“La tenerezza ha viaggiato con me” di Fernanda Graziani Matteucci
“Dedicato a tutte le donne che non avranno mai un nome sui giornali o sui libri di storia ma che continuano ad attraversare con leggerezza le nostre vite”
Sono saliti anche loro alla mia stessa fermata del pullman 63, quello che dalla periferia arriva in pieno centro città. Mezz’ora di viaggio, tanto dura il tragitto, durante il quale la mia co-passeggera mi ha voluto donare una piccola porzione della sua vita.
Alle 10 di mattina i mezzi pubblici sono appannaggio di un variegato contesto umano fatto per lo più di anziani: pensionati borbottosi di solito mandati fuori dai piedi da mogli stanche di lamentele ad libitum. Da cosa si riconoscono? Scendono al primo cantiere della zona dove, mentalmente e col silenzio ritrovato, dirigeranno i lavori di operai contenti di avere un pubblico a sostenerli. Oltre a loro si aggiungono casalinghe con carrello e lista della spesa in cerca di buoni affari al mercato rionale. E, ultime ma non ultime, salgono a bordo le “signore Maria” desiderose di scambiare due parole due con chi si presterà ad ascoltarle.
La mia “signora Maria”, colei che mi ha scelto come auditrice di turno, è piccolina, con occhi di gatto e mani che non smettono un attimo di disegnare nell’aria cerchi e parabole. Mi parla e sorride. Io ascolto e ricambio. Il signore accanto a lei, altrettanto minuto, approva col capo ogni parola della donna, comprese le rare pause prese per prendere respiro, senza mai smettere di sorriderle.
Lei intanto continua a raccontare di una vita come tante altre vite. Semplice e variegata come tutte le altre. La storia, intanto, si sussegue, con lunghi salti temporali attraverso gioie, difficoltà, cambi di condizioni, abbandoni forzati di terre amate e figli venuti su bene e felicemente accasati. La voce si modula a seconda dell’avvenimento narrato: gioiosa o malinconica, più alta o fievole. E mentre la signora continua, io inizio a immaginarli giovani, innamorati e sicuri del futuro che li vedrà sempre insieme. Lei bella come certe donne possono esserlo per il solo fatto di dare e ricevere amore. Tutto in quella ragazza sa di mare: dalle minuscole efelidi che punteggiano il viso dorato dal sole, alla voce che suona di Sud, ai capelli nei quali il maestrale si è divertito a ingarbugliare le ciocche e a imbrigliare sogni che non devono sfuggire. Lui col cielo stellato di Van Gogh negli occhi e la voglia mai doma di abbracciarla e programmare la vita futura.
– Sa signora – mi dice Maria interrompendo le mie fantasie – stiamo andando in clinica per la visita di controllo perché da quando mio marito è stato operato bisogna andare ogni sei mesi. Ora speriamo che il professore che lo ha operato la rimandi tra un anno. Le analisi sono buone. Sa, lo ha operato un luminare. Ce lo ha suggerito nostro figlio. Bravo figlio. Ha fatto tutto lui. – E il sorriso, a questo punto, si estende ad ogni pezzetto del viso.
– Ora però che sta meglio ci godremo lui l’orto ed io il giardino. –
Persino gli assorti passeggeri mettono in stand-by i pensieri nei quali sono immersi e volgono lo sguardo che sa di augurio verso la signora Maria.
In quanto a me, ho faticato a trattenere i lucciconi che erano saliti. Quella situazione la conoscevo bene. Ma la mia non ha avuto l’happy end.
Auguri a voi due, tanti e di cuore, e buon cammino sempre insieme.
Grazie signora Maria, per averla incontrata e per essere entrata nella mia vita.
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