Storie sbagliate a cura di Ilaria Biondi, Ilaria Negrini, Maria Cristina Sferra
Voce al Mare
Recensione di Elvira Rossi
“Storie sbagliate” AA. VV, a cura di Ilaria Biondi, Ilaria Negrini, Maria Cristina Sferra, Golem Edizioni, si configura come un viaggio all’interno della violenza sulle donne.
Di cosa tratta Storie Sbagliate?
Un’antologia di poesie e racconti nati dalla collaborazione di Ilaria Biondi, Ilaria Negrini, Cristina Sferra, Emma Fenu, Serena Pontoriero, Domizia Moramarco, Silvia Cappelli, scrittrici attente alla storia delle donne e partecipi di varie iniziative culturali per la parità di genere.
“Sfoglio un fiore.
Perduto è il verbo amare.” (Maria Cristina Sferra)
Sulla copertina un tulipano, figurazione dell’amore autentico, perde lo splendore dei colori e si veste di viola in segno di lutto.
Storie di donne ferite nell’animo e nel corpo.
Storie vere ispirate dalla cronaca e riscritte dalle autrici per riflettere e non dimenticare.
“Sono foglia
di figlia
che cade lenta
nell’aria
di vento –“ (Ilaria Biondi)
La Prefazione di Emma Fenu si apre con una sintesi potente delle numerose vite lacerate, perdute e condannate dalla incapacità maschile di trattenere a freno una inclinazione al dominio acquisito da una cultura deviante.
“Tante storie, una sola storia.
Tanti vuoti, buchi nel ventre, un solo vuoto,
un abisso da colmare di parole.” (Emma Fenu)
La realtà prende respiro nella parola scritta e nella parola scritta si travasa il sangue di vite spezzate.
“Il cerchio bianco del cuore
rincorre ignaro la punta dell’alba
dove si schiude
– tremando –
la mia carne sospesa.” (Ilaria Biondi)
Le donne prendono in carico le altre donne e le scrittrici di “Storie sbagliate” prestano la loro penna a una narrazione di vicende, che attraverso un linguaggio asciutto e privo di retorica lasciano trasparire la crudeltà dei femminicidi.
“Sono solo impietrita
dalle botte,
dal sangue,
dalla morsa
della mano
di un uomo.” (Maria Cristina Sferra)
Tutte le donne sono belle, uniche, desiderose di vita come Isabella.
“Chiamami Isa
perché belle lo sono tutte
ma solo io indosso una corona di sangue.” (Emma Fenu)
Una mano omicida arresta i loro passi.
Belle addormentate, mentre sognano di essere svegliate da un bacio d’amore, precipitano in un sonno senza fine.
“Giace
su un letto di petali scarlatti
la piccola addormentata.” (Domizia Moramarco)
Anime trafitte, volti sfigurati, corpi squarciati, respiri soffocati vagano nell’aria alla ricerca di un perché avvolto dal silenzio.
“Storie sbagliate” è un’antologia sorretta da una volontà di trasformazione e in particolare è indirizzata alle donne, affinché possano riconoscere in maniera tempestiva i gesti irriverenti, preludio di tragici epiloghi, perché la violenza non arriva mai improvvisa e inaspettata.
Chi sono gli uomini violenti?
Impossibile riconoscerli, sfuggono a ogni identikit.
Ricco o povero, ignorante o laureato, rispettabile o misero.
Non esistono tratti manifesti che li connotino, immersi come sono in una temibile e terribile normalità.
I carnefici non sono identificabili, sfuggono agli osservatori più smaliziati e persino alle vittime che con loro intrattengono rapporti di fiducia e affetto. Essi indossano vesti di perbenismo e decoro, camminano a testa alta incuranti della melma che celano nel proprio animo.
“Un uomo così rispettato, maturo, attaccato al lavoro,
innamorato di sua moglie che arriva a violentare sua nipote:
deve essere per forza colpa mia.” (Serena Pontoriero)
La donna, una cosa di scarso valore, una nullità, una provocatrice, una complice.
Lei lo ha deluso, disobbedito, irritato, provocato, eccitato, meritava una punizione.
Le coscienze criminali trovando la via per assolversi colpiscono la vittima in maniera ancora più feroce.
Da questa sottospecie di uomini, spietati artefici di reati, la parola rispetto è stata azzerata.
La donna è un oggetto che va posseduto, figlia, moglie, amante, nipote, una proprietà privata di cui si può disporre a piacimento.
“Sono suo marito, so cosa faccio.” (Domizia Moramarco)
E non si dica che “lui” sia malato.
Per il tiranno, il criminale, l’omicida, il carnefice non può esistere nessuna attenuante, c’è spazio solo per il disprezzo e l’esclusione, affinché “lui”non possa tornare a colpire.
