Iside: dea, strega e Madonna,
signora di Benevento
Le indimenticabili
a cura di Patrizia Bove
Iside è considerata la “Signora di Benevento”.
Ma come giunge in questa cittadina interna della Campania il culto di una dea egizia e come si coniuga la storia del “paese delle streghe” con quella di questa antica divinità?
E, ancora, il culto della Madonna delle Grazie, patrona della città e regina dell’intero Sannio, può ritenersi derivante direttamente da quello di Iside?
L’argomento, che affonda le sue radici nella storia, nell’antropologia, nella religione e nel folclore, può essere analizzato da vari punti di vista ma io provo a raccontarvelo in breve…
Iside, dea egizia, protettrice della natura e della prosperità, sorella e sposa di Osiride, dio della luce, che viene ucciso e fatto a pezzi dal fratello Seth, dio delle tenebre, ricompone e rianima il corpo del suo sposo e genera, in forma di nibbio, suo figlio: Horus, simbolo del sole nascente.
La dea viene raffigurata il più delle volte con gli attributi femminili ben evidenti, soprattutto nell’atto di allattare Horus, ma è rappresentata spesso anche con un serpente, simbolo delle sue doti magiche.
La sua presenza a Benevento, la città più misteriosa della Campania, è testimoniata in maniera importante da reperti archeologici che ne attestano il culto, collocando la dea Iside tra le primissime
divinità adorate dagli abitanti della città.
Ma come giunge nel Sannio il culto di questa dea?
La devozione a Iside si diffonde in Italia nel II sec. a.C. quando viene introdotta da mercanti alessandrini che commerciano con Pozzuoli. Essi portano con loro il culto di Iside Pelagia, dea raffigurata su una barca a vela che propizia i commerci sul mare.
Gli alessandrini si stabilisconoprima a Pompei, centro commerciale, poi a Napoli e poi, nel I sec. a.C. a Benevento e Roma. A Roma, Caligola (37-41 d.C.) completa il più grande Tempio a Iside, a Campo Marzio, e dà l’ufficialità al culto.
Ma è l’Imperatore Domiziano (81-96 d.C.) a portare il culto di Iside nella città di Benevento. Pare che egli si sentisse protetto da questa divinità perché, quando era giovinetto, sfuggì ad un tentato assassinio da parte di Vitellio (nemico di suo padre Vespasiano), travestendosi da sacerdote isiaco e trovando rifugio a Campo Marzio.
Per Domiziano, dunque, Iside era come una madre protettiva e, da imperatore, si proclamava figlio della dea, utilizzandone il culto per affermare la sua grandezza. Insomma, ritenendosi un “dominus et deus”,egli aspirava ad essere “grande” come i faraoni.
Nel I sec. d.C., Benevento è una città centrale a livello commerciale, nodo nevralgico tra Brindisi e Roma. Ecco perché è in questo luogo, crocevia dei due mondi, che Domiziano decide di erigere un grande tempio dedicato alla dea, un tempio grande come quello di Campo Marzio.
In questa città il culto di Iside già esisteva ma lui lo afferma in modo grandioso: l’Iseo che costruisce a Benevento è faraonico, costruito con materiali portati direttamente dall’Egitto, con manodopera ed artisti egiziani.
Il tempio non è mai stato rinvenuto (si pensa sia sepolto sotto la cattedrale della città), mentre sono stati ritrovati tantissimi reperti, sfingi, falchi Horus, colonne, vasi, sacerdoti con il vaso canopo e con il sistro e due obelischi, nonché il bue Apis (anche se, pare, che questa statua sia di età più tarda).
I reperti sono attualmente collocati presso il Museo ARCOS, mentre gli obelischi si trovano: uno nella piazzetta della Chiesa di Santa Sofia (terminata intorno al 760 da Arechi II, principe longobardo), ed un altro al Museo.
Una curiosità: pare che le colonne in granito rosa che sostengono la volta della bellissima Cattedrale di Santa Sofia (patrimonio UNESCO) facciano parte proprio del mai rinvenuto tempio di Iside in quanto i Longobardi, che giunsero secoli dopo a Benevento, fecero riuso degli oggetti e dei materiali della civiltà romana ed egizia.
Insomma, secondo gli studiosi, a Benevento, ad un certo punto, c’erano ben tre santuari dedicati adIside: un tempio dedicato a Iside Pelagia, in stile ellenistico forse del I sec. a.C.; il tempio di “Iside Signora di Benevento”, di epoca domizianea in puro stile egiziano; un tempio dedicato a Osiride-Canopo e Iside- Menouthis, di epoca successiva a Domiziano.
L’Iseo sannita, dunque, può essere considerato il punto di partenza da cui si snoda il legame tra ladea egizia con la Madonna delle Grazie e con le “janare” di Benevento.
La Grande Iside e Maria, madre di Gesù
La storia ci racconta che con l’editto di Costantino (313 d.C.) iniziarono le persecuzioni nei confronti dei culti pagani e, con l’editto di Tessalonica (380 d.C.), Teodosio proclamò religione di Stato il Cristianesimo, proibendo tutti gli altri culti. Iniziò così una vera persecuzione del paganesimo, con la distruzione di molti templi e l’uccisione dei fedeli.
