Un fiore contro la violenza di genere – Amatrice 25 – 27 novembre 2021

a cura di Emma Fenu e Francesca Re

Amatrice

 

Il 26 novembre del 2021 Cultura al Femminile, con una delegazione, ha avuto l’onore e l’emozione di partecipare a un evento meraviglioso presso l’Auditorium di Amatrice, una serata dedicata al connubio fra le istituzioni e le scritttrici contro la violenza di genere organizzata in primis da Sonia Mascioli, presidente della Casa delle Donne della città.

Ad accogliere ospiti sul palco e sulla platea una distesa di fiori rossi, apparenti macchie di sangue, gocce appena fuoriscite o segni indelibili su corpi esamini.

Invece sono petali di ceramica, forgiati dalle artiste della Casa delle Donne, per ricordarci che di violenza si muore, anche lentamente e anche senza versare sangue, ma che dal dialogo, dalla forza della parola, dall’impegno, dal coraggio di vedere, fare e non mollare… da quello si rinasce.

amatrice

Si rinasce donne e uomini liberi, consapevoli che l’amore non è possesso, decisi a ricostruire macerie di ogni terremoto, perché ci siano case sicure fatte di mattoni e di intenzioni.

La letteratura contemporanea degli ultimi anni, come ribadisco nella mia rubrica su tale portale, Voce alle donne, dunque, e finalmente, manifesta attenzione verso il punto di vista femminile nel mito, nella storia, nella letteratura, nell’arte, nella cronaca.

Perché l’imposizione del silenzio è violenza, è una mano sulla bocca a seppellire di terra chi ancora vive, chi ancora lotta, chi ancora non si arrende.

Perché l’emarginazione e la omissione nei libri di storia, nei media e nei social è violenza e noi non dimentichiamo.

Non dimentichiamo le donne uccise e neppure le vittime di guerra, le regine, le sibille, le profetesse, le dee, le streghe, le folli, le ribelli, le contestatrici, le poetesse, le rivoluzionarie, le scienziate, le monache, le sante, le scrittrici. Quelle che ci hanno preceduto, anche quelle la cui voce si è perduta.

Amatrice

Moderate da Emma Moriconi, sul palco di Amatrice hanno preso la parola, dopo di me, scrittrici che ho scelto e che conosco e  stimo.

Donne che credono nella voce della giustizia e  che so esserci, in prima linea, oltre le pagine, a luci spente, a microfoni muti, a sipario calato: Alessia Pizzi; Loriana Lucciarini; Vincenza Spiridione; Beatrice Tauro e Federica Caponi.

Si è parlato di poetesse dimenticate, figlie di Saffo, di stupri etnici e disparità salariali, di violenza psicologica e relazioni tossiche, di mutilazioni genitali e del trauma che ne consegue, di stereotipi come condanne alla libertà di essere se stesse.

Amatrice

 

AmatriceNon dimenticheremo quanto abbiamo detto, ascoltato, visto e vissuto. E non staremo zitte.

Non dimenticheremo le ragazze che ballavano una danza da spezzare il cuore in altrettanti petali.

Non dimenticheremo il calore di casa dell’agriturismo di Benni Moriconi.

Non dimenticheremo il gusto intenso dello gnocco riccio e del dolce della Laga.

http://www.parks.it/agr/amatrice/

Non dimenticheremo il sole dopo la pioggia, a illuminare la panchina rossa dentro la Casa delle Donne di Amatrice: un laboratorio di ceramica, tessitura, cucina, manufatti in lana cardata, ricordi, confidenze, sostegno, progetto, rinascita dopo l’attesa.

Non dimenticheremo la forza, il talento, la passione di Cinzia Tedesco, protagonista del concerto Concerto Jazz ‘Singing the Ladys’  della giornata conclusiva del triduo contro la violenza.

Non dimenticheremo di esserci guardati negli occhi, stretti le mani le mani e detti “a presto”. E non staremo zitte.

Voce alle donne, dunque. E finalmente.

Amatrice

Un grazie particolare a Marina Fichera, il nostro prezioso “gancio”, a Luana Natalizi, a Francesca Re e a tutta la famiglia di Cultura al Femminile, comprendente compagni, amici, bambini.

Il Progetto

Lascio voce a Francesca Re che, arrivata dalla Sardegna, è stata parte della delegazione di Cultura al Femminile. Accogliete e non dimenticate.

 

Radici d’anime –  di Francesca Re

 

“Ho trascorso molto del tempo in viaggio, in auto, con gli occhi rivolti al cielo, ma non riuscivano a raggiungerlo: grandi montagne attorno a me, alberi alti e dal tronco sottile.

Io, abituata alle grandi querce e alle colline non troppo alte, sentivo il mio spirito alla ricerca di una dimensione, cercando di farsi spazio fra il freddo intenso e il rosso vivo delle foglie a terra.

Forse un’aquila è volata sopra il tettuccio, mentre percorrevamo un lungo canale, o comunque un grande uccello che non ho riconosciuto.

Mi sentivo spaesata, pensavo all’orso che passeggia nelle zone più impervie, lo cercavo come una certezza del luogo che stavo percorrendo.

 

Cercavo punti di riferimento senza trovarli, in realtà era solo il preludio del vuoto.

Mi preoccupavo dei fusti sottili nel pendio della montagna pensando che le loro radici non sarebbero potute essere abbastanza forti da reggere tutta quella terra, in realtà, sentivo l’odore lontano di una ferita sanguinante aperta nel cuore della terra e nelle vite dei suoi abitanti. Il mio spirito vola più lontano del mio corpo e vede che poche curve dopo, dopo la diga, dopo la strada ad un senso solo c’è una sofferenza incontenibile.

Quando anche i miei occhi hanno visto, ho pensato che nessuna diga avrebbe mai potuto contenere le lacrime versate per il tormento, nessuna radice sarebbe mai potuta essere talmente forte da tenere unita quella terra che ha spalancato la bocca per ingoiare voracemente tutto ciò che c’era, comprese le radici antiche delle famiglie che lì hanno vissuto e costruito mattone dopo mattone, legati col sudore e la fatica, la loro storia.

E’ il paese del dolore, ho pensato mentre un silenzio pesante si impossessava di me, mentre i miei occhi scrutavano dietro le recinzioni e i dirupi e cumuli di macerie si facevano spazio fra le emozioni, lasciando il vuoto.

Un campanile che sembrava sfidare ogni legge della fisica, restava in piedi saldamente aggrappato alla speranza e alle impalcature.

I resti di un bagno dove è sopravvissuto integro soltanto un gabinetto, ricordo di gesti consueti e quotidiani, ricordo di generazioni cresciute e spezzate.

Non c’è il tempo che scorre fra quelle scatole che vogliono chiamare case, non c’è difesa per lo spirito ma protezione per i corpi che, in qualche modo in questa terra devono continuare ad andare avanti.

Poche parole e tanto calore, questo è quello che gli abitanti mi hanno lasciato e la desolazione degli occhi ha trovato conforto davanti ad un grande camino acceso, fatto di fiamme di anime che si tengono strette alla vita, che hanno lo sguardo selvatico di quei boschi e che, come le sue piante, seppur dilaniate, hanno trovato la forza di nutrirsi ancora, di allungare le proprie radici, di arricchirsi di preziosi fiori rossi.

Grazie Amatrice.”