Il grande me – di Anna Giurickovic Dato
recensione di Emma Fenu
Il grande me è un romanzo di Anna Giurickovic Dato edito da Fazi nel 2020.
Simone è un uomo di poco più di sessant’anni: è un idealista, un cantautore, un musicista, un appassionato di archeologia, un senatore della Repubblica. E un malato allo stato terminale a causa di un tumore al pancreas. E un padre.
Mario, Carla e Laura, i suoi tre figli ancora giovani ma adulti, reagiscono in maniera diversa al dolore della perdita e dell’avanzare della malattia, ma tutti gli stanno vicino, cercano cure alternative o si rassegnanandosi; registrano le sue parole, si concedono abbracci che prima si erano negati e tornano bambini con i ricordi.
Anche il padre rivive una seconda infanzia, quando la madre lo proteggeva dalle insidie del mondo e lo amava in modo totale, scoprendosi disperatamente padre e figlio dei suoi ragazzi, e vuole raccontarsi senza lasciare il peso del non detto fra le pieghe della sua pelle che cede, fra le chiazze dei suoi capelli che cadono, fra il dolore e le allucinazioni, fra la lucidità e la perdita di senno.
Il percorso della malattia è un’altalena di ferro che si ferma sulla fossa del cimitero: loro, padre e figli, lo sanno.
Simone svela il segreto della sua vita: da giovane ha avuto un primo figlio, Mario, omonimo al secondo, da una ragazzina di cui non ha avuto più tracce.
I figli, prima sconvolti, si mettono alla ricerca del fratello sconosciuto – o inventato? o frutto dei deliri? – fino a quando arriva la svolta. E il colpo di scena lo scoprirete leggendo il romanzo.
Il grande me è il padre, per ogni figlio: per un maschio è l’ideale virile da emulare e poi “uccidere” per scoprirsi simile; per una femmina è il primo amore, il metro di giudizio che le permetterà di essere una donna meritevole di amore e di attenzioni.
La copertina del romanzo ci mostra, da dietro, la testa di una giovane donna: si tratta probabilmente di Carla, la secondogenita di ventisette anni, che è la voce narrante e che scopre il desiderio paterno di riportare ogni discorso a se stesso, il grande me, nella consapevolezza che il tempo è poco e nel desiderio infantile di occupare tutta la scena.
Ma Carla scopre anche se stessa, costretta a fare i conti con un fratello maggiore, forse più bravo? forse più simile a papà?: un grande me soprattutto per Mario, che credeva di essere il primo.
Leggete:
“Questo padre io lo abbandono, perché lo ho amato più di ogni altro, più di me stessa, perchè ne ho fatto un Dio e l’unico mio credo, e mi sono compresa grazie alla sua comprensione, e mi sono riconosciuta quando lui mi ha spiegato com’ero e come sarei diventata, e mai, dico mai, ho pensato che mio padre non fosse in mio possesso: fino a ora, che lo vedo gridare in silenzio, imprigionato dentro una faccia fantasma e non lo posseggo più. Eppure lo amo ancora.”
Un romanzo straziante e struggente, crudo e tenero, che ci invita a riflettere sulla paternità nell’epoca dei Telemaco, perchè Edipo non è più il nostro grande me con cui essere rivali.
Viviamo nell’attesa di una Lex che ci riporti l’ordine senza castrare il desiderio, come ben spiega Massimo Recalcati nel suo saggio, a volte dimentichiamo di godere della vita in ogni istante. Istante irripetibile, prezioso.
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Sinossi
Simone, davanti alla consapevolezza di una morte certa, viene raggiunto a Milano dai suoi tre figli, dopo molti anni di lontananza.
È l’inizio di un periodo doloroso, ma per Carla si tratta anche dell’ultima occasione per recuperare del tempo con suo padre.
Simone, angosciato dal pensiero di aver fallito e di non poter più cambiare il suo passato, ripercorre le tappe della propria eccentrica esistenza, vissuta con grande passione e voracità.
Mentre la sua lucidità mentale vacilla sempre più, vuole usare il poco tempo che gli resta anche per rimediare a vecchi errori e confessa ai figli un segreto.
In Carla e i suoi fratelli riaffiorano ricordi di anni lontani, i momenti dell’infanzia in cui la famiglia era ancora unita e quelli legati alla separazione dei genitori, nel tentativo di ricostruire una verità dai contorni sempre più incerti.
I ragazzi non possono far altro che assecondare il padre, tra realtà e delirio, mentre la malattia si dilata richiedendo sempre più attenzioni e occupando la totalità delle loro giornate.
Inizia così una ricerca – anche interiore – dai risvolti inaspettati, che porterà Carla e la sua famiglia a scontrarsi con un’ulteriore dura realtà, oltre a quella della vita e della morte.
Sarà un confronto necessario, che Carla ha cercato e allo stesso tempo sfuggito per anni, ma che ora dovrà affrontare con tutta la forza di cui è capace
Dopo il sorprendente esordio con La figlia femmina, Anna Giurickovic Dato torna con un romanzo crudo, sincero e a tratti destabilizzante, una riflessione profonda sulla figura del padre, capace di emozionare e far riflettere.