orvieto

Un seminario davvero interessante, quello a cui ho partecipato in veste di autrice, leggendo alcuni stralci del mio racconto “Il coraggio di raccontare”che presto uscirà in un’antologia contro il femminicidio – edizioni Arpeggio Libero, che andrà a sostenere un centro antiviolenza di Roma.

Il benessere sessuale in quanto componente fondamentale della propria identità e del proprio benessere psico-fisico

Un discorso ampio e complesso che tocca molti aspetti della vita, da quello sociale, dall’educazione, alla tolleranza, ai social network, alla violenza, al bullismo, all’omofobia.

Durante questo incontro ho ascoltato con grande interesse ciò che veniva detto e voglio riportare qui i concetti che più mi hanno affascinato, perché credo che far girare queste informazioni apporti contributo sociale.

Non essendo esperta del settore, benché interessata a tutto ciò che è educazione, psicologia e relazioni affettive, emozionali e sociali, ho imparato molte cose a me sconosciute.

Partiamo per gradi…

Molti gli interventi, precisi e dettagliati, seppur brevi, e tra questi segnalo quelli della psicopedagogista Roberta Belli e della logopedista Luisa Vera, che hanno dato un punto di vista incentrato sul rispetto e sul riconoscimento della propria individualità, legata poi al rapporto con gli altri.

Il seminario parte dall’educare le nuove generazioni.

Come fare, nella società civile, nella scuola e nella famiglia, a sviluppare nei giovani una sana individualità, una personalità equilibrata e rispettosa, completa di cognizioni tecnico-scientifiche ma anche degli strumenti per comprendere appieno a saper gestire le proprie emozioni?

Le nuove generazioni dopo un’attenta valutazione sono visti come: iperattivi, iperstimolati, incapaci di concentrazione, fragili e insicuri perché i genitori si sostituiscono a loro nelle scelte e nelle decisioni che li riguardano, ipersensibili.

Con un’attenta educazione i lati negativi possono essere ridotti mentre, lavorando sui lati positivi, si può arrivare a educare le nuove generazioni come migliori. Purtroppo però molti dei progetti, nonostante gli ottimi risultati raggiunti, non vengono socializzati nelle scuole e nel territorio nazionale, permettendo delle esperienze educative solo in alcuni territori e in alcune realtà.

Il corpo è l’aspetto fondamentale per il nostro benessere. È l’involucro dell’anima che vive l’esterno e riceve stimoli e manda segnali alla nostra psiche. Una profonda consapevolezza delle proprie emozioni e, quindi, la padronanza e consapevolezza di comunicazione tra corpo-mente [Consapevolezza emotiva], sviluppa nell’individuo la capacità di saper riconoscere le emozioni e i messaggi del proprio corpo, e gli permette di avere un filo unico tra testa e corpo che porta a una pienezza di sé generando anche l’altrui rispetto. L’individuo che ha consapevolezza emotiva non sviluppa violenza, evita i rischi perché sa riconoscere i segnali esterni e quelli del proprio corpo rispetto a situazioni di stress e di pericolo, riesce a sviluppare rapporti con gli altri equilibrati e appaganti. Saprà scegliere ciò che è bene per lui, perché saprà riconoscere i propri bisogni e desideri arrivando a soddisfarli.

La pedagogista Laura Buraccioni parla come arrivare a questi obiettivi grazie all’Educazione Emotiva. Un’educazione che tende a voler educare il controllo delle emozioni, a sviluppare l’empatia e a incentivare il confronto.

Il controllo delle emozioni avviene a livello socio-culturale (con il ruolo degli individui, all’essere maschio o femmina), secondo il livello biologico (rispetto delle diversità), a livello riproduttivo (informazioni corrette sia scientifiche che emotive), e sotto il profilo relazionale/affettivo (sui rapporti con gli altri, rispetto all’affettività e all’emotività, rispetto dell’altrui individualità).

I metodi possono essere diversi:

Il metodo integrato educazione socioaffettiva (Roger & Maslow) agisce sul singolo (nella conoscenza di sé), potenzia le capacità di risolvere i problemi (e quindi anche a sopportare lo stress emotivo), sviluppa le relazioni con gli altri (rispetto per gli altri, tolleranza delle differenze nei rapporti sociali).

Il metodo Life Skills Education (supportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), lavora principalmente su questi aspetti: l’autostima, l’atteggiamento positivo anche di fronte alle sfide (fiducia in sé e nella vita), sviluppa la positività individuale.

L’altro metodo, quello di Ricerca-Azione (Kurt Lewin) agisce principalmente su:

  • il sapere (fornisce strumenti conoscitivi),
  • il saper fare (fornisce le competenze pratiche per fare),
  • il saper essere (fornisce e sviluppa la persona rendendola capace, grazie al proprio vissuto, di relazioni e rapporti equilibrati e appaganti).

L’intervento della pedagogista Francesca Spadaccia conferma l’importanza del corpo come recettore del vissuto e delle emozioni. Il corpo parla per noi, riceve per noi e grazie a lui percepiamo come esperienze le emozioni che viviamo, i sentimenti che vi albergano. Una sana comprensione del nostro corpo e dei suoi bisogni genera un sano rapporto con l’intera individualità.

Il sessuologo e psicoterapeuta Stefano Eleuteri illustra la correlazione che c’è tra internet e sessualità, puntando l’attenzione sulle nuove tecnologie che permettono incontri virtuali (e non) e permettono agli utenti facenti parte di comunità minori (e quindi con maggiori difficoltà di interazione sociale) di avere possibilità di incontri con gli altri.

