Cose che non si raccontano di Antonella Lattanzi

Voce alle Donne

recensione di Emma Fenu

 

cose raccontano

 

 

Cose che non si raccontano è un romanzo di Antonella Lattanzi edito da Einaudi nel 2023.

Non so se potrò recensire al meglio questo libro. Ma avrò il coraggio di farlo.

Non mi importa che sia una storia autobiografica, d’invenzione o un mix fra realtà e versosimile.

Io sono vera. La mia storia lo è. E se una storia la scrivi, magia della letteratura, diventa vera, memorabile, di tutti. Anche mia.

Non so se potrò recensire al meglio questo libro. Ma avrò il coraggio di farlo.

 

Di cosa tratta Cose che non si raccontano?

Toni è una scrittrice famosa, insegna scrittura creativa e il suo ultimo romanzo è entrato nella lista dei finalisti del Premio Strega.

Il suo compagno, Andrea, è uno sceneggiatore.

Una bella coppia che desidera un figlio. Un figlio che non arriva naturalmente, un figlio che non arriva dopo qualche tentativo di procreazione assistita. Eppure gli esami di entrambi non rivelano anomalie.

Certo, Toni non è più giovanissima, ma ovula. E i suoi embrioni diventano blastocisti, cioè crescono in vitro fino a 5 giorni..

Non è scontato: i miei al terzo si arrendevano, quindi facevo il transfert di morule. Ma procediamo per gradi o ci capiscono solo i fivettari.

La procreazione medicalmente assistita omologa, ossia con ovuli di lei e spermatozoi di lui, senza donatori, procede così: lei si sopprime andando in menopausa forzata per un mese (protocollo lungo) oppure inizia dopo la mestruazione (protocollo corto) a rimpinzarsi di ormoni.

Quando le ovaie avranno prodotto tot ovuli, di solito una donna non stimolata ne produce uno, si procede al pick up, ossia tali ovociti vengono aspirati con un ago e portati in provetta. Fatelo senza anestesia e scoprirete le galassie.

Non so se potrò recensire al meglio questo libro. Ma avrò il coraggio di farlo.

Dopo si attendono i giorni previsti, massimo cinque, e, dopo che lui si masturba e consegna il prezioso liquido in una provetta, si trasferiscono in utero embrioni, uno o due a discrezione di pazienti e medico, in accordo, .

Da lì scatta un’attesa di 15 giorni per sapere se l’embrione o gli embrioni hanno attecchito, dando inizio ad una gravidanza che si spera non sia biochimica, cioè interrotta prima dell’ecografia che rivela o dovrebbe rivelare il battito.

Ci sono donne che aspettano 15 giorni poi fanno gli esami delle urine per rilevare il numero delle beta.

Ci sono donne che fanno test ogni giorno dopo una settimana dal transfert.

Ci sono donne che stikkano, come me.

Ossia acquistano pacchi di test di gravidanza sensibilissimi, che se sei incinta lo capiscono dagli occhi, ma non hanno la custodia: sono nudi come vermi e costano meno.

Su ogni stick si segna il giorno pt (post transfert) e, se il trattamento ha avuto successo, la linea si colora sempre più.

Non so se potrò recensire al meglio questo libro. Ma avrò il coraggio di farlo.
Donne adulte, colte, affidabili, sane di mente guardano controluce pezzi di carta e si consultano con le amiche: “Tu la vedi la linea?”, e l’altra, poveretta, “sìììì un’ombra!”.
Oppure la linea si vede e allora, le stesse donne e rispettive amiche, tutte parlanti un italiano corretto e che hanno avuto maestri alle elementari, decretano “INCINTISSIMA”. Termine ribadito dal medico che ormai ha imparato questo linguaggio astruso. Pace per l’Accademia della Crusca.

Toni vive questa attesa maternità in piena emergenza covid, calamità che non aiuta, ed è tormentata dai sensi di colpa.

Ha abortito di sua volontà due volte in gioventù. Non vuole gemelli perchè le preme la promozione del libro. Non vuole gemelli perchè le piace viaggiare. Ergo, si considera non solo meritevole del suo calvario, ma una madre di merda.

Cerco di ricordare quando ho fatto il corso con lei. Non mi pare fossimo in pandemia. Forse cercava un figlio naturalmente: come ho fatto a non vederlo nei suoi occhi?

Non so se potrò recensire al meglio questo libro. Ma avrò il coraggio di farlo.

E siccome la vita è pure stronza, resta incinta di tre gemelli. Un embrione si è triplicato: caso rarissimo.

Consigliano, per la sopravvivenza degli embrioni e della madre, la riduzione, ossia uccidere uno dei tre. Ci sono il 40% di possibilità che almeno un figlio resti vivo, condividendo l’utero con i cadaveri dei fratelli o sorelle.

Non continuo perchè la storia va letta e vissuta, non è un diario di bordo.

Vi invito a leggere Cose che non si raccontano perché quel sangue ve lo dovete sentire addosso, scivolarvi fra le gambe, impastarvi la bocca. E pensateci quando chiedete “Hai figli?” come se fosse “Hai da accendere?”. Non è vittismo, vittime noi????!, è richiesta di sensibilità.

Non so se potrò recensire al meglio questo libro. Ma avrò il coraggio di farlo.

Sai, Toni, io mi sentivo una buona madre e una donna meritevole di diventarlo.

Gemelli? Fanculo al mio lavoro per un po’, poi vanno al nido e io scrivo.

Pochi soldi? Fanculo a libri, vestiti di seconda mano e cene fuori, una madre sa sopravvivere e sa far sopravvivere.

