“L’isola di Arturo” di Elsa Morante

recensione di Emma Fenu

isola

Uno dei miei primi vanti era stato il mio nome.

Avevo presto imparato (fu lui, mi sembra, il primo ad informarmene), che Arturo è una stella: la luce più rapida e radiosa della figura di Boote, nel cielo boreale!

E che inoltre questo nome fu portato da un re dell’antichità, comandante a una schiera di fedeli: i quali erano tutti eroi, come il loro re stesso, e dal loro re trattati alla pari, come fratelli”.

Nel romanzo viene narrato, in prima persona, il percorso di crescita di Arturo, orfano di madre, che trascorre l’infanzia e l’adolescenza nell’incantevole e selvaggia isola di Procida.

Essa  è per lui ventre materno, in gradi di proteggerlo e lo nutrirlo, tenendolo, però, all’oscuro dal mondo esterno.

Il padre, invece, assume il ruolo di un eroe mitico, dalla presenza non costante ma decisiva, che pare balzato fuori dai racconti avventurosi che tanto appassionano il fanciullo.

Un giorno, nella vita di Arturo, fa il suo ingresso una donna, la nuova moglie del padre, per il quale il ragazzo nutre un ingestibile sentimento di odio-amore.

La situazione si complica con l’arrivo del fratellino: i gesti di tenerezza e i baci che il piccolo riceve, fanno riflettere il ragazzo sulla sua menomazione affettiva.

Dalle altre femmine, uno può salvarsi, può scoraggiare il loro amore; ma dalla madre chi ti salva?”.

Per richiamare l’attenzione della matrigna, Arturo simula un suicidio, assumendo molte pillole di sonnifero, ma, avendo sottovalutato il rischio a cui si è esposto, si salva miracolosamente grazie alle cure della matrigna.

In seguito a tale sequenza di eventi, il ragazzo bacia la donna sulla bocca.

Quest’ultima lo respinge, ma si trova, poi, a fronteggiare un complesso bellum intestinum.

Non procedo nell’enunciazione della trama, perché la parte più avvincente e densa di significato è proprio quella che segue a quanto ho, sinteticamente, accennato.

L’ isola di Arturo è un percorso di iniziazione alla vita adulta, di presa di coscienza della propria identità sessuale, di superamento delle certezze immaginifiche dell’infanzia, di evoluzione del rapporto con le figure genitoriali e di irruzione violenta della realtà in un mondo creato dalla fantasia.

C’è un mucchio di gente, che, appena nasce, si prende paura, e rimane sempre con la paura di tutte le cose!”.

Il protagonista viene, pertanto, partorito una seconda volta.

Spezzato il cordone ombelicale con l’isola, il ragazzo emerge da un antro oscuro verso la luce, che squarcia l’ignoranza, e si immette, così, in un tempo precisato e non più mitico.

Ne L’ isola di Arturo, dunque, si rinviene non solo la storia personale di un uomo, ma soprattutto la Storia dell’Uomo, ossia l’esigenza impellente di una scelta di coraggio, per affrontare un mare incognito e burrascoso, che è la Vita.

Il giorno che ogni uomo avrà il cuore valoroso e pieno d’onore […] la gente non saprà più che farsene, allora, dei re. Perché ogni uomo, sarà re di se stesso!”.

Titolo: “L’isola di Arturo”
Autore: Elsa Morante
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