M. L’uomo della provvidenza di Antonio Scurati

Recensione di Maurizia Girlando

 

M. L'UOMO DELLA PROVVIDENZA

 

M. L’uomo della provvidenza è un saggio di di Antonio Scurati edito da Bompiani nel 2020.

Sovente leggo saggi di storia.

In questi mesi ho cercato di approfondire il primo dopoguerra fino al 1925.

Di cosa tratta M. L’uomo della provvidenza di Antonio Scurati?

Lo spunto dalla trilogia M di Antonio Scurati e in particolare dal volume primo, M. L’uomo della Provvidenza.
Il romanzo- documento di Scurati ci porta in mezzo alle speranze, agli errori, alla truffa, al tradimento, ai brogli e all’orrore del sangue.

Ci porta lì, in quei giorni, come se ci ossimo in quel momento. Gli occhi e il cuore ti si riempiono di orrore.
Come se non mi fosse bastato ho approfondito il biennio rosso, la marcia su Roma (che io preferisco definire insieme con il Prof Emilio Gentile la marcia contro Roma), e i primissimi anni del regime, leggendo: Marco Mondino –Roma 1922– Il Mulino; Emilio Gentile- Storia del fascismo – edizione del 2022- Laterza Pietro Nenni- Il diciannovismo– Harpo – riedizione. Infine il volume ottavo dell’importante Storia di Torino in nove volumi curata da Prof Tranfaglia e che ho ancora in lettura.

Di tutti consiglio il romanzo- documento M. L’uomo della provvidenza di Antonio Scurati per le ragioni già espresse e Il  diciannovismo di Nenni perché pur essendo un saggio di storia trasuda una compassione e comprensione per i deboli e i fragili che forse ho trovato soltanto nei romanzi di Pasolini.

Perchè leggere M. L’uomo della provvidenza ?

Letture spaventose per gli inganni usati per non concedere neppure un po’ di potere ai più deboli che avevano alzato la testa. Letture istruttive per sapere come si fa a tenere bassi chi vuole alzarsi.

Conoscevo questa storia ma approfondirla così in modo scientifico mi ha ancora più sconvolta per i particolari di truffa e broglio politico, di menzogna, di violenze orripilanti, inaudite, tutto per chiudere qualsiasi possibilità ai più deboli.

Sto leggendo tutti questi fatti per come si sono svolti a Torino.
Risulta chiarissimo come la mia città fosse praticamente fabbrica, solo fabbrica, anzi officina come si diceva allora, e come tutto riguardasse il lavoro e le sue condizioni.

Risulta chiarissimo come la proprietà della Grande Fabbrica abbia agito determinata per l’esito che conosciamo.
Solitamente esco da queste letture impaurita ma anche un po’ rinfrancata: qualcosa si ripete ma non tutto allo stesso modo. Un lentissimo progresso lo si può osservare.

Comunque dentro di me in quei tempi si muovono numerosi personaggi che comporranno una storia. Una storia piccola, quella di tutti i giorni ma che, come per tutte le nostre piccole vite, risente della Grande Storia.

Questa mia recensione è anche l’omaggio al Giorno della Liberazione.

 

Link d’acquisto

https://www.ibs.it/m-uomo-della-provvidenza-libro-antonio-scurati/e/9788830102651

Sinossi

All’alba del 1925 il più giovane presidente del Consiglio d’Italia e del mondo, l’uomo che si è addossato la colpa dell’omicidio di Matteotti come se fosse un merito, giace riverso nel suo pulcioso appartamento-alcova.

Benito Mussolini, il “figlio del secolo” che nel 1919, rovinosamente sconfitto alle elezioni, sedeva nell’ufficio del Popolo d’Italia pronto a fronteggiare i suoi nemici, adesso, vincitore su tutti i fronti, sembra in punto di morte a causa di un’ulcera che lo azzanna da dentro.

Così si apre il secondo tempo della sciagurata epopea del fascismo narrato da Scurati con la costruzione e lo stile del romanzo.

M. non è più raccontato da dentro perché diventa un’entità distante, “una crisalide del potere che si trasforma nella farfalla di una solitudine assoluta”.

Attorno a lui gli antichi camerati si sbranano tra loro come una muta di cani. Il Duce invece diventa ipermetrope, vuole misurarsi solo con le cose lontane, con la grande Storia.

A dirimere le beghe tra i gerarchi mette Augusto Turati, tragico nel suo tentativo di rettitudine; dimentica ogni riconoscenza verso Margherita Sarfatti; cerca di placare gli ardori della figlia Edda dandola in sposa a Galeazzo Ciano; affida a Badoglio e Graziani l’impresa africana, celebrata dalla retorica

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