“In canti di versi” di Ilaria Biondi
Recensione di Maria Cristina Sferra
Ilaria Biondi ci apre il suo mondo e ci conduce con passo lieve, eppure sicuro, in un universo intimo incoronato da una natura sfolgorante di piante e di fiori.
La prima tenera corolla che ci sfiora lungo il cammino è la dedica di questa preziosa silloge, essa stessa poesia, che commuove con la forza intensa della semplicità.
Da qui ci inoltriamo nel bosco delle parole e veniamo rapiti.
“(…) l’anima sboccia fra i petali d’aria
dischiudendo nei calici limpidi
lacrime brevi e gemiti accesi. (…)”
Siamo trasportati su un alfabeto di elementi del creato fin nel più profondo dei ricordi, tra acute schegge di dolore, dentro la greve dolcezza della malinconia, nell’abisso purpureo della passione.
Le poesie sono il sentiero su cui camminare e perdersi,
dove incontrare lo stupore fanciullo, comprendere l’ingenua convivenza dell’acerbo e del maturo, assaporare la rivelazione dell’impudica sensualità della natura.
(…) piange il giglio votato al silenzio
nell’abbaglio dischiuso del vento.
Stolto è il salice irto nel tempo (…)”
E come luce improvvisa tra le fronde gravide di foglie, la poetessa si offre nuda, mostra l’anima sua bianca e intatta, quasi un velo da sposa, sottile come un soffio di nebbia che cela e rivela.
La poetessa si fa vestale di un tempio di petali e stami, dove l’onda si frange e il vento si sfianca, ventre segreto della passione in costante divenire, crogiulo del sentimento puro e delle carezze audaci.
Con voce silvestre, ora marina, narra del desiderio e dichiara il suo Amore.
(…) Conduci
nella levità mesta del tramonto astrale
le tue carezze nude sul mio grembo incompiuto (…)”
Usciamo dal bosco delle poesie di Ilaria Biondi con il cangiante profumo della natura tra i capelli, immagini fulgide nel pensiero e la meraviglia nell’anima.
In canti di versi, incantevole esordio, ammalia e travolge.
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Sinossi
Silloge composta da quarantatre brevi componimenti che raccolgono e raccontano memorie private, frammenti e squarci di quotidianità, persone vive e in presenza (seppur definite da contorni vaghi o identificate da un particolare appena), coinvolgimenti emotivi forti quale specchio di avventure interiori dalle tinte molteplici. Un paesaggio dell’anima che si getta, con le sue fragilità solitarie e luminose malinconie, nel grembo accogliente di una Natura bella, nella sua semplicità austera e selvatichezza umile (e nei guizzi sognati di un mare desiderato, miraggio lontano e indimenticato).