Lettera apologetica di Ugo Foscolo

di Paola Caramadre

Ugo Foscolo – lettera apologetica

 

Ugo Foscolo non è solo l’autore de I Sepolcri né l’interprete dei Sonetti, questo intellettuale esule è stato un indagatore del suo tempo, un precursore di altri tempi e un lucido interprete di una Storia al di là dell’editto di Saint Cloud o del trattato di Campoformio.

Due anni prima che la morte lo cogliesse in terra di Albione, Foscolo affida alla stampa la sua “Lettera apologetica“, un testo politico in cui si colloca come protagonista e come voce narrante, richiamando Plutarco, l’individualismo che lo ha caratterizzato per tutta l’esistenza e i fatti contingenti del suo tempo.

Gli scritti politici del veneziano nato a Zante non sono noti al grande pubblico dei lettori e il testo della lettera apologetica avrebbe dovuto rappresentare la premessa al testo dedicato a Dante Alighieri. Eppure, dentro quegli scritti, tra le pagine tese e rese difficili da una lingua remota e antica, dotta e non facile da decodificare del tutto, si nascondono delle verità insospettabili, frutto di una partecipazione vera al dibattito politico del suo tempo e di una vera presa di posizione al fianco degli uomini della sua epoca. Ugo Foscolo non è più l’intellettuale che vive chiuso nella torre d’avorio, anzi, rompe con quella  tradizione. Foscolo è presente, è vivo, è più di un testimone: è un  protagonista.

Protagonista del suo tempo

Legge la storia, decodifica la realtà:

E però quando in una nazione v’è somma tranquillità e nessuna apparente discordia di partiti e d’opinioni, è da tenere per certo che quella nazione è abbrutita dal terrore e dall’ignoranza.

Alimentare il dibattito, far crescere la vis polemica è uno dei principali obiettivi di Foscolo che evidenzia la necessità di una consapevolezza critica, ma non di una ribellione fallimentare e fine a se stessa. Come sottolineano i principali critici della poetica foscoliana, come Mario Scotti, “leggendo le pagine foscoliane, noi sempre avvertiamo il mutarsi in succum et in sanguinem di questa o quella dottrina che si è tinta di particolare accento, di un caratteristico e acuto modo di vedere le cose, ed ha acquistato il calore che solo nasce dall’urgente e vivo stimolo della vita e da un animo attento e partecipe al vario travaglio degli uomini. I problemi sono sempre impostati con concretezza”.

L’animo ribelle di Foscolo emerge in tutta la sua forza nella Lettera apologetica che risponde alle accuse mosse contro di lui dagli intellettuali milanesi solo come innesco della riflessione ad alta voce. Nella sostanza, il testo si rivela un valido terreno di scontro e una base programmatica di riflessioni che vanno al di là della contingenza del reale. Ad esempio, in merito alla situazione dell’Italia così provata dalle occupazioni straniere, Foscolo ha la lucidità di comprendere:

Ogni tirannide straniera distruggerà i partiti e conserverà le sette, perché le sette mantengono vivo l’odio tra cittadini e indeboliscono le nazioni.

Un’autobiografia morale

Quella contenuta nella Lettera Apologetica è una autobiografia politica e morale che, pur nella sua incompiutezza, contiene verità assolute. E soprattutto è una lettera di autodifesa e di non velate accuse:

Or se tutti, o molti, o alcuni di voi mi fossero stati, finch’era tempo, non dirò imitatori o compagni, ma guide in quel sentiero, l’avreste voi trovato pieno di rischi e di terrori? O non v’era stata manifestissima l’esperienza che il conquistatore era necessitato di adulare, più voi che gli altri tutti in Italia? e che i padri di tanti guerrieri dovevano pur anteporre che combattessero per la loro patria anziché per le pazze imprese di un uomo solo? E lo tenevano anche per più frenetico che non era. Ma sel tacevano; e a voi tardava che ei comperasse nuove lodi fa voi. Ma e chi le credeva più se non egli?

"Le Grazie" di ugo Foscolo

Ugo foscolo ritratto – immagine da web

Schiere di adulatori messe alla berlina sotto la sferzante penna foscoliana capace di disegnare immagini plastiche molto intense:

Le loro grida di patria e di liberà, le loro fiaccole che mi mostravano facce pallide atroci e labbra tremanti di rabbia, e occhi pieni di stupidità o di delirio, e i loro corpi barcollanti d’ubbriachezza e di furore baccante; e alcuni con mani armate di coltella mezzo rotte, o di corde da strozzare, e di sacchi vuoti a rubare, m’insegnarono più teorie di liberà che non tutti i libri della filosofia, e quanto lessi mai nelle storie. – Ed io mi pensava: Voi, miseri, dovete avere pane, prete e patibolo: ma in queste tre cose, santissime come pur sono, non però sta la patria. Voi in terra veruna non potete sentire pensare né parlare di patria.

Foscolo non si arrende al pensiero corrente, non si sottomette a nessuna ideologia, preferisce essere libero. Disposto a sbagliare, anche ad andare in contraddizione con se stesso, ma qui c’è un’idea cruciale del pensiero foscoliano:

perché gli schiavi non son, generalmente parlando, fatti dai tiranni, ma bensì gli schiavi fanno i tiranni.