Nel 423 Teodosio II dichiarò che tutte le religioni pagane erano “culto del demonio” e nel 436, con il Concilio di Efeso, i vescovi cristiani decretarono di attribuire a Maria, madre di Gesù, gli appellativi che erano stati della Grande Iside. Il titolo di “Theotòkos” (Madre di Dio), di cui si fregiava Iside, passò a MariaMaddalena e, all’iconografia della madre che allatta che fu di Iside con Horus, viene sostituita la
Vergine col Bambino.
I templi isiaci, poi, furono trasformati in basiliche cristiane. Le statue e le immagini del tempiovennero distrutte o private della testa e dei riferimenti sacri. Ne sono testimonianza i reperti ritrovati a Benevento, quasi tutti acefali.
Nella chiesa della Madonna delle Grazie, a Benevento, è conservata una splendida scultura quattrocentesca della Madonna a seno scoperto, con il figlio in braccio.
Iside la “grande di magia” e le “janare” di Benevento
“Unguento, unguento
Portami al noce di Benevento
Sopra l’acqua e sopra il vento
E sopra ogni altro maltempo”
Tra i reperti ascrivibili al tempio di Iside di Benevento c’è la cosiddetta “cista mystica” in porfido rosso con, a rilievo, un serpente che si morde la coda. In questo contenitore, originariamente di vimini, secondo Apuleio (ne “Le Metamorfosi”) si nascondevano i misteri della “sublime religione”.
Dall’Iseo, proviene anche un affresco in cui è raffigurata Iside, della quale purtroppo si è conservata solo la testa, dei serpenti con copricapo hathorico e un albero intorno al quale è attorcigliato un serpente.
L’immagine di Iside con il serpente apre il grande capitolo della stregoneria a Benevento, cheaffonda le sue origini nel periodo longobardo della città.
I barbari, di origine germanica, pur dimorando da molti anni nella città (Zottone la conquista nel571), hanno conservato a lungo i propri rituali di origine celtica che prevedevano cerimonie ebanchetti funebri con falò, danze sfrenate e sacrifici di animali compiuti di notte intorno ad unalbero ritenuto sacro.
In particolare, essi si esercitavano, di notte, tentando di colpire con una lanciale pelli di un animale sistemate sull’albero di noce e, nel farlo, urlavano smodatamente.
Secondo la leggenda, narrata in Vita sancti Barbati episcopi Beneventani (testo anonimo del IX- X secolo), la conversione dei Longobardi avvenne ad opera di San Barbato, vescovo di Benevento, il quale, in cambio del suo aiuto contro l’imperatore d’Oriente Costante II che rivendicava quelle terre, pose come condizione al duca longobardo Romualdo la conversione al cristianesimo.
Fu il protomedico beneventano, Pietro Piperno, nel racconto De nuce maga beneventana (1639), ad associare l’albero dei riti al noce della leggenda delle streghe. L’albero fu identificato con il noce facendo riferimento, probabilmente, ad una falsa etimologia che ne faceva derivare il nome dal verbo latino noceo (nuocere).
Gli oscuri rituali notturni praticati dai longobardi intorno all’albero di noce si sovrapponevano ai riti praticati nei boschi, in età romana e preromana, in onore delle dee Diana ed Ecate, entrambe messe in relazione con la luna e le selve.
La dea Jana, probabilmente preromana, è una figura associata alla Diana classica, divinità collegata alla luce lunare e considerata protettrice delle acque, dei boschi e delle belve notturne.
Jana, inoltre,come controparte femminile di Janus (Giano), divinità bifronte legata alle porte, rimanda al concetto di passaggio. Una delle caratteristiche principali delle streghe è, infatti, quella di avere capacità di comunicazione sia con il mondo terreno che con quello ultraterreno e infero.
La figura della janara, la strega per antonomasia del beneventano, potrebbe derivare proprio da questi antichi rituali e da un sincretismo tra la Diana classica e la Jana preromana.
La janara, ovvero seguace di Diana/Jana, è una figura ibrida, molto simile alla strega, ma caratterizzata dalla duplicità dei suoi comportamenti, a volte positivi e altre volte malvagi e distruttivi.
Mariuccia Bacco, personaggio leggendario ancora presente nel substrato culturale di alcuni paesi del territorio del Sannio beneventano (a cui ho dedicato un racconto inserito nel mio libro “Dodicinote-Storie di donne e musica”) è la personificazione di una janara buona, che usa le sue artimagiche per aiutare le donne vittime di violenza.
Mariuccia, come tutte le janare, ha una consolidata esperienza nella scelta delle erbe che conosce molto bene e che usa per curare o avvelenare.
Mescolando aconito e belladonna, le streghe di Benevento hanno operato rituali e incantesimi che le hanno rese immortali.
Perché, se non lo sapete, ancora oggi “sott’acqua e sott’o viento/ sott’a noce ‘e Beneviento” si radunano donne indomite e combattive, affatto timorose dei tribunali degli uomini, pronte ad affermarsi in ogni campo, da quello personale a quello professionale.