Le due mogli di Manzoni di Marina Marazza
Recensione di Sabrina Corti
Voce alla Storia
Le due mogli di Manzoni è un romanzo storico biografico di Marina Marazza edito da Solferino nel 2022.
Di cosa parla “Le due moglie di Manzoni”?
É noto che Manzoni ebbe due mogli: Enrichetta Blondel e Teresa Borri Stampa.
Quando inizia il romanzo, Enrichetta Blondel è sul letto di morte o, meglio, è già morta.
Alessandro Manzoni non solo è affranto ma è impazzito dal dolore. Crede di non poter sopravvivere alla morte della moglie: di colei che gli ha dato numerosi figli (Enrichetta ebbe quindici gravidanze): di una donna pia, laboriosa, mite, con gli occhi bassi, conciliante, pacata, silenziosa.
Quando Enrichetta Blondel muore, Alessandro Manzoni ha già scritto “I promessi sposi” ed è famosissimo. La sua casa di via del Morone a Milano è salotto per letterati, politici, artisti. Direttrice d’orchestra di questo salotto letterario è Giulia Beccaria, la madre di Manzoni.
Teresa Borri Stampa è una giovane vedova milanese, con un figlio (Stefano). É una donna colta, simpatica, eclettica, estroversa e decisamente ricca.
Il romanzo “Le due mogli di Manzoni” è narrato prima persona dalla seconda moglie: Teresa Borri Stampa.
Personalmente ho provato un’istintiva simpatia per questa donna.
Teresa è l’opposto di Enrichetta: ama follemente suo marito ma gli tiene testa e, soprattutto, tiene testa a Giulia Beccaria un pezzo di suocera che, oltretutto, vive in casa con loro.
Teresa è innamorata di Alessandro Manzoni ancora prima di conoscerlo: prima che dell’uomo, si innamora del romanzo.
Ma i due non si conoscono. O, meglio, Alessandro non conosce Teresa. Serve un sensale per mettere insieme questi due vedovi.
E qui, entra in scena il mio personaggio preferito su tutti: Tommaso Grossi.
Tommaso Grossi è innamorato di Teresa e ci scappa pure la scenetta “hot” se non fosse che sul più bello Teresa tradisce i suoi sentimenti e Tommaso capisce che il suo cuore batte per don Lisander (come veniva chiamato Manzoni dai milanesi).
In ogni caso, come storia ci insegna, Alessandro e Teresa si sposano.
Con la solita maestria, Marina Marazza, “riporta a livello” i personaggi famosi che l’arte e la storia hanno elevato a semidei.
Manzoni non era un mostro di simpatia, non era neppure un gran oratore (soffriva di balbuzie), era tendenzialmente un ignavo (in un’epoca dove tutto si poteva fare, tranne che non schierarsi), era anaffettivo e, per usare una frase proprio cara allo stesso Manzoni,
non era nato con un cuor di leone
oltre a ciò, era legatissimo alla madre Giulia, il che non sarebbe stato certamente un male, se non fosse che Giulia Beccaria era invadente come uno spicchio d’aglio nella cioccolata e faceva continuamente paragoni tra le due mogli di Manzoni.
Tra l’altro, Giulia Beccaria, era di un bigottismo estremo. Che a me starebbe pure bene, se avesse condotto una vita irreprensibile da un punto di vista sentimentale.
Ma la vita piuttosto dissoluta di Giulia Beccaria in gioventù, come sappiamo, era nota anche all’epoca.
Senza voler contare che Giulia aveva lasciato a Milano il figlio Alessandro con quel cornuto di marito che lo aveva cresciuto sapendo bene che non era figlio suo, mentre la madre era Parigi a discorrere di illuminismo.
Quindi, tornando a noi, Teresa Borri Stampa Manzoni vive in una casa con un marito “tiepido” (ma non sotto le lenzuola ove, pare, fosse accesissimo) una suocera quantomeno indiscreta e prepotente, una serie di figli di primo letto dai diciotto ai quattro anni.
Peraltro, alcuni figli del Manzoni erano una fucina di grattacapi, molto lontani dalla figura di figlio modello (ammesso che esista un figlio modello) e fu proprio Teresa a cercare di mantenere saldo il rapporto tra padre e figli,
Casa Manzoni è una casa piena di artisti, letterati, patrioti, pittori, giornalisti.
