Cosa vuoi che sia? Delirio di un trasloco –

di Danila Gambino

Ho avuto, qualche tempo fa, la folle ed insensata idea di innamorarmi di un delizioso attico con bellissimo terrazzo che si affaccia su un giardino tropicale e con una vista sulla laguna turchese.
Avendo scoperto che i vecchi inquilini sarebbero andati via a breve, ci avevo fatto un pensierino.

Grande ostacolo era riuscire a convincere marito e figli che fosse arrivato il momento, dopo 4 anni, di cambiare casa e di imbarcarsi in un trasloco.

Mi ero illusa, infatti, che, in fondo, non avendo portato molte cose dall’Italia, non avendo mobili da trasferire, e non avendo neppure vestiti e scarpe invernali, sarebbe stata una passeggiata.

“Cosa vuoi che sia spostarsi a 500 metri dalla propria casa… pure a piedi si potrebbe fare questo trasloco”, mi avevano suggerito le amiche “malefiche” e io, come una stupida incosciente, mi sono convinta che fosse una cosa facile da fare anche da soli.

Peccato che questa delizia di “Penthouse” non sia dotata di ascensore, pensavo fra me e me,  ma che, corrispondendo ad un secondo piano, in realtà, nella quotidianità (buste della spesa a parte) si sarebbe potuto gestire facilmente.

Tutti gli amici non avevano fatto che dirmi :“Prendila, é bellissima, in due o tre giorni sarai già sistemata. Durante il periodo in cui si doveva prendere una decisione, la tifoseria oltre oceano era tutta pro cambio casa.”
Tutti ad incalzare, insistenti: “Non puoi lasciartela sfuggire, avreste anche una camera in più, così potremmo venire a trovarvi più spesso!”, giocando così, infami, con la mia carenza affettiva.

La decisione fu presa e accettammo.

Ma davanti ad un trasloco in cui i propri cassetti e gli armadi erano la piccola versione di un Centro commerciale durante i saldi estivi, quei gradini sono diventati un INFERNO.

Per più di 3 anni, avevano vissuto in quella casa degli accumulatori seriali e io non lo sapevo: una figlia adolescente in piena frenesia da shopping, degna figlia di una madre in frenesia perenne; un figlio, ancora piccolo, affezionato ai suoi innumerevoli giocattoli, da cui é impossibile separarsi; un marito, appassionato di pesca e collezionista, a sua volta, di canne da pesca per ogni tipo di tecnica conosciuta dallo scibile umano.

Dopo 10 giorni di fatiche mostruose, polpacci doloranti, unghie rotte, schiena spezzat , check in nella nuova casa e check out nella vecchia casa, che nessuno mi dica mai più che non ci voglia niente a impacchettare quattro… mila cose da soli e rimetterle poi in ordine.

Se avessi immaginato che da questo cilindro, sarebbero uscite fuori 55 paia di scarpe e tonnellate di cose, portate in spalla insieme ad una valanga di polvere che ha fatto riemergere la mia allergia in modo violento, col cavolo che lo avrei fatto ‘sto cambio di casa.

Per non parlare di ciò che ho imballato dalla mia amata cucina: decine di piccoli robot dai molteplici usi e singoli attrezzi utilissimi ed indispensabili a cui non potevo certo rinunciare; l’affetta avocado per esempio, voi ce l’avete? Io si. Il grattugia zenzero chi ce l’ha? Io, ovviamente, sì.
In confronto alla mia, la cucina di uno chef stellato, è la ” Mensa del povero”.

Da questo momento in poi, che nessuno provi ma più a suggerirmi ville con piscina a buon prezzo o castelli da fiaba, come fossero tutti agenti immobiliari interessati: non c’é stato nessuno, ma dico nessuno, veramente sincero, che mi abbia detto: “Sarà un delirio, resta dove sei, perché se non c’é una grande differenza tra le due case non ne vale la pena, farai un sacco di fatica, tuo marito e i tuoi figli, ti ODIERANNO e tu …te ne pentirai.
Almeno finché la fatica non sarà passata!