E la stanchezza? Fanculo alle ore di sonno, tanto non dormo già.

Io posso tutto. Io sono Donna, Dea e Madre. Io posso dare la VITA.

Non so se potrò recensire al meglio questo libro. Ma avrò il coraggio di farlo.

L’epilogo della storia di Toni non ve lo racconto, ma il mio sì. Perchè io penso tutto il contrario: ci sono cose che si devono raccontare, fa bene a noi e agli altri. Grazie Toni.

Io con il sangue ho scritto e scrivo. Per non morire annegata nello stesso.

E, ora, dopo anni, dopo aver soffiato un 45 storto e sbiadito su una torta alla cannella, con il braccio appeso ad una flebo, e questa volta non per avere un figlio ma per salvarmi la vita e altri organi, con quel sangue mi benedico.

I libri non sono figli.

I gatti non sono figli.

I miei figli non sono figli perchè sono morti troppo presto per essere ricordati e nominati. Ma per me lo sono e non li dimentico, e li amo.

Ma io sono viva, cazzo. Viva!

E creatrice di luce se apro gli occhi e vedo che non sarò mai mamma, ma madre lo sono da sempre, per scelta, vocazione, passione. Ed è la prima recensione in cui uso parolacce: io le odio nella scrittura, se ne è abusato.

Non sono meglio di altre: di chi sceglie di non essere madre, di chi riesce al primo tentativo, di chi soffre di depressione post partum, di chi abortisce per la carriera, di chi vuole un figlio a 50 anni. Ho imparato a non giudicare, ma ad amare, per prima me stessa.

Perchè leggere Cose che non si raccontano?

Non so se sia il miglior romanzo di Antonella Lattanzi; non frega a me e penso neppure a lei. Ma ritengo sia bello, struggente, duro, tagliente, sincero. Necessario.

E non per chi ha una storia simile, per tutti.

Chi non immagina come si possa stare mentre ci si dissangua?

Chi non immagina come si possa stare quando tutto ti rema contro?

Chi non è mai morto e risorto infinite volte? Chi?

Non so se ho recensito al meglio questo libro. Ma ho avuto il coraggio di farlo, giusto Toni?

 

Link d’acquisto

https://www.ibs.it/cose-che-non-si-raccontano-libro-antonella-lattanzi/e/9788806259457

Sinossi

Ci sono cose che non si raccontano perché le parole sono scogli nel mare.

Ci sono cose che non si raccontano per vergogna, rabbia, troppo dolore, e perché se non le racconti, in fondo puoi sempre credere che non siano successe.

Antonella e Andrea vogliono un figlio: adesso lo vogliono proprio, lo vogliono assolutamente. Ma è come se non ci fosse niente di semplice, nel desiderio più naturale del mondo: tutto ciò che può andare storto andrà storto, anche l’inimmaginabile.

Antonella Lattanzi ha trovato parole esatte per questa storia, che è sua e di tutte le donne – ambiziose, indecise, testarde, libere di scegliere. Un libro emozionante, che non si riesce a smettere di leggere, straordinariamente contemporaneo.

«Questo libro mi ha toccato nel profondo. La letteratura è un’arte magica, e Antonella Lattanzi ha scritto un romanzo che è una benedizione, una maledizione, una catarsi» – Nicola Lagioia

Non è mai il momento giusto per fare un figlio.

Prima vogliamo vivere, viaggiare, lavorare. Antonella vuole diventare una scrittrice: la sua è un’ambizione assoluta, senza scampo. Per questo a vent’anni, per due volte, interrompe volontariamente la gravidanza.

Quando anni dopo si sente invece pronta, con un compagno a fianco, è il suo fisico a non esserlo. E così inizia l’iter brutale dell’ostinazione, dell’ossessione, della medicalizzazione.

Certi supplizi, le aspirazioni inconfessate, la felicità effimera e spavalda, la sofferenza e la collera. Si direbbe una storia già scritta, ma qui non c’è nulla di consueto: è come raccontare da dentro una valanga, con la capacità incredibile, rotolando, di guardarsi e non crederci, e sfidarsi, condannarsi, sorridersi per farsi coraggio.

In un crescendo di indicibile potenza narrativa, Antonella Lattanzi descrive (sulla sua pelle) la forza inesorabile di un desiderio che non si ferma davanti a niente, ma anche i sensi di colpa, l’insensibilità di alcuni medici, l’amicizia che sa sostenere i silenzi e le confidenze più atroci, il rapporto di coppia sempre sul punto di andare in frantumi, la rabbia ferocissima verso il mondo (e le donne incinte).

Tenendo il lettore stretto accanto a sé, incollato alla pagina, con un uso magistrale del montaggio, capace di creare una suspense da thriller.

La cosa strabiliante è che pur raccontando una storia eccezionale, e cruda, questo romanzo riesce in realtà a parlare in modo vero, e profondamente attuale, di tutte le donne – madri e non madri – che in un punto diverso della loro vita si sono chieste: desidero un figlio? qual è il momento giusto? dovrò rinunciare a me stessa, alle mie ambizioni? e perché tutte restano incinte e io no?

«Ho una diga nella testa dove stanno nascoste tutte le cose che fanno davvero troppo male. Quelle cose, io non voglio dirle a nessuno. Io non voglio pensarle, quelle cose. Io voglio che non siano mai esistite. E se non le dico non esistono».

 

Titolo: Cose che non si raccontano
Autore: Antonella Lattanzi
Edizione: Einaudi, 2023