SIRENE – di Laura Pugno
Recensione di Veronica Sicari
Sirene è un romanzo di Laura Pugno, edito da Marsilio nel 2017.
In Sirene, Laura Pugno ci racconta di un mondo apocalittico, nel quale gli esseri umani sono ormai decimati, uccisi da una terribile malattia, il cancro nero, causato dall’esposizione, anche per brevi lassi di tempo, alla luce del Sole.
L’astro che ha permesso alla vita sulla Terra di esplodere, nel mondo intessuto dall’Autrice, non è più foriero di vita, ma portatore di morte. Una morte terribile, lunga ed angosciosa.
Ed è per questo che gli umani vivono ormai in comunità sottomarine, rimanendo – la superficie – la sede per alcune attività lavorative e abitazione di poveri disperati, totalmente in balia delle nuove forme di povertà.
È nella superfice che sorgono gli stabilimenti nei quali vengono allevate e macellate le Sirene, creature degli abissi, scoperte dagli uomini a causa della loro comparsa sulle spiagge per morire.
Stabilimenti gestiti dai nuovi ricchi, gli yakuza, uomini privi di scrupoli e moralità ed etica, invischiati in operazioni illecite, come contrabbando, omicidi e sfruttamento della prostituzione.
Come a volte accade, nel nostro mondo, ad altri esseri dei mari, che scelgono la riva come ultima dimora, ad un certo punto, le sirene scelsero di spiaggiarsi.
Così come, nel nostro presente, accade per le balene, nemmeno nel caso delle sirene gli scienziati seppero dare una ragione della loro emersione.
Tuttavia ben presto, la loro scoperta si rivelerà fatale: dapprima utilizzate come fenomeni da esposizione, da tenere nelle piscine dei ricchi, o addirittura nei bordelli, diventeranno carne di mare.
Servite in diverse forme – sushi, vitella –alimento molto ricercato per il genere umano.
Pochi e deboli i movimenti animalisti che si batteranno senza esito per la loro libertà.
Al pari di altre specie animali prima di loro, le sirene ben presto vengono tenute in cattività, fatte accoppiare, riprodurre e poi macellate.
In un mondo oscuro, quale è questa terra distopica immaginata dalla penna dura e affilata di Laura Pugno, si snoda la storia di Samuel, addetto ad una delle vasche di contenimento di questi particolari mammiferi marini, e della nascita di un primo ibrido uomo-sirena, la bellissima e umanoide Mia.
“Quello che aveva visto lo aveva lasciato senza fiato. La forma del corpo, la coda, le minuscole mani palmate, la piccola sanguemisto aveva tutto della sirena. Solo i tratti del viso erano quasi umani. Una trascurabile anomalia, l’avrebbero giudicata i tecnici veterinari.
Gli avevano vere palpebre, non solo membrane trasparenti, anche se capaci di chiudersi ermeticamente come il bisogno della specie subacquea richiedeva, le labbra erano più carnose delle sottilissime strisce di mucosa, che lui aveva leccato, della madre. I denti erano affilati e mortali, come sempre nelle sirene”.
La storia raccontataci da Laura Pugno, Sirene, con il suo immaginario verosimile, può sicuramente esser fatta rientrare nel filone della distopia.
In un futuro prossimo, nemmeno molto lontano, l’eccessivo consumo di risorse naturali metteranno realmente a dura prova la sopravvivenza sul nostro pianeta.
Il proliferare di malattie contagiose e potenzialmente mortali ha già presentato il suo conto: basti pensare alla pandemia attualmente in atto, contro la quale non sempre le cure riescono ad avere la meglio.
“La scoperta delle sirene era avvenuta una ventina d’anni addietro a opera di team di scienziati dei Territori, molto prima dell’epidemia di cancro della pelle. Epidemia era il nome giusto. Anche se i medici avevano stentato a crederci, il cancro nero si poteva contagiare tramite il contatto.
Qualcosa era cambiato nell’atmosfera, negli strati di protezione che separavano la Terra dalla stella del suo sistema, e ora il sole sembrava voler divorare l’umanità come un dio maligno. Un dio azteco che chiedeva sacrifici”.
Le sirene raccontate da Laura Pugno sono lontane dall’immaginario disneiano di cui tutti abbiamo esperienza: sebbene presentino tratti umanoidi, che ricordano il corpo femminile, mantengono particolarmente distinte le caratteristiche animali.
“Il dimorfismo sessuale era enorme. I maschi erano dugonghi di piccola taglia, non avevano niente di umano.
Le femmine erano bestie da latte e da carne e insieme erano donne, prive di parola, prive di gambe, il muscolo unico della coda capace di spezzare in due la schiena di che un uomo, la vagina liscia, protetta dall’abrasione dell’acqua di mare da uno smegma madreperlaceo, priva di peli.
Ti guardavano con occhi vuoti, spenti, verde mare o oltremare, con le membrane nittanti delle palpebre come pezzi di plastica sporca, i visi poco più che musi – di vacca, pensò Samuel – ma a complicare il loro corpo c’erano quei capelli lunghi, se poi si potevano dire capelli, un’unica massa elastica verdeazzurra o azzurro vivo che scendeva sulla schiena, che ondeggiava nell’acqua come le trecce della più splendida delle adolescenti, e le braccia verde chiaro con le mani palmate, il seno sempre grande e pesante con i capezzoli verde cupo, durissimi, da cui nell’estro usciva un latte dolciastro”.
