“Le voci delle betulle” di Eloisa Donadelli

Recensione di Lisa Molaro

betulle

“Le voci delle betulle” è il meraviglioso romanzo d’esordio di Eloisa Donadelli, edito Sperling & Kupfer.

Leggere questo libro è stato come intraprendere un viaggio sensoriale durante il quale vari stimoli si alternavano armonicamente, creando un sottofondo alla mia lettura.

Bernadette Laudis è una giovane donna a noi contemporanea, mamma di una perspicace bambina che, a tratti, di lei si fa genitrice… perché i bambini non si lasciano ingannare dalle apparenze!

“Malvinia la consolava come fosse una sorella. La sua presenza incontaminata la proteggeva con un manto di stelline, i suoi abbracci tappezzavano i buchi che la rodevano fino alle ossa.”

Bernadette Laudis è una giovane mamma moderna che si ritrova impigliata nella ragnatela di un matrimonio fragile come filigrana; un’unione che del luccichio argentato, però, conserva solamente il ricordo.

Bernadette Laudis è una bella giovane donna, mamma e artista musicale che, da sempre, ha sentito una nota stonata nella sua vita senza riuscire a leggerne l’interpretazione nello spartito datole in donazione alla nascita, il suo DNA, le sue radici.

Nelle credenze celtiche – ma non solo – le betulle, se degnate di ascolto, sono in grado di rivelare i segreti della trasformazione, individuale e collettiva, tramite un segreto linguaggio che parlerà direttamente alle anime in ascolto, senza necessità di parola.

“Chiamata la «Signora delle foreste», la betulla era una pianta legata alla conoscenza. I Celti la collegavano a luoghi arcani e misteriosi, dove sussurravano le delicatissime fate.”

betulle

In queste pagine ho assistito alla loro genesi e alla loro trasformazione in rocca protettiva.

Cosa, o chi, proteggevano nel romanzo?

Bernadette, dicevo, è una giovane donna che si ritrovi a scardinare le proprie abitudini, calcificazioni in grado di chetare un animo che non intende dar voce a dubbi e tarli antichi e recenti.

Cigola l’anta in soffitta e scricchiola pure l’antica anta nella casa in cui è cresciuta…

Lei ignora di essere come le betulle: in grado di sostenersi anche nelle peggiori situazioni.

Ora immaginatevi una bella donna che, da sola, si ritrova a camminare, indossando un abito da sera, lungo un sentiero di montagna in unica compagnia del suo Violoncello.

Che richiamo ascoltava, ignara di farlo?

Solo dopo essersi seduta su quello che pareva un anonimo sasso e aver iniziato a sentirsi libera suonando alle stelle, si è accorta di essere attorniata da bianche betulle che, come spiriti guardiani, la proteggevano dalle tenebre con il loro riflesso di Luna.

Di chi è quella voce maschile che s’intrufola, a quel punto, fra stelle e radici?

Tra queste pagine alberga la musica suonata da Bernadette o scaturita dall’abilità narrativa dell’Autrice.

Un adagio triste e dolce che accompagna il lettore per tutto il tempo della lettura, quasi fosse un sussurro fatato…

“Certe persone sono come uccellini scivolati giù dal nido. Il primo sguardo cade su luoghi che rimarranno sempre sconosciuti alla loro anima e allora vagano per il resto della vita a cercare la culla perduta, dove posare finalmente le ali impolverate dal tempo, fuggito inesorabilmente.”

Un viaggio a ritroso, parole che scivolano le une vicine alle altre in modo delicato.

Dolori di donna, dolori di madre.

Lacrime di follia bruciano, come sale, su ferite che il tempo non è riuscito a cicatrizzare.

Lacrime di abbandono scivolano su tradimenti d’amore.

Si accavallano bugie e s’ingarbuglia la matassa da districare.

Le betulle si fanno dita che aiutano a sciogliere i nodi di un tempo non forse perduto.

Un cuculo, attributo di Era, annuncia la nuova stagione; la natura si risveglia la vita ricomincia il suo ciclo vitale.

Ma il Cuculo prende anche le sembianze di una Donna che ruba le vite degli altri, s’insinua nei nidi, depone il proprio uovo e uccide quelli già presenti.

«Il mal capitato lo cresce convinto che sia el so fiò. Il cuculo non sa costruirsi una famiglia e ruba quelle degli altri»

In questo romanzo di Eloisa Donadelli, donne di diverse generazioni intrecciano le proprie radici sotto un manto di neve in disgelo.

Manca l’ossigeno mentre le fronde degli alberi si muovono sotto le dita del vento.

Il suo passato. Le sue radici. Fu un momento necessario, in cui poté guardare al futuro senza paure, perché certi legami, pur non conoscendo i propri geni, ritrovano sempre la strada di casa.

Di proposito non vi ho parlato degli altri protagonisti del romanzo, sarà bello, per voi come lo è stato per me, scoprirli per ordine, carpirne la musica che da ognuno di essi scaturisce intrecciandosi a quella di Bernadette.

Buona lettura, buona poesia, buon viaggio dentro la resilienza delle donne.

Lisa.

” Quest’albero che riempie le tue braccia è nato da un seme infinitesimale.” Tao te Ching, LXIV.

Titolo: La voce delle betulle
Autore: Eloisa Donadelli
Editore: Sperling & Kupfer (5 giugno 2018)

Sinossi:

«Se la Natura avesse una voce, sarebbe quella poetica di Eloisa. Una storia di amore, perdono e legami indissolubili che cercano di ritrovare la strada di casa.»
SARA RATTARO

Le betulle ci insegnano ad avere radici per restare e foglie per sognare.

Bernadette Laudis vive da sempre con un peso inspiegabile sul cuore, un senso di vuoto che le fa mancare l’aria all’improvviso nonostante l’abbraccio caldo della famiglia, e che cerca di colmare con il suono del suo violoncello. Finché, un giorno, un oggetto stonato rinvenuto sul pavimento di casa rivela una verità affilata, che squarcia il velo di purezza di cui credeva ammantata la sua vita. E il dolore la getta in un crepaccio senza appigli, di quelli che si insidiano nei ghiacciai delle Alpi che fanno da contorno al paesino di Cimacase, dove lei da Milano si è trasferita per amore.
Una notte, in cerca di ossigeno fresco, Bernadette si addentra nei boschi, trovando una casa circondata di betulle. Lì vive Giosuè, un pastore solitario, un uomo anziano che si è fatto eremita per proteggere i ricordi. In paese lo chiamano «il re delle betulle»: dicono che i suoi consigli siano un balsamo per le ferite dell’anima; dicono che sappia leggerti dentro, ma che non tutti riescano a trovarlo.
Saranno quel luogo e quell’incontro a dare voce al passato di Bernadette, alla storia della sua famiglia e al mistero delle sue origini, liberandola da quell’antico peso sull’anima. Perché ci sono destini che solo gli alberi sono in grado di preservare.
Con voce poetica e autentica, Eloisa Donadelli ci regala un esordio che lascia il segno. Una storia di legami che restano scritti dentro, radici che trattengono segreti, dolori non cercati che ci conducono a ritrovare noi stessi in radure luminose.

 

 

Potrebbe interessarti anche:

“Cosa fanno le mie piante quando non ci sono” – di Francesca Schaal Zucchiatti