“Anime Oneste” di Grazia Deledda

Recensione di Emma Fenu

anime oneste

“Anime oneste” è un romanzo di Grazia Deledda pubblicato per la prima volta nel 1895.

Il libro viene dischiuso.

L’aria è pervasa dal profumo di mandorlo in fiore, i cui petali, ostaggio della brezza, creano una danza di fiocchi di neve, per posarsi, infine, come farfalle stanche, lungo la stradina, solcata da passi minuti e da falcate virili.

Le pagine vengono sfiorate.

Sotto i polpastrelli scorrono tele di lino e cotone ricamate, a rilievo o ad intaglio, in modo così preciso che, anche tenendo gli occhi chiusi e facendo solo scorrere le dita sui dettagli di un corredo, destinato ad una sposa, si possa dire: «ecco un punto Richelieu!».

Le lettere, le parole e poi le pagine vengono catturate dagli occhi.

Appaiono, allora, la treccia di boccoli voluminosi che sovrasta le esili spalle di Annica, la bocca rossa di Lucia, le sopracciglia folte di Caterina, il pallore di Cesario, i nervi sotto le braccia maschie di Sebastiano, il colore dorato dei capelli di Pietro, l’incarnato da beduino di Gonario.

Anime Oneste”, un romanzo giovanile di Grazia Deledda, racconta, sul palcoscenico di una Sardegna arcaica, una favola nota, quella che ogni volta la scrittrice ci ripropone, come una vecchia, dal volto illuminato dal fuoco del braciere, fa con i nipotini, tenendoci sempre con il fiato sospeso per le infinite variabili.

Nell’opera si ritrovano i temi deleddiani dell’amore tormentato e logorante, che si tinge di colpe ancestrali; del sacrificio di sé per evitare il dramma famigliare e sociale; del libero arbitrio che è servo ribelle del Fato.

«Una dolorosa umiliazione gravava sulla sua povera anima. Eppure nulla era cambiato in lei; i suoi capelli restavano meravigliosi, e le sue esili mani bianche ricamavano sempre come in sogno, tremando leggermente talvolta, le trine Richelieu.

Anna contava appena diciannove anni, conservava sempre la treccia cadente, — eppure già nei suoi occhi vagava l’ombra di sogni morti, di dolori misteriosi, e d’una grande amara delusione. Gonario non l’amava. Perché ella dunque l’amava sempre, senza speranza, senza tregua, senza fine?».

Eppure, in questa danza iniziatica di fanciulle e giovani uomini che si amano non corrisposti, che si infiammano per sempre o che si accendono solo tempo di scorgere un sorriso in una notte senza luna, c’è la dolcezza materna della provvidenza, che fa incontrare le anime oneste e pure, destinandole ad appartenersi, fino nelle fibre più recondite dell’anima.

«Perché Sebastiano era certo di poter un giorno sposare la cugina. Come egli se ne era innamorato, da quando e perché? Egli non lo ricordava e non se lo chiedeva. Gli sembrava diaverla amata sempre, dal primo giorno in cui Anna era giunta, col suo brutto vestito nero e il fazzolettino stretto sotto il mento, — di averla amata sempre, anche prima, quando egli andava a scuola e arrossiva nell’incontrare qualche signorina.

Eppure questo non era il suo primo amore; ma sentiva che era l’ultimo perché mai egli aveva amato così, perché sentiva di aver amato Anna attraverso le altre donne amate. Gli altri amori, pur corrisposti, l’avevano fatto soffrire sempre. Questo lo esaltava, pur non corrisposto ancora, così indistinto e ignoto a tutti. Egli trovava in Anna, anche senza conoscerla spiritualmente, l’ideale vagheggiato dal suo cuore sano e dalla sua fantasia vigorosa; cioè una fanciulla buona e saggia e purissima».

Titolo: “Anime Oneste”
Autore: Grazia Deledda
Edizione: Ilisso, 2009. Prima edizione 1895

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