“La strega innamorata” – di Pasquale Festa Campanile
Recensione di Savarelli Serena
Mi chiamo Isadora Isidori e sono una strega.
Come mia madre. A mio padre urlavano: “stregone”. A differenza di loro, io possiedo davvero un gran potere, che non mi so spiegare. Loro conoscevano la natura e i suoi segreti, nulla di più. Li ho visti ardere per mano della Santa Inquisizione, finché sono svenuta dopo un’unica frustata e il loro ricordo è fisso nel dolore che non mostro, dall’età di sei anni quando sono rimasta sola. Da quel momento, tutti gli abitanti di San Martino al Cimino mi hanno sempre schernita e allontanata. Ma la paura che incuto nella gente è la mia forza.
“Galleggiavo su tutto, innocente. A sei anni è accaduto il fatto che ha cambiato la mia vita. Immagino che altre sarebbero diventate pazze al mio posto o sarebbero morte: io mi tengo l’anima strettamente attaccata al corpo e sono ancora qui, libera, sana e a volte anche allegra, perché prima di tutto voglio vivere.”
Nel bosco trovo la mia dimora; sola e disperata ho imparato a sopravvivere e, a sedici anni, sono diventata una strega. Il mio amico Aquilante mi definisce una strega bianca perché a me non interessa baciare il di dietro a nessun caprone maligno che arriva la notte del Sabba; lui dice che sono una “di quelle che hanno per natura degli strani poteri e possono esercitarli senza arruolarsi tra le schiave del demonio”.
Conosco tutti i rimedi delle erbe che la natura mi mette a disposizione e vengo, quotidianamente, fraintesa perché la gente vede sempre lo zampino del demonio in quello che dico e che faccio.
Questo è quello che succede alle figlie di streghe o, semplicemente alle donne povere.
Di fronte a tutte le accuse e i maltrattamenti io me ne frego di tutti e continuo a deridere e prendermi gioco di questa gente stolta e credulona.
“Non voglio essere obbligata a vendicarmi; desidero usare i miei poteri liberamente. […]
Se sapessi che mia madre era davvero una strega, crimine per cui è stata bruciata, non esiterei: per una donna farsi strega è l’unico modo di essere qualcuno. Ma mia madre era innocente. Lo so adesso; allora ero una bambina e non capivo.”
Alla fine sono finita in prigione, per mano di una donna malvagia, Donna Olimpia. Ero la sua serva e lei non sapeva che fossi una strega.
“Nel permettere che fossi arrestata sotto il suo tetto, ha mostrato un animo vile. Forse, sospettata di essere una strega, non posso più essere considerata una persona e sono dunque priva di ogni diritto, ma io al suo posto non mi sarei comportata in maniera tanto plebea.”
La prigione è il luogo dove incontri coloro che, invece di professare il bene come sono chiamati a fare, finiscono per diventare seguaci del maligno stesso e muoiono dalla voglia di commettere peccato. Io sono diventa oggetto di desiderio sfrenato perché ho ripreso da mia madre che era una donna di una bellezza smisurata.
“È una strana libertà quella che si ottiene con la disperazione. Il tempo è passato tra la paura e la speranza. Di che cosa non deve avere paura un povero? Per lui il mondo è un confuso tumultuare di poteri ostili, nessuno dei quali si schiera dalla sua parte: signori, soldati, preti, gabellieri, tutti contro di lui, tutti a chiedergli, per una ragione o per l’altra, fatiche e sacrifici. Il povero desidera soprattutto di uscire dalla paura e ci arriva solo quando non spera più niente, in questa vita o nell’altra. Perciò la strega prova un’amara superiorità su coloro che la circondano: lei non ha più niente da perdere, il suo oscuro potere è una droga in cui cerca consolazione.”
Durante la mia prigionia, decido di pianificare il mio futuro usando l’astuzia e l’intelletto e, così, realizzo la mia fuga, facendo morire d’ira Padre Luis Moncada, il domenicano dalla veste bianca che non è riuscito a possedermi.
“Fui presa, d’improvviso, dalle furie dell’ira: odiai il mondo che mi circondava senza una ragione, l’arroganza dei preti che pretendevano di giudicarmi. Odiai Donna Olimpia e i Quintarelli, il vescovo che non conoscevo e padre Moncada, che era lì per tormentarmi.”
Decido di andare a Roma, dove trovo mia sorella e imparo da lei come sfruttare il mio corpo e la mia bellezza, in questa città dove se una donna vuole emergere ha solo una possibilità: vendersi con astuzia e destreggiarsi tra le richieste degli uomini più facoltosi. Ma prima di questo, sono stata persino un uomo: Isidoro.
Cambiando sesso, nascondo la mia origine e la mia condanna.
