Il pane perduto – di Edith Bruck

recensione di Paola Treu

pane perduto

Il pane perduto, candidato al Premio Strega 2021, è un romanzo autobiografico di Edith Bruck, scrittrice e testimone preziosa, in cui rivive, con il consueto stile asciutto ed essenziale, lìindicibile tragedia della Shoah.

A partire dall’infanzia in un villaggio ungherese dove, durante la Pasqua ebraica del 1944, viene catturata dalla polizia fascista, insieme alla sua famiglia (lasciando il pane lievitato e pronto per essere infornato, il pane perduto che dà il titolo al romanzo, che resta nella casa come un presagio funesto).

L’attende prima il ghetto della capitale, poi la deportazione ad Auschwitz, in cui soccombe gran parte dei suoi familiari, e in altri lager tedeschi, fino a Bergen Belsen, liberato nellìaprile del 1945. Sopravvive, fa ritorno e scopre che la realtà non è come lìaveva sognata nei campi.

Ben presto, infatti, realizza che la fine della guerra non significa né pace né accoglienza, ma nuove difficoltà. Deve fare i conti con lìndifferenza e l’ostilità che tanti altri sopravvissuti, da Primo Levi a Simone Weil, hanno descritto.

La gente era respingente ovunque, frettolosa, impaurita, sospettosa, snervata e desiderosa di liberarsi di noi al più presto.

Nessuno, neanche i parenti, vuole parlare del passato.

È questa la parte centrale de Il pane perduto la vita dopo Auschwitz in un mondo che non la vuole più e la costringe in nuove peregrinazioni alla ricerca di un posto dove poter ricominciare a vivere.

Lo trova in Italia, a Roma, dove un’altra esistenza sboccia e nel modo più inaspettato prende forma in maniera definitiva. Si dedica alla scrittura, adottando la lingua italiana, una lingua nuova che le consente di costruire una distanza, posare lo sguardo sull’orrore e narrarlo.

La parte più accorata, a mio avviso, di tutto il libro è l’ultima, Lettera a Dio, in cui lìautrice Gli si rivolge e Lo implora di mantenerle intatta la memoria, il suo pane quotidiano, perchè

“ho ancora da illuminare qualche coscienza giovane nelle scuole e nelle aule universitarie dove in veste di testimone racconto la mia esperienza di una vita.”

Edith Bruck, con coraggio esemplare, ci fa dono de Il pane perduto, una storia breve ma intensissima ecommovente. E come tutte le testimonianze dirette, una delle ultime purtroppo, va letta, custodita e tramandata.
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Sinossi

Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessantìanni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante lìinfanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento.

Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l’odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi?

Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l’accoglienza e lìascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove.

Che fare con la propria salvezza?

Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l’Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l’approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla Roma bene; degli anni Cinquanta, infine l’ncontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessantìanni.

Fino a giungere all’oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dellìattuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora.

Proposto da Furio Colombo al Premio Strega 2021 con la seguente motivazione:

«L’ultimo libro di Edith Bruck (Il pane perduto, La nave di Teseo) unisce in un’unica grande opera ciò che l’autrice ha visto, vissuto, pensato e scritto: un’amorevole dolcezza prosciuga altri sentimenti (come l’odio legittimo per l’orrore e i carnefici), perché Edith è
salva e tenuta in vita da un legame fortissimo, un misto di orgoglio e pietà affettuosa per chi, come lei, è stata spinta nella galleria dell’orrore.

Nella visita sul fondo della memoria Edith ripercorre il miserabile inferno preparato meticolosamente dai suoi aguzzini (tornati
come in un incubo), vittime di una solitudine che si nutre di morti. Ma la vita è troppo forte e l’istinto, ancora bambino, di saltare avanti è troppo grande.

E quando, nella realtà come in questo nitidissimo racconto, vita e morte, distruzione e futuro si spaccano, Edith è già saltata sul lastrone della vita. E qui il libro diventa un racconto che devi leggere fino all’ultima pagina, di storia, di vita, di amore.»

Titolo: Il pane perduto
Autore: Edith Bruck
Edizione: La Nave di Teseo, 2021