Incapace di riconoscere il male inflitto, non chiede mai perdono.
I gesti che “lui” compie sono lucidi, architettati, ripetuti e mai associati a un senso di colpa e di rado le pene che la Giustizia commina sono adeguate.
I personaggi di “Storie sbagliate” sono tradotti in simboli della vile violenza, esercitata in una varietà di contesti dai quali proviene la conferma che il rischio non nasce dal “dove” una donna si trovi.
Non esiste uno spazio fisico e geografico che possa mettere la donna al riparo assoluto dalla violenza psicologica e fisica.
Le narrazioni ci conducono sia in luoghi aperti che chiusi e molti misfatti avvengono proprio dove ogni essere umano crede di trovare protezione.
“Fa freddo nel mio regno di ghiaccio.
Sono piccola, tanto piccola.
Troppo piccola.
E papà è grande, tanto grande.
Troppo grande.
E mamma sorride, un sorriso grande.
Troppo grande” (Maria Cristina Sferra)
Un parco, una strada, un luogo di lavoro, una casa variano lo scenario lasciando immutata la natura della tragedia.
Il pericolo non viene dall’ombra e dalle strade solitarie, la minaccia si annida nello spazio interiore dell’uomo e nella sua incapacità di frenare l’aggressività.
Incontri occasionali, legami di sangue, rapporti amorevoli si pareggiano.
La barbarie non seleziona, non discrimina, agisce là dove l’assenza di rispetto per la diversità si esprime nella forma più devastante.
È difficile stabilire una gerarchia tra le numerose nefandezze.
“Storie sbagliate” ci introduce in una galleria lunga e diversificata di azioni ripugnanti:
– Donne complici, che senza opporsi a un costume primitivo, favoriscono la mutilazione delle proprie bambine.
– Madri che con il silenzio nascondono l’orrore di bambine abusate in famiglia.
– Figli che assistono all’assassinio della propria madre.
– Mogli strangolate perché si ribellano alle vessazioni quotidiane.
– “Madames” impietose che scaricano la propria rabbia su creature inermi.
Solo un viaggio senza ritorno restituisce la libertà negata a molte delle protagoniste di “Storie sbagliate”
“Sto volando, non verso l’alto, lo so che sto solo cadendo, ma
ora sono libera.
Mi ha liberata dopo avermi uccisa ogni giorno. Ero già morta
da mesi ormai.
Forse la mia vera vita deve ancora incominciare” (Ilaria Negrini)
Una vicenda particolare allude a una forma impalpabile ma non meno reale di una violenza costruita da una ottusa collettività e diviene espressione di una società che con i suoi ritmi e i suoi modelli stritola la mente, trasformando gli esseri umani in robot.
Le donne sono le prime vittime di questo sistema che a loro impone una molteplicità di obblighi fraintendendo il concetto di parità, mentre sarebbero richiesti un ripensamento dei ruoli e una rimodulazione di una rete di sostegno.
E da quel meccanismo che si inceppa arriva la più triste e pietosa delle rappresentazioni.
La potenza espressiva delle parole produce onde sonore che trascinano il lettore in una tempesta di emozioni.
Perché leggere Storie Sbagliate?
In Storie sbagliate i testi narrativi e i testi poetici sono anelli della stessa catena, tappe dello stesso itinerario, suoni della stessa sinfonia.
La poesia non possiede il potere di zittire la volgarità distruttiva della violenza, tuttavia l’intensità delle parole e l’armonia dei versi elevano la nostra immaginazione e ci trasferiscono nel mondo rarefatto dell’arte, donandoci la speranza che il male un giorno possa essere sconfitto dai buoni sentimenti.
“Scarpette magiche: conducetemi lontano! Scarpette magiche: fatemi
arrivare oltre l’arcobaleno, inizierò dal rosso per poi assaggiare
tutti i colori!” (Emma Fenu)
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Sinossi
Il titolo Storie sbagliate rinvia alla “deviazione di rotta” dolorosa, lacerante quando non mortifera che subisce l’esistenza dei protagonisti di ogni storia.
Storie di violenza psicologica e fisica, declinata in molteplici e aberranti modalità: donne uccise da un maschio dominante, bambine vittime di violenza domestica, giovani figure trattate come meri oggetti sessuali dal branco, che le molesta e le viola, bambine mutilate nella loro femminilità e innocenza, ragazzine costrette a subire indicibili angherie e violenze da donne che le considerano loro proprietà, donne nient’affatto tutelate nei loro diritti alla maternità, vessate da un ambiente lavorativo.
Titolo: Storie Sbagliate
Autori: antologia di AA.VV, a cura di Ilaria Biondi, Ilaria Negrini, Maria Cristina Sferra
Casa editrice: Golem