Sono diventata una famosa cortigiana, dopo molto tempo trascorso ad appoggiare i gomiti nel cuscino rosso sulla finestra di casa per attirare le prede e guadagnare soldoni. Ho conosciuto i nobili di Roma nella loro intimità, nei loro intrighi, nel loro modo malvagio di sopraffare gli altri e nelle loro squallide ritorsioni. Non importa se sono una donna, anzi, proprio per questo, per loro divento utile o dannosa secondo dove vogliono far soffiare il vento.
Io sono bella, cinica e infedele. Ma se mi viene a mancare la protezione degli uomini potenti, torno strega e senza valore. Il mio orgoglio, con il tempo, m’incita alla vendetta. Penso a tutte quelle persone che hanno dichiarato colpevoli di stregoneria i miei genitori, penso ancora a padre Mondaca che ha cercato di prendermi in tutti i modi, penso alla donna aristocratica più potente di Roma, Donna Olimpia, che mi ha tratto in inganno e mi ha consegnato all’Inquisizione e sono felice di essere una donna e una strega.
Questa gente crede di potermi manipolare come vuole, ma la verità è che sono io ad ammaliare loro e a trarne i miei profitti. Solo questo una donna che nasce povera può fare.
Mi chiamavo Isadora, ma poi sono diventata Dorisia la cortigiana: Dorisia Soriano, cognome ripreso dal nome del paese dei Cimini, di cui era originaria mia nonna.
Tuttavia, rimango una strega e, come tale, ho bisogno di un luogo tutto mio per ritrovare me stessa. Così, spesso, fuggo ad Albano, nella casa vicino al lago, immersa nel bosco.
È qui che mi sono innamorata. Qui venderei immediatamente il mio corpo e il mio cuore davvero, ma il mio amato è un uomo irraggiungibile.
“Perché a un uomo così importante dev’esser negata una gioia, che è concessa anche agli ultimi dei suoi sudditi?” “Non possumus,” disse Urbano.
“E perché no? L’amore non può essere peccato. Mi puoi fare una colpa di essermi innamorata? Potresti condannare te stesso, se t’innamorassi? So che non ti sono indifferente: lasciati tentare, abbandonati. Tutti abbiamo fame di amore… Rispondimi. Non è meglio l’amore del’odio, o dell’indifferenza?”
“Non possumus,” ripeté lui con voce rotta, lottando contro l’emozione.
Sono innamorata dell’unico uomo che non può contraccambiare il mio vero sentimento e a lui ho deciso di donare i miei poteri. Questo amore lo ha accudito e confortato nei momenti più difficili e, a me, ha permesso di continuare a vendere il mio corpo, lasciando intatto il cuore che a lui solo appartiene.
Non importa che nome porto, perché alla fine rimango figlia di una strega e di uno stregone bruciati nel rogo e la mia condanna non è stata cancellata da nessuno; preti, arcivescovi, papi, priori sono tutti parte del marcio di questa città e nessuno va contro la Santa Inquisizione.
Nonostante la mia innocenza, nella Roma del XVII secolo, la donna, anche quella più determinata e coraggiosa, come sono stata io, alla fine non ha i mezzi per innalzare la propria voce.
Chissà se dovrò soccombere o se sarò costretta ad arrendermi, ma se mai accadrà tutto ciò, saprò di essere davvero innocente e di aver amato sinceramente un uomo maturo, dolce e che ha saputo resistere all’amore, ma non all’affetto.
“La strega innamorata” è un romanzo scritto nel 1985 da Pasquale Festa Campanile e racconta la storia di Isadora, giovane donna contadina condannata all’emarginazione fin dalla nascita, perché figlia di una strega.
È la prima volta che leggo un romanzo così povero di dialoghi. La vicenda è scritta in prima persona ed è al passato. Lo stile è semplice, ma allo stesso tempo ricco di descrizioni accurate e minuziose dei luoghi e dei personaggi. Il contesto storico è ben costruito, tanto che il lettore riesce a immaginare i luoghi, gli usi e i costumi, ma soprattutto la Roma delle cortigiane e dei loro amanti. Attraverso questa lettura emerge un’epoca lontana dalla nostra e la storia della protagonista ci svela la vita della donna in quel periodo storico in rapporto ai poteri dell’aristocrazia romana e del clero.
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Titolo: La strega innamorata
Autore: Pasquale Festa Campanile
Casa Editrice: Bompiani (1985)
Genere: Romanzi e saggi storici
Sinossi:
La splendida, selvaggia e passionale Isidora era troppo piccola per salire sul rogo assieme ai genitori, rei confessi di stregoneria; e quando l’Inquisizione mette le mani su di lei, aspirante strega, riesce a fuggire, dopo aver fatto impazzire d’ira e di desiderio un poco pio inquisitore, per andare a rimpolpare le schiere delle mignotte della Città Santa.