, tracotante, scandalosa fino a peccare di hybris non avrebbe costruito la cappella di san Luigi nella chiesa dei Francesi.

Ella segue una strada ormai tracciata, Elpidio cerca la propria, da sempre sognata, come scrittore.

Le meraviglie di Villa Benedetta, diventata un’attrazione turistica, vengono decantate in una guida stampata in pochi esemplari; l’autore, Matteo Mayer, ne attribuisce la paternità a Basilio Bricci, assistito dal giudizio della sorella Plautilla.

Dietro l’eteronimo di Matteo Mayer si cela Elpidio; Plautilla si sente tradita, defraudata della sua creazione e di sé stessa. Quello che aveva creduto essere l’anima del rapporto con Elpidio è cancellato in nove righe; ma quelle nove righe la avvolgono come nebbia per proteggerla dalla misoginia di un tempo impreparato ad accettare che una donna costruisca la casa per un uomo.

Essa è il corpo mentre una chiesa è l’anima, un’offerta a Dio, una richiesta di perdono che anche una voce femminile può elevare. La presenza espansiva di Plautilla si contrae in breve accenno nel testamento di Elpidio; poche parole che parlano più di intere pagine: con quel silenzio egli l’ha portata con sé nell’eternità e all’eternità Plautilla consegna tutta sé stessa.

Perché leggere L’architettrice?

L’architettrice è un romanzo che ha alle spalle una lunga gestazione; è frutto di un lavoro paziente, a volte minacciato ma mai vinto dallo sconforto, e portato a termine con ostinazione. Nella mente di Melania G. Mazzucco si è insinuato un nome, insistente, battente; è il nome di una donna che, a distanza di secoli, chiedeva voce.

Perché a quella voce non fu dato parlare; in quanto donna, ella si trovò a praticare l’arte del tempo: la dissimulazione. Il nome di Plautilla Briccia, architectura et pictura celebris, giace tre palmi dentro la terra vergine, inciso sulla lamina di piombo ancora sepolta tra le fondamenta di Villa Benedetta; si nasconde nelle pagine ingiallite di cronache e manoscritti, discreto come discreta fu l’esistenza di Plautilla.

Ella ha dovuto sussurrare, ritrarsi nell’ombra degli uomini, lasciare che essi parlassero per lei; è tempo di restituirle ciò che le appartiene: la voce e l’opera.

Lasciamola raccontare di sé, di Roma, della sua epoca. Ascoltiamola. Plautilla è stata architettrice quando ancora non esisteva una parola per indicare una donna che progettasse edifici; nessuna lo aveva mai fatto, forse nemmeno sognato: le donne non potevano fabbricare case ma dovevano fabbricare esseri umani.

La posa della prima pietra di Villa Benedetta rappresenta l’atto fondativo di un cambiamento epocale che sposta l’asse della Storia dalla parte femminile; Plautilla stessa è la prima pietra di una strada aperta alle altre donne, tutte: quelle che si affaccendavano sulle cose dell’Arte nella penombra delle loro stanze, e quelle che dovevano ancora nascere. In un cantiere brulicante di presenze maschili, ella è un’anomalia dal capo velato e dal lungo abito; un’anomalia che impartisce ordini con voce cortese a un manipolo di uomini sul cui volto è dipinto fastidio, forse disprezzo per quella donna che non dovrebbe essere lì ma tra le mura domestiche ad accudire marito e figli.

Plautilla non è né moglie né madre eppure vive anche queste identità, trasfigurate dal filtro dell’Arte. Elpidio non le infila l’anello al dito ma è il dux che la guida in mari profondi ed ella è per lui un riparo dalle onde che gli permette di osare l’impossibile. Questo il loro amore; un contratto di assunzione il loro matrimonio; il sapere e le idee la dote portata da Plautilla. Villa Benedetta è la loro creatura, la figlia diletta frutto del connubio dei loro sogni, delle loro menti e loro discendenza nei secoli.

Progenie non di carne e sangue ma di geometrie partorite in forma visibile di mattoni e stucco.

L’architettrice narra l’epopea silenziosa di una donna che arriva, con la forza di una volontà instancabile e di un’intelligenza acuta, dove gli uomini non sono arrivati; né il Briccio, né Basilio, né Elpidio.Plautilla è il compimento del loro tendere, alpha e omega delle loro vicende artistiche.

“Avrete visto la lettera ypsilon. […] Pitagora le usava per significare le due strade che nella vita ci vengono continuamente poste davanti. Una è stretta e scomoda da percorrersi, richiede fatica, sacrificio, travaglio, ma poi spiana; l’altra è larga, comoda e facile, ma poi s’incurva e non conduce a niente. Ognuno ha davanti a sé queste due strade. È libero di scegliere la propria. Intendo dire, […], voi uomini potete sempre scegliere.”

Cosa lascia in eredità al lettore Plautilla Briccia? Il dente della balena che si era arenata sulla spiaggia di Santa Severa nel maggio 1624; un dono con cui ella esorta a cercare le cose che non conosciamo: da qualche parte esse esistono.

Link d’acquisto

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Sinossi

Nel maggio 1624 un uomo accompagna la figlia sulla spiaggia di Santa Severa, dove si è arenata una creatura chimerica. Una balena. Esiste anche ciò che è al di là del nostro orizzonte, è questo che il padre insegna a Plautilla.

Una visione che contribuirà a fare di quella bambina un’artista, misteriosa pittrice e architettrice nel torbido splendore della Roma barocca.

Mentre racconta fasti, intrighi, violenze e miserie della città dei papi, e il fervore di un secolo insieme bigotto e libertino, Melania G. Mazzucco ci regala il ritratto di una straordinaria donna del Seicento, abilissima a non far parlare di sé e a celare audacia e sogni per poter realizzare l’impresa in grado di riscattare una vita intera.
Titolo: L’architettrice
Autore: Melania G. Mazzucco
Edizione: Einaudi, 2021