Maura, l’indovina di Orotelli – di Alessandra Derriu
Recensione di Emma Fenu
Maura, l’indovina di Orotelli è un saggio di Alessandra Derriu, archivista presso la diocesi di Alghero – Bosa, edito da Nemapress nel 2018.
C’è un portone, nel centro di Orotelli, in provincia di Nuoro.
Ci sono pietre sormontate da architrave recante una data, 1601, e una frase “respice finem q. ante iudicem stabis” (guarda alla fine della tua vita quando sarai davanti al giudice, ossia Dio).
Se ascolti la storia, puoi sentire voci e grida.
Se ascolti la storia, puoi vedere bianche mani e nere vesti.
Se ascolti la storia, puoi varcare la soglia di quel portale del Tribunale Ecclesiastico.
Ascolta la storia.
Correva l’anno 1735 nel cuore della Barbagia, dove l’inverno gelava le ossa e le case avevano i soffitti bassi anneriti dal fumo dei focolari.
Erano tempi duri per nascere, vivere e morire.
Erano tempi di malattie, carestie, epidemie.
Erano tempi in cui Dio era sulla bocca dei potenti per chiudere quella dei poveri e dei servi.
Erano tempi duri per nascere, vivere e morire, soprattutto se si è donna.
Maura, avendo ereditato il dono dalla nonna, era capace di parlare con i morti e di ottenere da loro divinazioni che potevano mettere in guardia chi li riceveva, perché un destino non si compie finché non è chiamato “passato”.
Chiedeva in cambio candele, per entrare in comunicazione con l’aldilà, e soldi, per pagare le messe in suffragio delle anime: era rispettata e temuta, molti le si rivolgevano per chiedere aiuto e proprio per questo lei non era mai stata davvero una di loro.
Maura era una medium in senso letterale, una creatura senza appartenenze, in bilico fra vita e morte, fra terra e limbo, fra preghiera e magia, fra santità e dannazione. Non aveva neppure un marito che le fosse custode e nel ventre le cresceva il frutto della colpa.
All’epoca, a seguito dei dettami del Concilio Tridentino, era dovere del credente confessare non solo i propri peccati, ma anche quelli altrui, dei quali fosse stato testimone diretto o indiretto.
Era dovere e, a volte, era anche piacere, poiché le delazioni permettevano di liberarsi facilmente di un nemico e di risolvere a proprio vantaggio una controversia.
Sono proprio le accuse rivolte a Maura dai compaesani che Alessandra Derriu ritrova, raccolte in un logoro manoscritto, e dà loro accoglienza perché diventino testimonianza. Non sappiamo come la vicenda si sia evoluta, ma ne conosciamo tutte le premesse.
Attraverso una narrazione precisa eppur accattivante, in cui le parole della ricercatrice e saggista si alternano a quelle, in carattere corsivo, della romanziera e della donna, l’autrice propone un libro di grande efficacia, nella sua brevità scientifica.
Ci racconta la storia di una strega, una delle tante.
Donne con nome e cognome, ma senza famiglia e risorse, che vengono accusate perché il male che non si domina, quello che soffoca i neonati nel sonno e fa ritornare l’asino senza il padrone sul dorso, deve avere almeno un volto per essere combattuto.
Allora il nemico diventa la donna, quella ribelle a un ruolo riconosciuto dalla società patriarcale, quella a cui la forza viene dalle viscere e non gliela dà nessuno. Quella che per il proprio dono è nata e a causa di esso muore.
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Sinossi
Orotelli, Maura, una donna divinatrice: un documento inedito e una storia realmente accaduta, dalla polvere d’Archivio emerge una vicenda giudiziaria e umana che ci racconta un tesoro di credenze e di devozioni trasmesse per secoli, mai scritte.
Questa vicenda è tratta dagli Atti del Tribunale dell’Inquisizione Vescovile di Alghero, riscoperti dall’autrice, Alessandra Derriu, nella sua qualità di archivista dell’Archivio Diocesano.
Da questo documento riemerge la vicenda tipica di una donna che, nella povertà dei paesi del centro Sardegna nel 1700, viveva grazie all’elemosina del popolo che l’aveva riconosciuta come indovina e curatrice.
Titolo: Maura, l’indovina di Orotelli
Autore: Alessandra Derriu
Edizioni: Nemapress, 2018