“La ragazza che levita” di Barbara Comyns

Recensione di Piera Nascimbene

Barbara Comyns, autrice del novecento, ha saputo ricreare nel suo romanzo le atmosfere gotiche di alcuni scritti di Poe. La realtà è manipolata a favore dell’irreale e i personaggi sono esseri con strane anomalie cattive o clownesche.

La vicenda viene raccontata in prima persona dalla protagonista che ci dà una visione quanto mai profonda delle sue sensazioni, del suo sognare, del suo continuo tentativo di rendersi invisibile fino a cercare una realtà sospesa che la porterà ad un inimmaginabile epilogo.

Alice Rowlands abita nei sobborghi di Londra durante il periodo edoardiano, con la madre malata e ormai ridiventata quasi bambina anche nel fisico, e con un veterinario padre/padrone che è un essere spregevole e talmente cattivo da far pensare che ogni giorno consulti un manuale di azioni malvagie.

la ragazza che levita

“Una volta per aver stirato malamente una camicia, si scaraventò su di me come un toro che caricava nel mezzo di un temporale…mi raggiunse in un lampo e io vidi che il bianco dei suoi occhi era diventato rosso… indossava solo la sua vestaglia e i pantaloni, ed era orribilmente peloso.

Afferrò le maniche della camicia e stava cercando di stringerle attorno al mio collo con le sue grandi mani quadrate, quando il pappagallo improvvisamente proruppe in una delle sue risate terribili. Mio padre sembrò afflosciarsi e incespicò per la stanza.”

La ragazza non ha perso però le sue illusioni e spera sempre di poter fuggire, sposarsi ed avere finalmente una famiglia che la renda felice. Sogna situazioni irreali e non si accorge che sta maturando una strana forma di personalità fuori dall’ordinario.

Mentre la madre peggiora sempre più, a farle compagnia in quella oscura casa/studio, arrivano un assistente veterinario che lei soprannomina Occhiolino, un bambino che fa da inserviente, Hank, che mi ha ricordato gli orfanelli di Dickens e Mrs. Churchill, una governante infermiera con il muso da bulldog.

L’unica amica a cui fa visita quando riesce a sfuggire alla sorveglianza del padre è Lucy, una sordomuta con una strana pelle verde. Insieme si raccontano storie e vivono un’amicizia che purtroppo si interromperà bruscamente con la morte della madre e con l’arrivo, in casa del veterinario, di una prostituta, Rosa. Alice la teme e la detesta perché è sboccata, volgare negli atteggiamenti, con una strana faccia come una brutta bambola.

Questa orrenda persona riesce a far cacciare di casa Alice che trova riparo da “occhiolino” o più propriamente Mr. Peebles in qualità di dama di compagnia dell’anziana madre. Anche qui entra in gioco l’atmosfera dark con una casa mezza bruciata in cui nessuno vuole entrare e due coniugi orrendi come dei troll che si comportano in modo incivile e quasi ricattatorio.

Mentre la storia procede, Alice pensa di aver trovato anche l’amore ma è solo un’illusione che però la aiuta a gestire il suo dono: ha imparato a levitare e sa padroneggiare, quasi sempre, i suoi movimenti.

“Durante la notte rimasi sveglia e fluttuante. Mentre salivo, le coperte caddero sul pavimento. Non sentivo nulla sopra e sotto finché non mi avvicinai al soffitto, dove era difficile respirare.

Pensai

-Non devo rompere la sfera del gas-

La tastai con cautela con le mani e qualcosa di molto leggero cadde tra di loro: era il mantello che si era rotto.  Strinsi le mani al petto e le mantenni molto dritte e fluttuai sul divano dove ero stata sdraiata, non ero spaventata ma calma e serena.

La mattina seguente seppi che non si era trattato di un sogno perché le coperte erano ancora sul pavimento e vidi che il mantello del gas era rotto e che la polvere gessosa era ancora tra le mie mani.”

Purtroppo il terribile padre lo scopre e la porterà ad un finale quanto mai spettacolare e inaspettato.

È un romanzo scritto molto bene, sembra quasi un’opera attuale e la presenza di mezzi ormai sorpassati dal progresso, non toglie interesse alla storia nella quale si trovano tinte cupe mescolate a quelle più chiare o addirittura con riflessi solari.

L’autrice ha avuto il grande intuito di sviluppare un racconto seguendo un percorso credibile e di dare un colpo di scena finale tale da stupire il lettore.

È senza dubbio un racconto particolare!

“La ragazza che levita” di Barbara Comyns

«Una signora inglese crudele come Stephen King». Il Venerdì di Repubblica
Cresciuta nel sud di una Londra d’età edoardiana, Alice Rowlands desidera romanticismo e avventura, e la liberazione da una vita triste, restrittiva e solitaria. Suo padre, un sinistro veterinario, è brutale e sprezzante; la sua nuova ragazza sfacciata e lasciva; i pochi amici bizzarri e sfuggenti. Alice cerca rifugio nei ricordi di una madre perduta e nelle fantasie di un indistinto desiderio d’amore, e nella fioritura di ciò che lei percepisce come un potere occulto da nascondere a tutti i costi. Una serie di inesplicabili eventi la porterà a un epilogo di terribile trionfo, durante il quale sarà chiamata a svelare suo malgrado il suo eccezionale potere segreto. “La ragazza che levita” combina magistralmente un realismo scioccante a un tocco visionario, in un piccolo gioiello erede della letteratura gotica.

“La ragazza che levita” di Barbara Comyns
Casa editrice Safarà.
Traduttrice Cristina Pascotto.
Pag 132
euro 7,99.
Uscita del 18 luglio 2019