Teresa Borri Stampa ci racconta di questa casa, dell’uomo Manzoni, delle disgrazie che colpirono la famiglia Manzoni (e furono tante), delle difficoltà economiche (Manzoni era benestante soprattutto perché era la madre, Giulia Beccaria, a ricevere una ricca pensione) delle amicizie perse e ritrovate.
Teresa ci racconta di un’Italia nel pieno del Risorgimento, delle cinque giornate di Milano, delle persone (povere, ricche, nobili, contadini,…) che combatterono contro gli austriaci.
Il romanzo si chiude con la morte di Teresa, che termina quindi la narrazione.
Perchè leggere “Le due mogli di Manzoni”?
Dimenticate “I promessi sposi”, gli “Inni”, l’Adelchi e compagnia cantante.
Questa è la storia di una famiglia e di una parte di storia d’Italia.
Marina Marazza è abilissima nel trasportare il lettore nel tempo e nello spazio.
Ho camminato nella Milano delle cinque giornate, mi sono invaghita di Tommaso Grossi, ho provato una certa rabbia nei confronti di Cesare Cantù (un hater, come diremmo oggi), ho passeggiato per Arcellasco d’Erba nell’ottocento scoprendo che ancora oggi Arcellasco d’Erba (dove faccio le mie camminate passando tra i boschi sopra casa) è rimasta immutata da allora, con la sua bella villa Torricella, dove visse e soggiornò Manzoni.
Perché il romanzo si chiama “Le due mogli di Manzoni”, quando, in realtà, nelle prime pagine la prima moglie è già morta?
Perché Marina Marazza, nel dare voce a Teresa Borri Stampa fa rivivere il ricordo di Enrichetta Blondel, forse la donna davvero amata da Manzoni (pur coi suoi limiti), così diversa dalla seconda moglie ma mai denigrata da quest’ultima che, anzi, voleva che ne venisse preservata la memoria.
Tutto il romanzo è basato su fatti veri. Sono pochissime le licenze narrative.
É la stessa Marina Marazza, al termine del romanzo, a confessare che non ha dovuto inventare granché.
La famiglia Manzoni ha sempre scritto moltissimo, lasciando una fonte storica documentale consistente.
Le due mogli di Manzoni è un romanzo di oltre cinquecento pagine che non ho faticato a leggere. Lo lasciavo ogni volta curiosa di riprenderlo per rientrare in quella casa, in quei luoghi che mi sono in parte famigliari. E mi è spiaciuto terminarlo.
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Sinossi
Teresa non si sarebbe mai aspettata di innamorarsi di Alessandro Manzoni ancora prima di incontrarlo di persona. Eppure, non è tipo da perdere la testa facilmente: è una giovane vedova benestante con un figlio, una posizione sociale, una cultura che le permette di brillare nei salotti della Milano ottocentesca. Così quando anche lui rimane vedovo della prima moglie Enrichetta, stroncata dall’ennesima gravidanza, un amico devoto combina un incontro galeotto durante una prima della Scala. Le nozze si celebrano nel gennaio del 1837 ed è un matrimonio fin da subito pieno di passione, ma Teresa si ritrova matrigna di sette difficili figli di primo letto, nuora di una suocera impossibile e moglie di un uomo assai diverso da quello che si aspettava: pieno di nevrosi, problematico e incapace di amare. Un anno dopo l’altro, una delusione dopo l’altra, mentre intorno si compiono gli avventurosi destini dell’Italia da unificare, persino il sentimento forte che la lega ad Alessandro rischia di vacillare. La voce di Teresa che racconta la sua storia è la voce di ogni donna che ama troppo e queste pagine, impeccabili nella ricostruzione storica, trasportano la sua vicenda nella dimensione universale dell’amore che esalta ma che può anche distruggere. Manzoni, svelato in una luce intima e nuova, scende dal piedistallo e ci appare umano, con le sue tenerezze e le sue miserie. Così che in questo romanzo si incontrano e si riconoscono, come in una vertigine, il tempo dei protagonisti e il nostro, la vita e la letteratura.
Titolo: Le due mogli di Manzoni
Autore: Marina Marazza
Editore: Solferino, 2022