Le cene inutili di Massimo Paperini

recensione di Sabrina Corti

Le cene inutili

Amo moltissimo cambiare prospettiva e variare i punti di vista e Massimo Paperini mi ha fornito una visuale inaspettata, accattivante e coinvolgente di una parte di storia ancora così vicina a noi.

Europa. XX secolo.

Due conflitti bellici che hanno messo in ginocchio tutti i paesi coinvolti: vincitori e vinti.

Non siamo al fronte, non siamo nei campi di prigonia, non siamo fuggiaschi nei boschi.

Siamo… in cucina.

Si, si. Avete capito bene. Siamo in cucina, e le due guerre mondiali le guardiamo da lì.

Firenze, 1881. In una saletta del ristorante paterno, viene alla luce Guglielmo Testa. La cucina è la sua culla, il suo asilo, il suo mondo e Guglielmo manifesta immediatamente doti culinarie evidenti.

Alla morte del padre il piccolo Guglielmo eredita quello che per lui resterà un prolungamento di sè: un ricettario rilegato in pelle d’agnello con i segreti della cucina.

Sarà l’unico vero amore da cui mai si separerà.

cucinare per qualcuno è come prendersi cura della sua felicità

La grande occasione per affermarsi come cuoco di livello magistrale gli si presenta nell’estate del 1900.

Guglielmo dovrà cucinare per il Re in occasione della sua visita a Monza e presentare un piatto che colpisca il sovrano al punto da convincerlo ad assumerlo nelle cucine reali. Allora, e solo allora, tutte le cene reali saranno di Guglielmo.

La mia nonna paterna, la nonna Ida, era nata il 29 luglio del 1900. E’ morta nel 1995 e propagandava il fatto di essere nata il giorno della morte di Re Umberto I, assassinato a Monza mentre lei veniva alla luce.

Però, no, questo dettaglio nel romanzo di Massimo Paperini non c’è (quello della nascita di mia nonna, intendo).

Ma il fatto della morte del Re, quello invece sì, è un avvenimento importante che segna il destino di Guglielmo.

Come il pezzo iniziale di un domino, la morte di Umberto I si impone nel percorso di vita del cuoco fiorentino.

Nulla potrà assaggiare il Sovrano e i cuochi vengono licenziati.

Ma ormai le trattorie di paese stanno strette a Guglielmo. Dopo un periodo a  Fiesole e un matrimonio fallito con una cuoca più amante dei forestieri che della cucina e del marito, Guglielmo parte per il Liegi con uno degli allora aspiranti cuochi reali.

Sembra una bella favola, un ristorante aperto a Liegi, un nuovo amore, le prime soddisfazioni per un giovane uomo realizzato.

E poi la guerra.

Le bombe cadono su Liegi e sull’amore di Guglielmo

(…) Era lo spettacolo orrendo e grottesco lasciato dalla morte piombata lì all’improvviso. Anche con Lucente, rimasta all’Internazionale in attesa che Guglielmo andasse a prenderla, la morte era stata violenta e irriverente: sepolta sotto i detriti, di lei si vedeva soltanto il sedere svettante verso il cielo, quasi a imprecare per la vita troppo difficile e indegna che le era toccata in sorte.

Guglielmo ha perso tutto, recupera solo il suo ricettario rilegato in pelle d’agnello. Del resto non ha più nulla e il pensiero torna alla vecchia trattoria di Firenze.

Il pensiero torna a sua madre, a sua sorella.

Decide di rientrare in Italia, e nel 1914 l’Italia è fuori dal conflitto bellico: l’Italia è neutrale.

L’Italia è neutrale. Ma il Belgio no.

E Guglielmo è in Belgio. Egli viene trasferito poco fuori Liegi ove la retroguardia tedesca si era sistemata, e viene interrogato da un generale tedesco: Weber.

