La matta di piazza Giudia di Gaetano Petraglia

Voce all’Arte

Recensione di Paola Treu

La matta di piazza Giudia. Storia e memoria dell’ebrea romana Elena Di Porto, è un saggio di Gaetano Petraglia pubblicato dalla casa editrice Giuntina nel 2022.

L’autore, oltre a essere funzionario archivista presso l’Archivio Centrale dello Stato, si dedica anche alla ricerca storica.

Di cosa tratta La matta di piazza Giudia?

La matta di piazza Giudia” ricostruisce la vita poco nota di Elena Di Porto, grazie a un’accurata e approfondita analisi dei documenti, delle fonti scritte, delle testimonianze orali e delle fotografie, alcuni dei quali ritroviamo nella preziosa appendice.

Elena, ebrea nata a Roma nel 1912, è ricordata per il carattere difficile, irruente, indipendente, dagli atteggiamenti liberi e spregiudicati, troppo per gli standard dell’epoca. Una femminista anti litteram.

Si impone per le sue spalle forti e la sua personalità ribelle, sempre pronta a gettarsi nella lotta, a sacrificarsi per gli altri.

“Elena era una ragazza piccola di statura e dalla corporatura forte e robusta. Aveva grandi occhi scuri, delineati da lunghe e folte sopracciglia, il naso regolare e largo, le labbra piene. Tanti capelli, ricci e crespi, incorniciavano il viso allungato, di un colorito bruno.”

Il suo comportamento impetuoso l’ha portata a essere spesso segnalata, per aver provocato situazioni ingestibili, fino a venire più volte ricoverata nel manicomio di Santa Maria della Pietà, a Roma.

“E fu così che anche nel caso della <<pericolosa>> Elena Di Porto, internata a quindici anni e mezzo (la prima volta) sulla base di una procedura d’urgenza che avrebbe dovuto costituire un’eccezione, ma che divenne subito la regola.

Nei confronti delle donne, più in particolare, si operò una vera e propria ghettizzazione attraverso le fattispecie cliniche della <<pazza morale>> e della <<degenerata>>, modelli pseudo-scientifici di malata mentale costruiti su una presunta naturale inclinazione all’inferiorità della donna rispetto all’uomo, sulla sua innata tendenza all’immoralità, sulla femminilità considerata perversione. La degenerazione di Elena, e delle altre, risiedeva, in definitiva, nel loro essere donne.>>

Da qui nasce l’infamante soprannome di “la matta”. Ma, Elena matta non lo era affatto. Era solo un’etichetta, per isolare, spaventare, fermare la sua volontà indomita e mettere a tacere la sua voce, che non aveva paura di dire la propria. Perché questa donna era davvero un punto di riferimento per la sua comunità.

“Ero piccola a quell’epoca, non c’avevo neanche dodici anni. Non è che eravamo amiche, la incontravo qualche volta al Portico d’Ottavia… ma non era matta, è che diceva le cose che doveva dire, ha capito? Non era matta, porella, se ti doveva dire ‘na cosa te la diceva in faccia, se ti doveva mandare a quel paese ti ci mandava… non era matta, capito? Era talmente spontanea… Non riesco a trovare le parole. Era molto conosciuta al Portico… se le davi fastidio…era molto amica de’ tutti però se ti ci doveva mandare te ce mandava.”

Elena aveva un animo generoso, sempre pronta a intervenire in soccorso dei deboli, degli emarginati, emarginata lei stessa. Antifascista, ha fatto sua la battaglia contro soprusi, ingiustizia sociale e persecuzione razziale, difendendo più i suoi correligionari che sé stessa. Combatteva con coraggio ma soprattutto con sfrontatezza e alla fine le è costata cara.

Per l’ennesimo intervento in soccorso di un uomo anziano nel ghetto, infatti, viene nuovamente denunciata, schedata definitivamente come soggetto antifascista e pericoloso e, infine, inviata all’internamento. Per tre lunghi anni sarà confinata in vari paesi della Basilicata, dove troverà grande spirito di ospitalità, ma senza avere più contatti con la sua famiglia e i suoi due figli. E qui il ricordo a Carlo Levi scatta spontaneo, confinato anch’egli qualche anno prima nel paese lucano di Aliano.

