“Storia di una donna che fa le liste”

di Tatiana Mazzotta Malme

Amo fare le liste, le liste significano ordine, significano mettere le idee bene infilate una dietro l’altra e Dio solo sa se non abbiamo bisogno di avere le idee messe a posto.

Ho una lista di cose che mi fanno sorridere, mi mettono di buonumore.

Se sono in giro per strada e vedo un cane, sorrido automaticamente al proprietario, sorrido al cane e cerco in qualche modo di dargli una carezza per salutarlo.

Di solito il cane mi annusa perché ho addosso l’odore dei miei e io regolarmente dico: “eh, sì, lo so che senti un buon odorino”, gesto insignificante ma che non posso evitare di fare.

Mi piace il cibo cinese, quello standard, che si trova in tutti i ristoranti in occidente, con il riso alla cantonese appiccicoso e gli involtini primavera, il pollo con le mandorle e la banana fritta.

Mi piace la musica di sottofondo e anche i camerieri che di solito non parlano la lingua del posto.

Ogni tanto provo a cucinare le stesse cose a casa ma non riesco mai ad ottenere gli stessi risultati.

Mi piace dare indicazioni ai turisti per strada: se vedo qualcuno con
una cartina in mano mi fermo e chiedo se hanno bisogno di aiuto.

Vado in giro con gli auricolari e ascolto musica ad un volume pazzesco da diventare sorda, mi piace estraniarmi dal resto del mondo, ogni tanto rischiando di finire sotto ad un’auto.

Ho scoperto che posso comprare cose semi inutili su internet che costano poco, così soddisfo la mia voglia di fare shopping senza sentirmi in colpa per aver speso troppi soldi.

Mi piace andare in campeggio, mi ricorda i miei genitori e le vacanze che facevamo insieme.

Adoro svegliarmi al mattino con i miei due cani nel letto che mi salutano e cominciano sempre con gioia la giornata: mi fanno partire con il piede giusto, anche se fuori piove oppure ho mal di schiena.

Sono grandi motivatori.

Ho la lacrima facile di commozione quando vedo un italiano su un qualsiasi podio che canta l’inno nazionale, anche fosse dei campionati mondiali di
tresette.

Piango guardando i film drammatici dove qualcuno muore, specialmente di malattia.

Amo i film che hanno personaggi non belli nel senso canonico del termine ma con un grande carattere, come quelli di Almodovar o di Fellini, per intenderci.

Piango quando scrivo una dedica commovente a qualcuno e la rileggo, è una cosa che mi piace fare, forse è una forma di masochismo: mi piace che la persona in questione sappia che tocca le mie corde più sensibili.

Non mi piace la gente che si approfitta di me ma non sono capace a dire no, sono sempre disponibile a dare una mano anche quando so che stanno usando il mio tempo per fare qualcosa di futile.

Ho il terrore dei rettili, divento antipatica e scontrosa anche solo se qualcuno ne parla.

Sono attratta dall’Oriente ma non ho mai provato ad andarci in vacanza perché mi piace il cibo cinese ma so che non troverei lo stesso e devo sapere cosa mi metto in bocca; ho paura di poter mangiare zuppe strane con qualche cosa che mi fa senso anche solo pensare.

Non mi piace il pesce, tutto quello che è interiora degli animali, dai polmoni al fegato passando per la lingua o il cervelletto, moto apprezzati da tanti: è di sicuro un mio limite.

Provo un senso di vergogna quando sento qualcuno che tratta male qualcun altro.

Mi sembra di essere impotente se non riesco ad aiutare e spesso non è possibile farlo.

Ho un’avversione crescente per le persone che su internet vengono definite
HATERS: mi fanno paura, l’aggressione verbale mi atterrisce.

Ho paura del dentista e sono terrorizzata all’idea di tagliarmi, non sono mai stata cucita al pronto soccorso ma credo sia una cosa dolorosissima.

Poi magari non è così tremenda come me la immagino, anche la ceretta brasiliana pensavo fosse impossibile da fare poi alla fine ci sono riuscita senza enormi sofferenze.

Una delle cose che mi fa sudare freddo è trovarmi a fare un errore al lavoro ed essere ripresa dal capo: credo sia una delle cose peggiori che mi possa
succedere: che l’errore sia grande o piccolo il risultato è uguale.

Sento una stretta nelle viscere enorme quando penso ai miei genitori, a quanto mi mancano dopo tutti questi anni, a tutto quello che avrei da dirgli e penso che sia un’ingiustizia enorme che mi siano stati strappati tutti e due così presto, credo che questa rabbia sia impossibile da spiegare.

Ho un’avversione per chi cerca di convincermi che la mia vita potrebbe essere più semplice e divertente di quello che è senza sapere nulla di me.

Non sono una persona che esagera quando descrive quello che fa, se non ci credi sono problemi tuoi, ma non cercare di darmi consigli a meno che tu non ti voglia
mettere nelle mie scarpe da ginnastica e sentire il mio mal di piedi anche solo
per un fine settimana.

Non sopporto la gente che si permette di parlare di persone che hanno un compagno dello stesso sesso in modo denigratorio.

Ho talmente tanti amici che coprono tutta la gamma delle tendenze sessuali che
mi sento in dovere di difendere la loro libertà ad ogni costo.

È proprio uno dei casi in cui mi arrabbio tanto e divento poco elegante.

L’amore non si tocca e la libertà del prossimo anche.

Non ho figli e ho quasi vergogna a dire che non mi manca il non averne.

C’è stato un periodo della mia vita in cui ne ho sofferto ma l’ho superato e adesso penso che forse sia stato meglio così.

Non sopporto la prepotenza e chi ti fa credere di essere meno di quello che sei.