Una storia della gioia collettiva, di Barbara Ehrenreich

 

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Recensione di Veronica Sicari

 

una storia della gioia collettiva

 

 

Una storia della gioia collettiva, di Barbara Ehrenreich è un saggio pubblicato da Eleuthera editrice nel 2024. 

 

Di cosa parla Una storia della gioia collettiva?

 

Una storia della gioia collettiva è un saggio che, attraverso un’accurata analisi storica, e con l’ausilio di tante e numerosi fonti, ricostruisce in maniera inedita il rapporto tra gli esseri umani e i riti collettivi, e il modo in cui questi – nell’arco dei secoli – hanno mutato forma.

Danze, balli sfrenati, utilizzo di maschere e travestimenti, in taluni casi una frenesia tale da scatenare stati di trance: la caratteristica comune di tali riti collettivi rimane sempre e comunque la condivisione di un sentimento di festosità contagiosa, che permetteva a chi vi prendeva parte di diluire la propria individualità in una moltitudine gioiosa.

L’autrice di questo interessantissimo testo, Barbara Ehrenreich, scomparsa nel 2022, è stata sociologa e attivista politica, femminista militante e appassionata di medicina di genere; negli ultimi anni ha dedicato le sue forze nell’indagine sulla salute femminile e industria medica.

In Una storia della gioia collettiva ha compiuto una vera e propria analisi sociale e antropologica sulle abitudini degli esseri umani, focalizzando la propria attenzione sui riti collettivi, che sin dalla preistoria hanno costituito elemento di aggregazione e insieme valvola di sfogo per forme di aggressività degli appartenenti al gruppo sociale.

Aggressività che, se non avesse trovato forme di condivisione al di là della mera partecipazione alla sopravvivenza del gruppo, ne avrebbe di fatto minato la convivenza, e consequenzialmente, quindi la stessa sopravvivenza.

A che scopo indagare tale peculiare e apparentemente poco rilevante aspetto della storia della socialità umana? 

Attraverso l’analisi di tali riti comunitari, calendarizzati anche con una certa frequenza nel corso dell’anno, e durante i quali le regole gerarchiche tra sessi e ruoli sociali venivano di fatto azzerate grazie alla commistione tra persone di sessi, generi e ruioli sociali diversi, ma soprattutto attraverso lo studio della progressiva azione di repressione del fenomeno nel mondo Occidentale già a partire dal XV secolo, Barbara Ehrenreich ha di fatto indagato l’esercizio del potere, e come questo influisca nel benessere e nella salute collettiva del gruppo che lo subisce.

Dalla lettura del testo, emerge in maniera pittusto chiara come l’emersione di sentimenti autolesionistici e la depressione abbiano fatto il loro ingresso nelle comunità umane a partire dall’opera di repressione di tali feste.

Infatti, sebbene tali riti collettivi affondino le loro origini già a far data dai primi assemblamenti umani, come emerge dalle stesse pitture rupestri che raffigurano uomini e donne intente a danzare in cerchio, con chiome scomposte dal movimento ritmico, dal quale si intuisce l’utilizzo di prime forme di musica, sono stati oggetto di un’azione repressiva che li ha dapprima contenuti, e poi successivamente eliminati.

È possibile dedurre quindi che tale cancellazione sia tra i fattori che portano all’epidemia du mal de vivre testimoniata dai resoconti medici del tempo.

La repressione dei riti collettivi è da individuarsi nella volontà di soffocare la prepotente rcarica sovversiva di tali feste, capaci di cancellare differenze sociali, di genere e sesso, di gerarchia finanche. E spesso occasione, o detonatore, di rivolte sociali.

Ma nonostante l’azione repressiva già messa in atto durante il periodo romano, con la stigmatizzazione dei riti cd. orgiastici in favore del Dio Bacco, in realtà tale tendenza all’aggregazione è perdurata nel tempo, assumendo forme e metodi sempre diversi.

 

Perché leggere Una storia della gioia collettiva?

 

A prescindere dalla straordinaria ricostruzione della storia della socialità umana, l’analisi di Barbara Ehrenreich ha il pregio di mostrare come il potere costituito, religioso o civile, abbia cercato di impedire riti dal forte carattere sovversivo, in grado di liberare il potenziale libertario degli assembramenti umani.

Ma tale studio mostra come in verità tale capacità umana di aggregazione, sebbene in certi periodi storici abbia costituito un rischio per l’ordine costituito, è al contempo potenzialmente in grado di essere strumentalizzata per consolidare il potere costituito.

Ne ha costituito un esempio l’utilizzo di riti collettivi omologanti, apparentemente spontanei ma invero estremamente organizzati, utilizzati dal nazismo e dal fascismo allo scopo di appiattire la pluralità di opinioni in un’unica dottrina, collettiva e totalizzante.

La ricerca di Barbara Ehrenreich, con il suo continuo rimando a testi autorevoli e fonti molto dettagliate, costituisce un’interessantissima indagine sociale, che ci permette di comprendere – attraverso lo studio del passato – anche fenomeni del nostro presente.

 

Una storia della gioia collettiva

 

 

Sinossi

 

Per diecimila anni l’umanità si è riunita nei campi, nelle piazze e persino nei templi per abbandonarsi a feste sfrenate e raggiungere, soprattutto con la danza, uno stato di beatitudine condivisa.

Questa millenaria abitudine in Occidente ha resistito fino al XVI secolo, per poi scomparire progressivamente.

Chi ha ucciso la gioia collettiva, e perché?

Questa indagine storica dà alcune risposte, ma è soprattutto un inno alla libertà di godere. Insieme.

Come testimoniano i rituali del Paleolitico, il culto di Dioniso o le pratiche danzanti del cristianesimo medievale, in passato le società umane hanno sempre dato vita a momenti di festa ed estasi collettiva.

Un invito a «perdersi» che permetteva a ognuno di entrare in comunione diretta con gli altri (e con il divino).

Perché allora questa festività spontanea, un tempo così diffusa, oggi è quasi scomparsa, se non nella forma di un consumo passivo?

Perché il suo afflato liberatorio ha sempre più scatenato nelle élite il timore – in effetti giustificato – che questi raduni potessero sfidare le gerarchie sociali.

Così, in una repressione secolare che ha visto i protestanti criminalizzare il carnevale, i musulmani wahhabiti combattere il sufismo, i colonizzatori europei cancellare i riti estatici dei nativi, i raduni di massa hanno cominciato a essere irregimentati e istituzionalizzati.

E tuttavia le esplosioni di gioia collettiva, con la loro carica sovversiva, persistono tuttora.

D’altronde, siamo esseri sociali, e la voglia di mascherarsi, danzare, irridere i potenti e condividere l’esultanza con dei perfetti sconosciuti non è affatto facile da reprimere.

 

Titolo: Una storia della gioia collettiva

Autore: Barbara Ehrenreich

Editore: Eleuthera editrice 2024.