Il ritorno a Roma, nell’agosto del 1943, segna l’ultimo periodo della storia di Elena. I giorni corrono veloci a quel tragico 16 ottobre, data della terribile retata degli ebrei del ghetto, per mano nazifascista.

“<<Credetemi! Scappate vi dico>>, supplicava la donna. <<Vi giuro che è la verità! Sulla testa dei miei figli!>>”

A gridare, all’alba di quel maledetto 16 ottobre, è Celeste, la donna di nero vestita e scarmigliata nel libro di Giacomo Debenedetti “16 ottobre 1943”, che assomiglia molto alla nostra Elena e ripresa da Elsa Morante ne “La Storia” col nome di Vilma. Ma, come una novella Cassandra, nessuno nel ghetto le crede.

L’autore si chiede se non sia proprio Elena la figura che ha ispirato Debenedetti per il suo personaggio; molti ebrei romani sono pronti a giurarlo, il ricordo è ancora vivo nei racconti dei sopravvissuti. Petraglia dedica pagine interessanti al confronto tra le due donne e la convinzione che si tratti della nostra “Elenuccia la matta” è molto forte, dal momento che il libro di Debenedetti non è un romanzo, ma una cronaca di fatti veri e con personaggi realmente esistiti.

Ci sarebbe molto altro da dire su Elena Di Porto, ma mi fermo qui e lascio a voi la curiosità e il piacere di conoscerla e ammirarla.

Solo ancora una cosa vi dirò: la vicenda umana di Elena termina proprio quel fatidico 16 ottobre, quando, sfuggita alla cattura, sceglie di salire volontariamente su un camion destinato ad Auschwitz. Un ultimo, il più grande, sacrificio di Elena “la matta”, che matta non era.

Perché leggere La matta di piazza Giudia?

Perché è un libro importante, che restituisce corpo e anima a una donna straordinaria, di profonda umanità, per troppo tempo dimenticata o addirittura sconosciuta. Figura emblematica, quasi eroica, quella di Elena Di Porto, “paladina degli ebrei di piazza”, ma non solo.

A Gaetano Petraglia va il pregio, con questo testo, di aver fatto omaggio di una Stolpersteine, una pietra d’inciampo, a Elena, per tenerne doverosamente viva la memoria. Allora, invito anche voi a “inciampare”, credendo e augurandomi che, una volta conosciuta, la storia di Elena non lasci indifferente nemmeno voi.

https://www.ibs.it/matta-di-piazza-giudia-storia-libro-gaetano-petraglia/e/9788880579649

Sinossi

Elena Di Porto non era affatto matta. Nata nel 1912 nell’antico Ghetto di Roma da un’umile famiglia ebraica, Elena era una donna dal carattere singolare e ribelle, profondamente anticonformista.

Separata dal marito, indipendente, femminista ante litteram, antifascista convinta e temeraria, poco disposta ad accettare passivamente ogni forma di sopruso, nei suoi confronti ma anche – e soprattutto – nei confronti degli altri.

Gaetano Petraglia, attraverso documenti d’archivio inediti e testimonianze orali, ricostruisce con precisione la vita di questa donna straordinaria, protagonista di una solitaria battaglia di resistenza personale contro l’emarginazione sociale, le angherie del regime e la persecuzione razziale: dalla giovinezza nel Ghetto, dove divenne presto figura nota e quasi mitica, ai reiterati ricoveri nell’Ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà; dagli scontri con le squadracce fasciste nel tentativo di difendere gli ebrei dall’ennesima violenza, all’esperienza alienante del confino in varie località della Basilicata; dal ruolo, divenuto presto leggendario, giocato da Elena durante l’occupazione nazista della Capitale e il rastrellamento del 16 ottobre 1943, fino all’ultimo disperato atto d’amore che le costerà la deportazione ad Auschwitz, e quindi la morte.

“La matta di piazza Giudia” è una biografia necessaria e commovente che restituisce alla nostra memoria collettiva una figura eroica, una donna che merita di essere inserita tra i grandi protagonisti dell’antifascismo italiano e tra le pioniere del femminismo, un archetipo di indipendenza, coraggio e infinita umanità.
Titolo: La matta di piazza Giudia. Storia e memoria dell’ebra romana Elena Di Porto.
Autore: Gaetano Petraglia
Casa Editrice Giuntina, 2022