Umanoidi, ma non donne. Con caratteristiche fortemente simili agli animali marini, ma non per questo a loro assimilabili.
Incapaci di parlare, emettono dei suoni gutturali, ed un canto non percepibile dall’orecchio umano, ma solo da quello animale.
La loro sorte, una volta venute allo scoperto, è assimilabile a quella di una specie in schiavitù.
È interessante il modo in cui l’Autrice tessa un filo tra lo sfruttamento alimentare e quello sessuale, immaginando queste creature come destinate al consumo umano, in tutti i significati in cui questo è declinabile. Non è un caso che Laura Pugno decida che le disumane pratiche di utilizzazione si concentrino sui corpi delle femmine e non su quelli dei maschi. Sebbene anche questi vengano utilizzati per la monta, non anche per il consumo alimentare.
Non si può non associare questa scelta alle istanze e ai manifesti della corrente eco-veg- femminista che associa il consumo di carne animale, le modalità di produzione industriale allo sfruttamento dei corpi delle donne esercitato dal patriarcato.
E non è un caso che il più efferato racconto dello stupro di una di queste creature, catturata mentre si trovava ancora in libertà, venga esercitato da un uomo detentore di un importante ruolo politico ed economico nella società raccontataci dal romanzo:
“Solo una volta Samuel aveva assistito alla cattura di una sirena selvaggia, una delle ultime, quando ancora si poteva cacciare in pieno giorno. Era passato del tempo. Era stato prima della morte di Jack.
Il vecchio yakuza aveva ordinato ai suoi di tenere ferma la bestia appena pescata, con l’arpione ancora dentro, di bloccarle i denti e le braccia, la potenza della coda. Attenti, è una selvaggia, aveva urlato Jack, e uno degli uomini dello yazuka aveva messo alla bestia il bavaglio in gommacciaio. Il corpo della sirena era scivoloso per l’umore, il sapore era quello del mare.Il vecchio aveva affondato i denti nella spalla della sirena viva, le aveva morso il seno, aveva leccato il sangue. Poi, a fatica e aiutandosi con un coltello, l’aveva aperta e penetrata mentre le divorava la carne e si era svuotato dentro di lei un attimo dopo, sussultando”.
È terribile come questa cruenta e crudele scena riesca ad evocare contemporaneamente la ferina violenza di uno stupro e al tempo stesso la silenziosa sofferenza dei mattatoi.
È un libro potente, Sirene, non veicola un messaggio cupo, nonostante l’aspetto apocalittico del mondo descritto.
Si chiude con una flebile parvenza di speranza, rimessa alla nascita di un’altra piccola sirena ibridata, che possiede dentro di sé la forza di entrambe le specie, umani e sirene.
Una fabula, quella narrataci da Laura Pugno, che rievoca in maniera molto diretta, le storie di Camille raccontate da Donna Haraway nel suo “Staying with the Trouble”.
Storie, quelle di Sirene, che hanno lo scopo di stimolare l’attenzione e lo sforzo immaginifico su soluzioni che, senza arrivare all’estremo della creazione di ibridi umani, possono fornirci spunti per trovare modi per sopravvivere sul nostro pianeta ormai infetto.
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Sinossi
Un romanzo spaventoso e indimenticabile, scritto – come ha affermato Angelo Guglielmi –
«in un linguaggio secco, lucido e fermo e insieme percorso da una strana vibrazione di natura segreta e inudibile».
«Sognò come tutti i mammiferi, entrando in fase Rem. Il corpo si irrigidì a scatti, poi si lasciò andare, ma i muscoli delle braccia non rilassarono la presa intorno al corpo di Samuel Neanche nel sonno. Era la sua preziosa riserva di cibo»
«Una stupefacente carica visionaria, una seducente carne di mare» – Andrea Cortellessa, Tuttolibri – La Stampa
«Ambientato in un futuro di distruzione, il romanzo d'esordio di Laura Pugno attinge singolari congegni narrativi dai manga giapponesi per condurre il lettore in una zona psichica affollata di fantasmi minacciosi» Emanuele Trevi, Il Manifesto
Samuel, sorvegliante di una vasca dove vengono allevate e nutrite le sirene destinate alla produzione della «carne di mare», si lascia tentare dal più pericoloso dei piaceri. Si unisce a una sirena femmina, sfuggendo a stento alla reazione istintiva di lei: divorare il maschio dopo il rapporto, come fanno le mantidi.
Da quell’unione nasce Mia – mezzo sirena e mezzo umana – e da lei avrà, forse, origine una nuova specie cosciente.
In Sirene Laura Pugno racconta la fine del mondo degli umani, costretti a vivere al buio e in città subacquee – perché la luce è diventata nemica, provoca il «cancro nero» –, dominati dalle mafie internazionali, sfiniti dal consumo di ogni risorsa planetaria.
Se a essere importante non è la vita di un singolo e nemmeno la vita di una specie, ma la vita dell’intelligenza, «il passaggio di testimone a un’altra specie a cui affidare la gestione del mondo», come scrisse Tiziano Scarpa alla prima pubblicazione di questo romanzo, nel 2007, «è una via d’uscita dall’umano, dalle impasse della sua civiltà, ma anche una sua realizzazione superiore, un superamento, un autoannullamento e una paradossale salvezza».