“Cos’è il processo creativo?”
di Serena Pontoriero

 

Vi capita mai di avere un problema e di non riuscire a risolverlo malgrado tutti i vostri sforzi fino a che la soluzione arriva quando meno ve lo aspettate? A me capita spesso di avere delle risposte nel momento in cui sono più inattese: sull’autobus, quando faccio la fila al supermercato o quando lavo i piatti. Tutti momenti in cui il cervello sembra “spento” o, comunque, molto distante dalla domanda che mi afflige.

Mi sono interessata a questo strano fenomeno e ho cercato di capirne l’origine. Ho scoperto che si tratta proprio del processo creativo.

Infatti, secondo Graham Wallas (“The art of Thought”), le fasi del processo creativo sono quattro: preparazione, incubazione, insight e verifica. La preparazione consiste nell’acquisizione di conoscenze o nella presa di coscienza di un problema.

Alle volte accade che le conoscenze che abbiamo appreso non permettano una subitanea risoluzione del problema secondo gli schemi predefiniti o le regole tradizionali. In tale situazione le difficoltà appaiono talmente insuperabili che il problema viene accantonato.

In realtà, tale abbandono avviene solo nella parte cosciente della nostra mente. Quest’inattività è solo apparente perché, invece, ha inizio un processo di elaborazione più profondo e inconsapevole. In questa fase, detta incubazione, deve verificarsi uno dei tre processi che portano all’intuizione (insigh) della soluzione per lo scioglimento del problema:

  1. “codifica selettiva”, ossia saper scegliere tra la gran mole di informazioni che abbiamo reperito durante la preparazione, quelle che sono effettivamente utili alla risoluzione del problema;
  2. “combinazione selettiva”, cioè il saper combinare nella maniera giusta gli elementi già a disposizione;
  3. “confronto selettivo” che consiste nella capacità di confrontare per analogia soluzioni o informazioni acquisite precedentemente con il problema attuale.

Se si verifica almeno uno di questi tre processi si ha l’insight. L’insight è un’intuizione repentina e imprevedibile (l'”illuminazione” di cui parlavo all’inizio e che ci coglie di sorpresa). Essa emerge sempre in seguito a un periodo di latenza, più o meno lungo, ed è inaspettata sia per un eventuale osservatore sia per il pensante stesso.

Questo tipo di intuizione ha dei punti di contatto con il concetto psicoanalitico di “processo primario”, il quale obbedendo al principio di piacere e distaccandosi dal principio di realtà, delle regole logiche e dei parametri temporali, crea situazioni ambigue o incomplete che nel processo creativo danno vita a intuizioni innovative e geniali.

L’ultima fase, quella della verifica, consiste, per l’appunto, nel verificare empiricamente se la soluzione trovata permette l’effettivo scioglimento del problema. 

Alcuni esempi famosi

Molte scoperte hanno avuto bisogno di lunghi periodi incubatori, succeduti da repentini insight per venire alla luce. Per esempio, l’invenzione della stampa da parte di Guttemberg, seguì le quattro fasi di preparazione, incubazione, insight e verifica.

La prima fase coincise per lui con la necessità di stampare la Bibbia a basso costo e con l’acquisizione di conoscenze per riprodurre le lettere dell’alfabeto immergendo dei timbri di legno nell’inchiostro. Guttemberg cercava, però, un modo più rapido di stampa e anche più economico.

Per parecchi mesi non riuscì a risolvere il problema (incubazione), finché un giorno collegò il principio della fusione per il conio delle monete con il torchio per produrre il vino, ed ebbe l’insight: creò la stampa “moderna”. Ovviamente dovette poi verificare l’effettiva funzionalità della sua invenzione.

Un processo analogo viene descritto dal matematico Poincaré nei suoi taccuini, il quale era molto interessato allo studio dei processi cognitivi.

È famoso l’episodio di Caen: egli insegnava in questa città e si imbatté in un problema di cui non riusciva a trovare la soluzione. Un giorno andò in una cittadina vicina per un congresso e proprio mentre stava salendo sulla vettura per fare un giro turistico, ebbe l’intuizione della soluzione del problema che aveva lasciato a Caen.

Tuttavia, egli riferisce di non aver più pensato al problema dal momento del suo allontanamento dall’università. Poiché questo riportato non è l’unico caso in cui Poincaré ebbe l’insight, giunse a ipotizzare l’esistenza di modalità cognitive operanti in parallelo.

Egli era convinto che le invenzioni scaturissero dall’intuizione che descriveva come un “sentire”, un percepire globalmente l’insieme di una problematica con immediatezza. Nei suoi taccuini troviamo, inoltre, un primo abbozzo di ciò che abbiamo chiamato codifica e combinazione selettiva.

Perché ci interessa?

Ovviamente, le quattro fasi del processo creativo non vanno intese in senso scolastico poiché i limiti fra di esse sono fluidi e molto dipende dalla persona, dal suo carattere, dal problema a cui deve trovare una soluzione.

Il processo creativo resta ancora abbastanza misterioso e l’insight, l’illuminazione, non ha ancora finito di far parlare di sé. Per definizione, sfuggente e folgorante, è difficilmente razionalizzabile in un metodo scientifico. E se da una parte si continuerà a studiarlo per “afferrarlo”, la sua aura di mistero continuerà a farci credere che la creatività è il punto in cui il pensiero logico incontra il divino.

Una curiosità etimologica

Il termine incubazione viene dal latino incubatiònem, da incubare (star sopra, covare). L’incubazione aveva, però, anche un significato rituale. Nell’antica Grecia, infatti, le persone gravemente malate si recavano presso Epidauro dove sorgeva il principale santuario di Esculapio, dio della medicina. Il rito dell’incubazione prevedeva che i malati dormissero nel tempio sperando o nell’apparizione del dio o che egli gli rivelasse in sogno la cura per il morbo di cui erano affetti.

Tale culto fu importato a Roma quando si abbatté sulla città una grave epidemia di peste. La leggenda vuole che il Senato romano abbia mandato una delegazione ad Epidauro per ottenere la statua del dio.

Ivi giunti, presero sì la statua ma accadde anche che un serpente, simbolo di Esculapio, salì sulla nave e scese sull’isola Tiberina. Quindi fu lì edificato il tempio in suo onore e venne data all’isola la forma di trireme in memoria dell’accaduto.

Benché il culto di Esculapio sia stato progressivamente abbandonato e il tempio fu distrutto nel medioevo, ancora oggi il simbolo della medicina è un serpente attorcigliato a un bastone (simboli dell’antica divinità, anche nell’iconografia classica) e sull’isola Tiberina sorgono due ospedali.