MINOTAURO – di Friedrich Dürrenmatt

 

recensione di Elisabetta Ferri

 

Minotauro è un racconto, o romanzo breve, di Friedrich Dürrenmatt del 1985, riedito da Adeplhi nel 2021.

Si sa, al Liceo Classico la mitologia è di casa, così la docente di letteratura italiana ci aveva proposto un interessante percorso sulla riscrittura del mito. Della bibliografia fornita ricordo ancora “Cassandra”, stupendo monologo interiore di Christa Wolf in cui la profetessa troiana, poco prima di morire per mano di Clitennestra, rievoca tutta la propria vita, e “Navigazioni di Circe” di Sandra Petrignani, che però non mi aveva particolarmente entusiasmato.

In questo breve romanzo, Circe ripensa al proprio passato e scrive i propri pensieri su dei fogli di carta, il cui colore muta in base agli umori del momento. Peccato che l’insegnante non ci avesse proposto “La torcia” di Marion Zimmer Bradley, rivisitazione dell’Iliade omerica. Tra i brani proposti sulle immancabili fotocopie, il finale di un lungo racconto che mi colpì molto. Era di una bellezza che andava dritta al cuore.
Purtroppo la fotocopia andò persa e io per anni mi affannai a cercare su internet un modo per recuperare il titolo e l’autore dell’opera originale. Ritentai la fortuna persino alcune settimane fa, ma niente.

Poi, di recente, Pinterest ha compiuto il miracolo e tra le notifiche mi ha proposto la copertina di un ben preciso volume della Adelphi: Minotauro di Friedrich Dürrenmatt. Dopo aver verificato su internet, esultai: era proprio lui!

Friedrich Dürrenmatt, nato nel 1921 e morto nel 1990, era di origini svizzere. Fu un importante autore di racconti (“La morte della pizia”), romanzi (“Il giudice e il suo boia”) e di opere teatrali (“La visita della vecchia signora”). Si cimentò persino con la pittura, subendo l’influsso di Goya e di Piranesi: egli stesso realizzò le illustrazioni per Minotauro.

Critico nei confronti della società, si può ritrovare questo suo leitmotiv anche in questo racconto.
Essendo, come vi ho anticipato all’inizio, un esempio di riscrittura del mito, non troverete narrata la solita storia in cui il cattivo Minotauro viene giustiziato dall’eroico Teseo. La situazione è capovolta e il punto di vista è quello del mostro. Un mostro che diventa vittima di una società che di umano non ha nulla.

Il Minotauro, frutto dall’amore contro natura di Pasifae per il toro consacrato a Poseidone, dopo aver trascorso l’infanzia rinchiuso in una stalla insieme agli armenti, viene portato nel labirinto e laggiù abbandonato. Qui Friedrich Dürrenmatt introduce il colpo di genio: il labirinto non è un’opera realizzata in muratura, bensì da specchi che riflettono all’infinito; in tal modo il Minotauro, ingenuo e tenero come un bimbo, crede di essere in compagnia di tante altre creature simili a lui.

Il dubbio di essere “un diverso” inizierà a insinuarsi nel suo animo quando incapperà nella prima vittima sacrificale: una ragazza. Preso dalla gioia, il Minotauro danza e afferra la giovane, ma non sapendo gestire la propria forza, la uccide. Il poveretto non capisce nemmeno quel che è accaduto, perché non conosce la differenza tra la vita e la morte: ai suoi occhi la ragazza ha solo smesso di muoversi e dopo un po’, complici stormi di avvoltoi e altri uccelli necrofagi, ella svanisce.

Giunge poi un ragazzo, armato di spada. Il Minotauro ancora una volta danza felice per il nuovo incontro. Il giovane, anche se si rende conto di trovarsi di fronte a una creatura dall’animo innocente, tenta di abbattere l’avversario. Il mostro si rende conto di essere in realtà odiato, impazzisce per il dolore e dà sfogo alla propria furia finché non cade a terra, stremato e sporco di sangue.

Non vi anticipo il finale, quando giungono Arianna e Teseo, talmente straziante da commuovere.

Minotauro è un racconto che si legge in un’oretta o forse meno. Il testo è curato e costruito con estrema sapienza, merito anche dell’esperienza teatrale dell’autore.

L’incipit è costituito da un lunghissimo periodo ricco di subordinate che potrebbe a un primo acchito spaventare, mentre l’intreccio narrativo ricorre a frasi più brevi, che danno origine a un ritmo serrato, scandiscono le azioni compiute dai personaggi e creano un’incredibile tensione drammatica. Anche l’uso delle ripetizioni è costante: il labirinto in cui si muove il Minotauro è fatto di specchi che riflettono all’infinito la sua immagine e le parole ricreano quel medesimo gioco di riflessioni.
La contrapposizione tra complessità (usata dall’autore per le proprie considerazioni) e brevità (per l’azione) fu, a mio avviso, volutamente ricercata dal Dürrenmatt. L’artificiosità dei periodi più intricati ha lo scopo di trasformare la parola in un labirinto, simbolo, in questo caso, dell’ipocrisia umana.

L’essere umano compie azioni malevoli ma non vuole mai ammetterlo, né prendersene la responsabilità, così scarica le proprie colpe sugli altri.

Questo atteggiamento permette così all’umanità di continuare a percorrere la strada dell’errore senza mai ravvedersi. Le frasi più corte invece connotano l’animo fanciullo, giocoso e candido del Minotauro.

Il seguente passaggio mi ha condotta a fare una tale considerazione:

“l’esistenza d’uno come lui [si riferisce al protagonista, n.d.a.] non era consentita dal confine posto fra animale e uomo e fra uomo e dei, affinché il mondo conservi il suo ordine e non divenga labirinto per ricadere nel caos da cui era scaturito”.

Questo racconto è un incantesimo, che lentamente attecchisce e alla fine ti fa sentire un orribile mostro. Io non sono una che si commuove facilmente fino alle lacrime mentre legge, ma con questo libro non sono riuscita a evitarlo. È come se capovolgesse il tuo intero sistema di idee rivelandone l’assurdità.

Dürrenmatt ci insegna a metterci nei panni del Minotauro: nato da un atto abominevole, è in realtà innocente. La colpa della sua nascita non è sua e il suo animo non è ferino quanto il suo aspetto esteriore. Sono gli esseri umani con la loro contorta ipocrisia a essere mostruosi.

Link d’acquisto

https://www.adelphi.it/libro/9788845935732

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Sinossi

Con i versi di una ballata, che a stento riescono a contenere l’impeto affabulatorio, Friedrich Dürrenmatt, come già nella Morte della Pizia, si inoltra sul terreno del mito.

Il suo minotauro, creatura terrifica e insieme innocente, imprigionato in un labirinto che è un intricato gioco di specchi, si dibatte alla ricerca di una via d’uscita, in primo luogo da se stesso.

E nel turbine di immagini in cui il mostro si perde, e si scopre, il mito rifulge di nuova luce.

Titolo: Il Minotauro
Autore: Friedrich Dürrenmatt
Edizione: Adelphi, 2021