“Suffragette” di Sarah Gravon
Recensione film di Carolina Colombi
“Siamo in ogni casa, siamo metà del genere umano, non ci fermerete tutte!”
È nella Londra grigia e brumosa del 1912 che ha inizio il film Suffragette, per la regia di Sarah Gravon.
In questa pellicola, forte e dolente, comparsa nelle sale cinematografiche nel 2016, la Gravon celebra la lotta delle donne per ottenere il diritto di voto.
Proponendo anche l’annoso problema, sociale e morale, della condizione femminile in genere.
Suffragette è quindi da ascrivere alla categoria drammatica.
Il film ripercorre l’emancipazione femminile inglese, il cui esempio ha sovvertito poi le sorti di altre donne nel resto d’Europa.
A guidare il movimento è Emmeline Pankhurst (Meryl Streep), fondatrice e icona del primo movimento femminista.
La pellicola è però incentrata sulla figura di Maud Watts (Carey Mulligan), che assume il ruolo di protagonista.
Inizialmente Maud viene presentata come una persona mite e sottomessa.
Ma acquisita coscienza della condizione di inferiorità, sua e delle compagne, diventa un’accesa militante del movimento.
Lavoratrice, fin dalla più tenera età, in una lavanderia industriale, Maud si fa interprete della difficile lotta, diventando tramite di importanti rivendicazioni femminili.
Sottoposte a ogni sorta di sopruso: dall’esagerata fatica fisica, alle percosse, fino all’abuso sessuale, ciò che le donne chiedono è di essere autoreferenziali.
Di partecipare alla vita politica senza demandare gli uomini a rappresentarle.
“Preferisco essere una ribelle che una schiava.”
In un primo momento le loro richieste avvengono in un clima pacifico.
In seguito, ostacolate dal Parlamento, in assenza delle mancate promesse, le Suffragette si vedono costrette a passare ai fatti.
Ed è a questo punto che la tranquilla Maud Watts, seguita dalle sue compagne, diventa un’altra persona.
Si fa portavoce delle esigenze per riscattare e vendicare le sopraffazioni subite.
Determinate a ottenere ciò che loro spetta di diritto si riuniscono clandestinamente, onde stabilire la miglior strategia e dare uno scossone dirompente al sistema che le vuole vittime.
E costrette a sottostare al volere di padri, mariti e datori di lavoro, anche a costo di essere arrestate e alimentate forzatamente, a causa dello sciopero della fame messo in atto da loro.
“Non arrenderti! Non smettere mai di lottare.”
Arrestata più volte, Maud perderà il lavoro.
Impossibilitata a coniugare la lotta con il ruolo di moglie, a causa del mediocre e poco edificante marito, l’amorevole legame con il proprio figlioletto si spezza.
In quanto Sonny Watts (Ben Whelshaw) la considera “disubbidiente” ai suoi dettami.
La donna trova così un ulteriore motivo di andare avanti nella battaglia politica, che si fa sempre più accesa e violenta.
Le iniziali posizioni delle suffragette si radicalizzano, ricorrendo anche alla violenza come unico mezzo votato al cambiamento.
Saranno poi ripagate dalla tanta sofferenza subita.
Perché nel 1918 alcune di loro, quelle al di sopra dei trent’anni ottengono, il diritto di voto, anche se con determinate condizioni.
Soltanto in seguito, la pletora di donne che possono accedere al suffragio, sarà maggiormente ampia.
Suffragette è storia di dolore e lotta, poco nota al pubblico.
È una lotta che è passata attraverso angosce, paure, scelte difficili, mostrate nel film con scene forti proprio per drammatizzare la realtà scandagliata.
Non c’è però alcuna spettacolarizzazione, perché la verità storica è mostrata con obiettività.
In virtù di tale aspetto, le sequenze sono permeate dai colori tenui e malinconici, così tipici del clima londinese.
I personaggi, tutti, interpreti di chiara fama, sono dotati di un’intensa espressività, palesandosi così aderenti alla realtà rappresentata sullo schermo.
Ma soprattutto è Maud, la protagonista, a essere elemento trainante della pellicola.
Rappresentata come una donna comune, racconta le vicende di tante altre.
Interprete, coraggiosa e ostinata, nella sua unicità, si batte per tutte.
Tanto da poterla definire un’eroina dei tempi moderni.
Film corale, simbolo del femminismo, Suffragette celebra la lotta sia per l’uguaglianza sociale che quella per abbattere la diversità di genere.
Suffragette è pellicola che fa riflettere, perché l’eredità di coloro che si sono battute, fino a lasciarci la vita, non vada perduta.
È doveroso ricordarne una fra tutte: Emily Davison, travolta dal cavallo del re Giorgio V.
Sequenza forte e scena finale del film, trasmette un significato ben preciso: il sacrificio per partecipare a creare un mondo più giusto.
Senza di loro, oggi, alle soglie del terzo millennio, alle donne non sarebbero stati riconosciuti alcuni dei diritti, imprescindibili della condizione femminile.
Sebbene il percorso da compiere sia ancora lungo e irto di difficoltà.
Infine, la sceneggiatura.
Eccellente.
Perché Abi Morgan, sceneggiatrice di Suffragette, per dare maggior verosimiglianza ai personaggi, ha attinto a documenti d’archivio e diari mai pubblicati.