I social network, le chat, le app per gli incontri reali, le community e il web in generale hanno pregi e difetti rispetto alla virtualità (quindi alla possibilità di interpretare un ruolo diverso da quello reale) ma offrono anche possibili opportunità, se ben utilizzate. Lo sviluppo di queste nuove forme di comunicazione può essere visto come una grande possibilità, anche se occorre farne un uso corretto e con la dovuta attenzione, per evitare situazioni di rischio.

La psicologa e psicoterapeuta Rosanna Schiralli affronta invece l’argomentobullismo.

Intanto c’è da dire che il bullismo si verifica sempre con tre attori principali: il bullo, la vittima, i testimoni passivi e inerti. Solo in questo modo si verificano le aggressioni violente verso l’altro, considerato “diverso”. Il bullo è un soggetto complesso, con le sue criticità, che sfoga la rabbia con la violenza; quasi sempre è un soggetto con difficoltà proprie e spesso colpisce laddove trova i difetti che sente istintivamente “propri” e che, dal momento che sono da lui rifiutati, generano nel soggetto ansia e senso di insicurezza, così da “prevaricare” la vittima, che ne diventa l’emblema. Nella lotta al bullismo, che è comunque preoccupantemente in aumento con motivazione soprattutto sessuale (omofobia e transfobia), occorre quindi intervenire sia sulla vittima, ma anche sul soggetto che produce la violenza.

Come intervenire per evitare episodi di questo tipo?

Intanto è importante agire sul piano culturale, dell’accettazione alla diversità, della spinta al rispetto dell’altrui personalità e della condanna univoca da parte della società. Tutto ciò non è facile, visto che – appunto come scrivevo sopra – gli episodi di bullismo si verificano sempre con un gruppo di spettatori passivi. Da ciò si deduce l’importanza dell’atteggiamento degli spettatori: ove questi hanno espresso giudizio negativo durante una situazione di rischio l’episodio in sé non si è poi più verificato; cioè il bullo, non trovando supporto ma, anzi, trovando un atteggiamento univoco di determinata condanna di simile geste, ha poi desistito.

La relatrice riferisce dell’ottima esperienza di una scuola che ha deciso di arginare con determinazione questo tipo di violenza, facendo una campagna di sensibilizzazione non solo rivolta agli studenti ma anche a tutto il corpo docente e scolastico (che è stato anche formato in questo senso) e che ha visto un cambiamento drastico rispetto a questi episodi, con la loro totale scomparsa in quel determinato istituto. Un piccolo esempio di cosa si può fare per cambiare davvero l’approccio della società intera. Peccato che sia un esperimento locale che non è stato poi riportato su larga scala nel territorio nazionale.

La società deve vestire l’idea della lotta contro il bullismo, con regole di non accettazione della cultura della violenza.

Se nella scuola tutti rifiutassero la cultura del bullismo, il bullo si troverebbe prima isolato e poi aiutato dalla stessa scuola a integrarsi nella cultura del rispetto.

La metodologia base che porterebbe ottimi risultati è quella di allenare i “neuroni specchio“, cioè quelli che permettono la capacità di empatia, e quindi la capacità di mettersi nei panni dell’altro con lo stesso sentire emotivo. Di neuroni specchio ne siamo provvisti tutti dalla nascita ma per funzionare vanno allenati e occorre imparare la capacità di connessione con gli altri. Per fare questo ci sono esercizi pratici da mettere in atto, basterebbe semplicemente inserirli nei programmi scolastici per vedere un drastico e immediato cambiamento nelle relazioni sociali delle nuove generazioni.

L’intervento successivo, quello di Marco Sciarra, illustra un progetto artistico creativo nato sull’interpretazione di una canzone dal tema attuale del riconoscimento della propria individualità sessuale, con diapositive delle opere realizzate dall’artista dopo accurata elaborazione filosofica-intellettuale.

Infine, si è tenuto il reading di alcuni stralci tratti da “Il coraggio di raccontare”,della scrittrice Loriana Lucciarini.

Il racconto (che a breve sarà pubblicato nell’antologia contro il femminicidio, edita da Arpeggio Libero e vedrà i testi gentilmente offerti dalle scrittrici 4writers: Arianna Berna, Monica Coppola, Silvia Devitofrancesco e, appunto, Loriana Lucciarini, andrà a sostenere economicamente il lavoro di un centro antiviolenza di Roma) affronta il tema della violenza sulle donne, nello specifico rispetto alle azioni di stupro etnico avvenute durante la guerra dei Balcani. Dopo la lettura dei brani e i relativi commenti dei relatori, Stefano Eleuteri, Franscesca Spadaccia e della stessa autrice, Loriana Lucciarini, si è tenuto un interessante dibattito con la partecipazione dei presenti in sala.

Il seminario ha offerto numerosi spunti di riflessione per gli addetti ai lavori ma anche per il pubblico in sala, riscuotendo l’interesse di educatori e professori, che hanno richiesto di poter applicare i programmi che i relatori hanno esplicitato durante i loro interventi. A dimostrazione che ancora molto si può e si deve fare e che la partecipazione del corpo docente scolastico è attiva e motivata.

Davvero una mattinata piena di stimoli e informazioni, che mi ha permesso di approfondire argomenti che mi sono cari. Ringrazio gli organizzatori, nello specifico Stefano Eleuteri, per avermi coinvolta!

Loriana Lucciarini

[eventi] – report seminario Orvieto “Educare al benessere sessuale”