Enheduanna: una donna, il primo poeta della storia

Rubrica di poesia a cura di Federica Sanguigni

Se facessimo un viaggio nel tempo impostando la data intorno al 2300 a.C., potremmo avere la possibilità di conoscere una donna speciale: Enheduanna.

Principessa della più importante dinastia della Mesopotamia, la dinastia di Akkad fondata da suo padre Sargon, sacerdotessa, donna impegnata politicamente, Enheduanna visse nelle terre della piana alluvionale del Tigri e dell’Eufrate, nella zona più meridionale dell’attuale Iraq. Fu suo padre a nominarla grande sacerdotessa del tempio del dio Nanna nella città di Ur.

La sua immagine arriva a noi attraverso un piccolo disco votivo rinvenuto a Ur, dove la donna è rappresentata cinta di una benda che simboleggia il suo ruolo sacerdotale, e in compagnia di tre altre figure davanti a un altare e a un edificio che, molto probabilmente, è la rappresentazione di una ziqqurat, la torre templare mesopotamica.

La particolarità di Enheduanna è che questa donna è riconosciuta come il primo poeta della storia.

L’opera poetica più famosa di Enheduanna, che si compone di 153 righe e il cui titolo è “Ninmesharra” (Signora di tutti i me), è giunta a noi in più di cinquanta diverse copie su frammenti di tavolette cuneiformi. I versi raccontano, a volte in modo allusivo e poco chiaro, un drammatico evento della vita della poetessa, e cioè la sua fuga, in quanto cacciata via, dalla città di Ur e il suo esilio nella steppa, dove

“la luce intorno a me è oscurata, le ombre avvolgono lo splendore del giorno, che è offuscato da una tempesta di sabbia, quando la mia bocca dai suoni (un tempo) incantevoli è stravolta, le mie elette sembianze sono ridotte in polvere.”

Successivamente l’opera diventa invocazione, preghiera, affinché gli dei liberino la sacerdotessa dall’esilio, alludendo a un certo Lugalanne, probabilmente la figura di un ribelle che deve essere stato il protagonista della rivolta contro Sargon e sua figlia. Il canto termina con la supplica alla dea Inanna, della dinastia di Akkad, che torna, insieme alla sua sacerdotessa, nel suo santuario nella città di Ur.

“L’esaltazione di Inanna”, come viene spesso definita oggi l’opera di Enheduanna, ebbe un importante riconoscimento nella letteratura religiosa sumerica, tanto che fu inserita, probabilmente nei primi secoli del II millennio a.C., nel canone fisso di dieci opere letterarie che, secondo gli antichi, rappresentava il culmine dell’espressione poetica e ideologica del più antico mondo mesopotamico. Di nessuna delle altre nove opere, però, si conosce il nome dell’autore. Forse la grande sacerdotessa di Ur fu anche la prima donna della storia ad aver svolto un ruolo politico di straordinario rilievo oltre a essere, senza alcun dubbio, la prima poetessa della storia.

“Signora di tutti i Me, risplendente di luce
Donna virtuosa, vestita dello splendore divino, diletta del Cielo e della Terra
Sacerdotessa del dio An, con il grande diadema
Colei che ama la tiara consona alla grande sacerdotessa
La cui mano impugna (tutti) i sette Me
O mia Signora, tu sei la guardiana di tutti i grandi Me
Tu hai riunito i Me, tu hai legato i Me alle tue mani
Tu hai raccolto i Me, tu hai stretto i Me al tuo petto
Come un drago tu hai lanciato il veleno sui territori dei nemici
Quando tu ruggisci alla terra come il dio Iškur, la vegetazione non può resisterti
Come un diluvio discendi dalla tua montagna
O potente del cielo e della terra, tu sei Inanna”

(Incipit dell’opera citata)

 

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