Recensione di Emma Fenu
Storia della nostra scomparsa è un romanzo di Lee Jing Jing edito da Fazi nel 2020.
Donne di conforto, così le chiamavano.
E non provano pena.
E non attribuivano loro rispetto.
Erano colpevoli di essere donne, di essere sole, di essere povere, di essere straniere. E di essere, in qualche modo, sopravvissute.
Donne di conforto, così le chiamavano i soldati giapponesi durante l’invasione di Singapore, ragazzini mandati in guerra come in un gioco, ufficiali che giocavano con le vite umane.
Donne di conforto, così le chiamavano i compaesani, gli uomini che le avevano viste crescere, le amiche d’infanzia, i vicini di casa che abbassavano il tono della voce e sollevavano l’indice verso di loro.
Erano ragazzine rapite dalle famiglie, rinchiuse in case di piacere, scalze e con vestiti con pochi bottoni, costrette a soddisfare 30/ 50 soldati al giorno, esposte alle malattie e alle gravidanze, denutrite, picchiate se osavano ribellarsi, costrette a non parlare fra loro.
Donne di conforto, così le chiamavano per paura e vergogna di dire la verità.
Erano schiave, violate nel corpo e nell’anima, che dovevano solo scomparire dalla memoria collettiva, non essere citate nei libri e nei documentari e non essere ricordate in famiglia.
Private del nome cinese e defraudate dell’identità, erano costrette a non essere nessuno e a cibarsi del silenzio perché la loro storia, intrisa di odio, di brutalità e di disonore, non la voleva conoscere nessuno.
Il disonore era di chi le ha violentate e che, per continuare a vivere, ha addossato loro la colpa, perché la loro scomparsa fosse di conforto come era stata la loro vita, al servizio degli uomini e del potere, senza scelta.
Storia della nostra scomparsa è un romanzo intenso, che rivisita una storia vera e drammatica, ma che non pecca nella tensione narrativa, coinvolgendo il lettore in una vicenda appassionante di agnizione e di ricerca di una verità che da sfumata si fa nitida.
Affrontando la negazione della femminilità e della maternità, Lee Jing Jing riesce davvero a costruire un sistema a scatole cinesi che inizia con tre diverse versioni sulla nascita di una neonata – una fiabesca, una triste e una tragica- e termina con tre diverse versioni, nello stesso climax, sulla sopravvivenza di un neonato.
Quale storia sarà quella vera?
Dovete scegliere di leggere.
E le storie non scompariranno.
Salvatele. Salvatevi.
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Sinossi
Wang Di ha soltanto sedici anni quando viene portata via con la forza dal suo villaggio e dalla sua famiglia.
È poco più che una bambina.
Siamo nel 1942 e le truppe giapponesi hanno invaso Singapore: l’unica soluzione per tenere al sicuro le giovani donne è farle sposare il più presto possibile o farle travestire da uomini.
Ma non sempre basta.
Wang Di viene strappata all’abbraccio del padre e condotta insieme ad altre coetanee in una comfort house, dove viene ridotta a schiava sessuale dei militari giapponesi.
Ha inizio così la sua lenta e radicale scomparsa: la disumanizzazione provocata dalle crudeltà subite da parte dei soldati, l’identificazione con il suo nuovo nome giapponese, il senso di vergogna che non l’abbandonerà mai.
Quanto è alto il costo della sopravvivenza?
Sessant’anni più tardi, nella Singapore di oggi, la vita dell’ormai anziana Wang Di s’incrocia con quella di Kevin, un timido tredicenne determinato a scoprire la verità sulla sua famiglia dopo la sconvolgente confessione della nonna sul letto di morte.
È lui l’unico testimone di quell’estremo, disperato grido d’aiuto, e forse Wang Di lo può aiutare a far luce sulle sue origini.
L’incontro fra la donna e il ragazzino è l’incontro fra due solitudini, due segreti inconfessabili, due lunghissimi silenzi che insieme riescono finalmente a trovare una voce.