“Chiamami con il mio vero nome” di Susan Moore

Recensione di Maria Cristina Sferra

Chiamami con il mio vero nome

“Chiamami con il mio vero nome” è una raccolta di poesie scritta da Susan Moore, edita da L’inedito Edizioni nel 2018.

Una composita, voluminosa raccolta dove, nelle prime pagine, trovano spazio alcune istantanee di infanzia e giovinezza – poi di maturità – che catturano immagini fulminee di ricordi, scatti brevi lasciati sul tavolo del tempo. Ma è solo l’inizio.

Proseguendo nella lettura si intuisce qualche smarrimento giunto da lontano che porta al confronto con il mondo, con l’altro e, in questo faccia a faccia, si comprende la possibilità che ha l’autrice di ripercorrere le proprie tracce, forse mai possedute davvero.

“Paola è uscita un attimo,

ma non ricordo quando.

Aveva i calzettoni bianchi

quelli traforati di primavera,

credo.

Forse indossava maldestra

i suoi primi tacchi da donna

i suoi primi sogni da vecchia. (…)”

Così prende il via la ricerca inesausta del proprio sé: giorno per giorno, dolore per dolore, delusione per delusione, parola per parola, in una perpetua discesa interiore, fino a sfinirsi di mancanza. Perché per essere chiamati con il nostro vero nome, siamo noi per primi a doverlo conoscere e a non dover avere paura di pronunciarlo.

A tratti appaiono figure diverse – affetti, amori – dagli incontri con i quali vengono catturate rapide, leggere emozioni vissute. Sono riflessi di una difficile quanto evanescente serenità, rara e fatua come ogni momento bello.

“(…) A volte mi ritrovo

mi riperdo

dove avrei voluto essere.

Chi avrei voluto essere.

“My name is Susan”

E poi cado ancora nell’erba.

Quel cielo sopra.”

L’autrice si riflette nello specchio e riflette su di sé, sul tempo, sul senso della vita con un dolente pessimismo e momenti di ribellione che affiorano a tratti tra i versi.

La silloge raccoglie poesie limpide che si fanno a volte criptiche, in un moto perpetuo tra ciò che appare e ciò che è nascosto. Poesie che gridano in silenzio – a volte graffiano – per poi lasciare una scia inaspettata di speranza.

Si tratta di un’infinita indagine sul corpo e sull’anima, sulle emozioni altalenanti, sul senso della propria esistenza.

“Era una vita perfetta

una vita a clessidra

che la sabbia passasse lenta

che il tempo non ci fosse

fianchi morbidi

e luna piena.”

“Chiamami con il mio vero nome” è una raccolta imponente, una mole di parole e sentimenti, un flusso di versi che scorrono incontenibili e sommergono il lettore come solo l’acqua, nella sua totale libertà, sa fare. Le poesie si susseguono senza posa. Occorre abbandonarsi, lasciarsi portare, non temere di esserne travolti.

L’autrice nascosta dietro lo pseudonimo Susan Moore è un fiume tortuoso che nel suo grande letto trasporta la piena dell’anima per condurla alla foce e fondere la sua acqua dolce a quella salata del mare universale. Qui la complessa profondità della sua poesia si stempera, diluendosi infine per lasciarsi leggere e accogliere.

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Chiamami con il mio vero nome

Sinossi

La poesia di Susan Moore è come una falce che miete il grano. Non va tanto per il sottile. E quando passa passa. E quando passa si porta dietro di tutto: dalla giustizia calpestata, alle ingiustizie – non solo terrene – ma anche (e specialmente) umane. Parla di se stessa ma anche di tutti coloro che diventano consapevoli della realtà di ciò che significhi vivere. Allora la musicalità di queste ballate senza musica, diventa il filo conduttore dei versi che si susseguono e tutto diventa lì, a portata di mano. E dentro a quello stesso lì, ci sono i passi lenti, i nottetempi, i pentimenti e ci sono i pensieri dall’apparir senza senso, ma che hanno tanto di quel senso da diventare cenere e scarto aspirato, di un piacere vorace e veloce e precoce e lo dice l’autrice stessa, in una delle sue qui raccolte. Più precoce di ognuno di noi, la poetessa si pone dietro ad un nom de plume che a Boston o Londra potrebbe essere un Mario Rossi qualunque, ma nonostante questa scelta dimostra d’essere una personalità unica in un’epoca dove tutti, o quasi, tentan di poesia. Lei si porta dietro il suo bagaglio di latte arrugginite e pesi di una vita che sempre mette sul piatto, nonostante le carte non sempre fortunate come le nostre di noi tutti d’altronde, gioie e dolori; il perduto dietro e l’irraggiungibile avanti. Quasi una prosa in versi dove ogni scorcio è un lato di un prisma plurisfacettato dei mali singoli di tutti noi. Doveroso quindi non coinvolgere nessun grande a questa riflessione ma rimanere sul pezzo per tutta la lettura, cercando di scoprire dove voglia andare a parare, pur sapendo – e che già sappiamo – come andranno a finire le cose. Se poi qualcuno mi chiedesse a chi potrei paragonare la sua poesia, a volte nera, a volte grigia, di cui le tonalità si perdono lungo un tragitto spigoloso e irto di ostacoli che alla cromatizzazione allora diventerebbero pastello sull’antico andante – e quotidiano peso – della vita di tutti i giorni, ebbene, al di là delle parole che tanto non bastan mai, ribadirei di come questa silloge sia da leggersi lentamente, centellinando i fogli, i versi, in quei giorni lenti nell’attesa di un istante supremo, di cui ci parla l’artista che nella poesia ha trovato l’espressione artistica più alta ma raggiungibile. Un buon regalo per i nostri giorni, una lettura per tutti forse, o almeno quasi tutti… noi.

Titolo: Chiamami con il mio vero nome
Autore: Susan Moore
Editore: L’inedito Edizioni