Nessuno al posto tuo – di Erika Zerbini
Recensione di Federica Sanguigni
Nessuno al posto tuo è un romanzo di Erika Zerbini, pubblicato da Panesi Edizioni nel 2019.
Quanto è stato scritto sulla violenza contro le donne? Quanto è stato detto, rappresentato, discussosu questo terribile e attualissimo tema?
Sicuramente tanto ma non abbastanza.
La violenza sulledonne è ormai una triste piaga sociale dei nostri tempi, una calamità innaturale che miete vittimesenza arrestarsi di fronte a nulla.
Ceto sociale, condizioni economiche, cultura, povertà, ricchezza.
Niente mette paura al mostro. Niente lo ferma.
Di violenza contro le donne ci parla Erika Zerbini nel suo libro “Nessuno al posto tuo”.
Unconcentrato di dolore, di sofferenza, di indifferenza. Pagine colme di sensi di colpa, di paura, di botte, di umiliazioni.
Ma, ed è stranissimo considerato lo scottante tema trattato, pagine riccheanche di una insolita dolcezza che accompagna il lettore permettendogli di capire senza giudicare e di riflettere.
Gioia è una donna come tante. Come me. Come te che stai leggendo. Come migliaia di altre donneche non possono leggere.
Gioia è sposata con un uomo violento, non c’è bisogno di fare giri di parole per presentare un essere di questo tipo.
Un uomo dedito all’alcool, al fumo, alle serate post-lavoro trascorse al bar mentre a casa sua moglie e suo figlio conducono una vita in solitudine.
Non era così.
Quando ci siamo conosciuti non era così.
O forse non mi è sembrato così.
Quante donne si ritroveranno in queste tre frasi? Quante, dopo anni di violenze e di sottomissione, di solitudine e di trascuratezza, analizzando la propria situazione, dicono non era così?
L’ho scelto io, nessuno me lo ha imposto.
È quello che si legge negli occhi di chi guarda senza vedere, di chi giudica senza provare a mettersi nei panni del prossimo. È quello che spesso dice proprio la famiglia. “Lo hai scelto e ora ne paghi le conseguenze”.
Ma la violenza non si sceglie. Si sceglie l’amore.
Si sceglie di restare sperando che le cose cambino. Si sceglie di soffrire per vergogna. Per paura di non essere credute.
Ma non si sceglie la violenza. Si sceglie addirittura di sentirsi colpevoli, tanto è grande il desiderio di credere che non sia possibile quello che si sta vivendo.
Sono un’imbecille.
È colpa mia, non ho letto i segnali.
Spetta a me farla funzionare [la famiglia]. Solo a me. Lui è debole.
Gli ho permesso io di avere tutto questo potere su di noi. Gliel’ho permesso io.
È colpa mia. È colpa mia. È solo colpa mia.
Dario, respira!
Lo senti questo profumo d’aria pulita?
È la libertà!
La libertà d’essere noi, tu e io soli.
Soli davvero.
Gioia, rimasta senza lavoro e con un figlio piccolo al quale non vuole offrire una vita di violenza,
raccoglie le sue costole rotte, si mette in piedi e riesce a fare quello che molte donne, purtroppo, nonriusciranno mai a fare.
Chiede al marito di allontanarsi da casa, cambia la serratura con l’aiuto del padre, cerca un lavoro, prende di nuovo le botte dal marito e poi… denuncia.
Sai Dario, non vorrei proprio farlo.
Come si fa a denunciare tuo padre?
Con che coraggio faccio emettere un documento, nero su bianco, che riporta quanto tuo padre sia come è?
Gioia è combattuta. La denuncia è l’atto materiale che dirà al mondo che suo marito è un violento, che la picchia, la maltratta. Tutti la guarderanno, la giudicheranno, la compatiranno. Ma Gioia finalmente ce la fa.
A volte basta trovare una persona capace di alcune semplici parole, come “Vai, ti accompagno”, per trovare il coraggio di osare fin dove non si credeva d’essere capaci.
Gioia inizia un lungo e non semplice percorso di rinascita.
Lo fa per suo figlio.
Per insegnarli che l’amore non è quello che si respira nella casa in cui è nato.
L’amore è fatto di rispetto, di condivisione, di appoggio reciproco.
L’amore non picchia. Non fa male. Non umilia.
La donna trova la forza di reagire nell’esserino che ha messo al mondo insieme a un uomo violento ed egoista.
Ma attinge la forza più grande, l’energia fondamentale da se stessa. Dal voler essere una donna libera. Serena. Per poi essere una madre migliore.
Ho letto il libro di Erika Zerbini lentamente ma senza soste.
Il suo lungo racconto, sotto forma di monologo di Gioia che parla a suo figlio Dario, mi ha molto emozionata.
Il tema della violenza contro le donne è un argomento al quale sono molto sensibile e le pagine di questo libro raccontano sì una storia dolorosa, che fa male ma che invita anche alla speranza.
Gioia è una donna che subisce un marito violento ma che, a un certo punto, guardando negli occhi il bambino che lei ha messo al mondo, capisce che non può continuare quella vita.
Spesso sono proprio i figli a spingere le donne a reagire.
A far capire loro che bambini e bambine innocenti hanno diritto a una vita sana e serena e non a crescere in una famiglia dove la visione dell’amore e dell’unione è distorta.
A volte è proprio la separazione la scelta migliore. Accanirsi a continuare a portare avanti un rapporto malato, crea danni su danni.
Purtroppo non tutte le donne hanno il coraggio di Gioia, specialmente quando sono sole e magari anche senza lavoro.
La dipendenza economica è un altro fattore che costringe tante vittime di violenza domestica a restare con i propri carnefici, i quali fanno leva proprio su questo per tenere incatenate le proprie compagne.
La forza di Gioia è anche nel non cedere alle ennesime scuse del marito che, come tutti gli uomini violenti, picchia, umilia e poi chiede scusa, ma solo perché capisce di stare per perdere il proprio potere, il certificato di proprietà di sua moglie.
Erika Zerbini ha scritto una storia come tante se ne vivono. Una storia di quelle che sentiamo in tv pensando “a me non succederà”.
E invece è proprio questo il primo grande errore. Credere che la violenza appartenga agli altri e che non possa sporcare il proprio mondo.
Erika Zerbini scrive una storia come troppe ce ne sono.
Nascoste tra le mura domestiche, nel silenzio assordante di chi sa ma fa finta di non vedere e di non sentire.
L’autrice di questo libro mette nero su bianco eventi attuali e tristissimi, che colpiscono allo stomaco e che sconquassano il cuore. Eppure il suo messaggio di speranza è forte, chiarissimo.
Rialzarsi si può. Reagire si deve.
Restare non è amare
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Sinossi
Gioia è una giovane donna, vittima inconsapevole di una relazione violenta, finché la nascita di suo figlio le apre gli occhi: non più solo responsabile di se stessa, si costringe a guardare la realtà da una prospettiva differente, prendendo consapevolezza della gravità di ciò che, solo poco tempo prima, era per lei normalità.
Gioia si trova a dover rispondere a domande inevitabili.
Cos’è una famiglia? Fino a che punto ha senso scendere a compromessi e sacrificarsi, pur di tenerla unita?
Possono l’infelicità, la paura e la violenza essere il prezzo da pagare per dirsi famiglia?
Se scegliesse di salvarsi, quali sarebbero le conseguenze? Cosa sarebbe condannato a subire suo figlio?
Quello di Gioia è un arduo percorso di crescita, verso la valorizzazione di sé e del suo potenziale, come persona, come donna e come madre.