Il nostro primo colloquio fu amaro per me: in un francese molto approssimativo e presuntuoso tentò di comunicarmi che gli unici motivi per cui mi trovavo ancora in vita erano la mia professione e la mia nazionalità, anche se quest’ultima lo schifava. Su tale punto fu molto netto, a sentire lui quello italiano era un popolo viscido e immaturo, inaffidabile e fondamentalmente stupido

Diventa allora il cuoco ufficiale della famiglia del Generale Weber di istanza a Liegi, presso la sua casa, ove si tengono le riunioni strategiche, gli incontri con altri funzionari militari tedeschi, tutti tesi ad assaporare una vittoria tedesca che pareva loro così immediata e indefettibile ma che, pagina dopo pagina, sembra allontanarsi sempre più.

La famiglia del generale Weber fa rientro a Berlino, insieme al loro cuoco.

E, ancora, Guglielmo osserva.

Tra ricette di carne saporita, dolci mielosi e glassati, anguille e funghi, cipolle caramellate, pane fatto in casa, creme di zucca e abbinamenti estremi, Guglielmo osserva.

Osserva la miseria della guerra e l’abbondanza della dispensa del generale, osserva, con occhio lucido e terzo, la disfatta della Germania e quella della famiglia Weber, prima ancora che queste disfatte si compiano.

E in quella miseria di affetti e di pietanze, Guglielmo conosce un nuovo amore. Un amore nato in sordina, quasi per fame di calore umano, e si trasforma.

Poi la Grande Guerra finisce ma invece che tornare in Italia Guglielmo resta in Germania e, ancora una volta, si rialza.

Riprende in mano il suo sogno e riapre un ristorante a Berlino.

Sembra finalmente serena la vita di Guglielmo, sino a quando, nel suo ristorante un uomo lo riconosce.

Si tratta di un generale tedesco presente in molte cene a casa Weber.

Si reca numerose volte nel nuovo ristorante di Guglielmo, apprezza ancora le immutate doti della sua cucina sino al giorno in cui il generale gli propone di preparare un riservatissimo pranzo per pochi eletti.

Guglielmo tentenna, e poi accetta.

Quel “sì” sarà per lui fatale.

Sembrava essersi interrotto l’effetto domino che aveva dato il via al percorso di Guglielmo.

Iinvece quel “sì” lo rimette in moto ed avrà un effetto dalle proporzioni inimmaginabili.

A capotavola siede Adolf Hitler.

Non può più tornare indietro Guglielmo.

“^Lei è italiano^ si decise a dire infine, gli occhi acuti puntati su di me, il mento sollevato ^e gli italiani sanno bene di cosa ha bisogno un uomo a tavola. Avete una naturale predisposizione per sollevare lo spirito con il buon cibo. Peccato che non riusciate a farlo anche in politica. Mi dica perchè non torna nella sua patria? Che ci fa qui?”

Il suo destino è ormai compiuto.

Tornerà Guglielmo in patria, ma solo alla fine. Stanco, solo, ormai anziano, sotto il braccio l’inseperabile quaderno di ricette rilegato in pelle, affranto per tutte quelle cene inutili che pensa di aver cucinato invano.

In questo romanzo, il lettore assapora le cene di Guglielmo e vede i due conflitti mondiali scorrergli innanzi.

La boria di una nazione convinta di vincere, convinta di essere la migliore. E perde.

L’umiltà di un uomo che pensa di essere un perdente. Ed è tutt’altro.

Mi accosto sempre con qualche riserva ai romanzi sui conflitti mondiali: temo sempre una banalizzazione del passato. Massimo Paperini mi ha conquistata sin dalle prime pagine.

Una svolta nella narrativa del genere perchè ha saputo guardare oltre. La guerra è sullo sfondo, ma ben delineata, come se fosse una scenografia teatrale: in primo piano i protagonisti, i rumori di cucina, i chiacchiericci da tavola imbandita.

Un romanzo che ci ha ricordato che durante la guerra, dentro le case si viveva, si gioiva, si faceva l’amore, si tradiva, si cenava, come se fuori tutto fosse distante … eppure così incombente.

Titolo: Le cene inutili
Autore: Massimo Paperini
Genere: Romanzo Storico
Editore Neri Pozza 2015

puoi acquistare il romanzo qui https://www.amazon.it/dp/B01HOHE50M/ref=dp-kindle-redirect?_encoding=UTF8&btkr=1