Il Signore degli Anelli – di J.R.R Tolkien

La Traduzione italiana

 

a cura di Renée Roux

 

signore anelli

Cominciai la lettura de Il Signore degli Anelldi J.R.R Tolkien nel lontano 2006, poi nel 2008 e poi dovetti restituire il libro che mi era stato prestato.

Arrivai a comprarlo nel 2015, però mi mancava una parte importante per conoscerne il mondo e i fatti in esso raccontati: Lo Hobbit, opera prima di Tolkien.

Tra diverse altre letture, studi e il desiderio stagionale di cambiare genere letterario ho suddiviso il testo negli anni. Questo finché non mi sono decisa a comprare il volume intero dell’opera tolkeniana nel 2018 con una bella sorpresa: non era più disponibile in libreria!

Sono saltata sulla sedia… perché ho scoperto che Bombiani aveva ritirato dal mercato italiano tutte le copie della vecchia traduzione dell’intera opera de Il Signore degli Anelli.

Intimorita all’idea di rimanere orfana della mia vecchia edizione, ho seguito la vicenda, documentandomi e incrociando le mani in preghiera speranzosa che la nuova traduzione non andasse a sconvolgere o a destrutturare l’opera a cui io e molte altre generazioni compresa la mia siamo ormai abituati.

Perché c’è da fare una precisazione a riguardo: l’opera tolkieniana ha un sé di epico ed etico al suo interno, ma comprensibile e piacevole anche alle orecchie dei più piccoli.

Speranza e preghiere disilluse.

A marzo e a novembre di quest’anno torna in libreria – dopo quasi due anni di assenza – Il Signore degli Anelli, ma con una sottile differenza: vi è inciso sui libri la dicitura: “Nuova Traduzione di Ottavio Fatica”.

E mi domando: ce n’era davvero bisogno?

Secondo la casa editrice Bompiani sì: per rinnovare il catalogo e riportare in auge una nuova traduzione al passo coi tempi bisognava apportare dei cambiamenti, anche per eliminare i refusi o le incongruenze della prima traduzione con il testo originale.

Ma, vi sono un bel po’ di ma.

Dietro alla mancanza dell’opera di Tolkien nelle librerie c’è stato un contenzioso legale che ha visto schierati la storica traduttrice dell’opera tolkieniana Vittoria Alliata di Villafranca e la casa editrice Bombiani che ne detiene i diritti sulla pubblicazione.

Alliata venne ingaggiata come traduttrice dell’opera che di anni ne aveva sedici, per la prima edizione italiana risalente al 1967 da Astrolabio, che non riscosse molto successo, per poi passare anni dopo in mano a Rusconi lasciando intatta la traduzione ma revisionandola da Quirino Principe, nel 1970.

Trascorsi cinquant’anni, i diritti della pubblicazione passano in mano alla casa editrice Bompiani che interverrà con piccole revisioni sino al 2003 inserendo la Società tolkieniana Italiana tra i revisori della suddetta.

Nell’aprile del 2018 Ottavio Fatica prenderà voce in capitolo definendo il lavoro di Alliata in maniera inutilmente offensiva, e nel corso di un’intervista, considerandola una “giovanile avventura improvvisata” o con nientemeno di che “500 errori a pagina su 1500 pagine”; cosa tra l’altro menzognera.

Alliata denuncerà il traduttore per le parole offensive e querelerà anche la casa editrice Bompiani, avendo poi modo di spiegare le sue ragioni attraverso diversi incontri (il più noto è il convegno «La Guerra di Tolkien», tenutosi in Roma al Senato della Repubblica nel gennaio del 2019) e con una lettera aperta – riportata anche su Facebook – in cui si dice indignata per l’affronto subìto, in quanto:

«la mia versione […] continuava ad essere stampata e commercializzata da Bompiani-Giunti in totale disprezzo della legge sul diritto d’autore e delle minime regole di correttezza, essendone ormai scaduti i diritti da parecchi anni».

Ma ora arriviamo alla traduzione vera e propria.

L’idea di rinnovare un testo così iconico e importante, per farne una versione più fedele all’originale ha un ché di plausibile e idealmente accettabile; per mio parere personale, credo che il lavoro del traduttore sia un lavoro di prospettiva e reinterpretazione.

Nella quarta di copertina troviamo la famosa poesia introduttiva:

“Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo,

Sette ai principi dei Nani nelle aule di pietra;

Nove agli uomini Mortali dal fato crudele

Uno al Nero sire sul suo trono tetro

Nella terra di Mordor dove le Ombre si celano.

Un Anello per trovarli, uno per vincerli

Uno per radunarli e al buio avvincerli

Nella Terra di Mordor dove le Ombre si celano”

Riporto quella della Alliata:

“Tre Anelli ai re degli Elfi sotto il cielo che risplende,

Sette ai Principi dei Nani nelle loro rocche di pietra

Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,

Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra

Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra nera scende.

Un Anello per domarli,

Un anello per trovarli,

Un Anello per ghermirli

e nel buio incatenarli,

Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra cupa scende.”

 

Io credo che la musicalità della prima traduzione de Il Signore degli anelli si sia persa.

Tuttavia le nuove traduzioni devono obbligatoriamente rinnovare il testo, perché una traduzione di quarant’anni necessita di un ringiovanimento lessicale. Quello però che si critica, anche leggendo i vari commenti via web, è proprio una assurda reinterpretazione del testo a discapito della musicalità e della sua stessa comprensione.

Riporto alcuni esempi ritrovati in giro sul web, che criticano le scelte linguistiche e i cambi di nome assurdi e pressoché inutili – tra cui alcuni italianizzati e altri inglesizzati: Bosco Atro in inglese Mirkwood è diventato Boscuro, crasi tra bosco e oscuro, espediente lessicale degli anni sessanta? Il giochino di unire le parole e crearne una sola.

Veniamo poi ai nomi dei personaggi: Samvise è diventato Samplicio; Merry Brandibuck è diventato Brandaino e qui riporto uno dei commenti che mi ha fatto sorridere sul web:

“Brandaino! Brandaino! Giochiamo a nascondaino? Sì, dai, no!”

Era davvero necessario italianizzarlo? Veniamo poi alla rivisitazione del termine Ramingo (Rangers nell’originale inglese), che si riferisce ad uno dei più importanti personaggi dell’opera: Aragorn II, soprannominato Grampasso (Strider in originale) diventa ‘’Forestale’’ e anche qui cito un gruppo di commenti ripresi dal web:

“Forestali” al posto di “Raminghi”? Allora i Nazgul (che non fanno più parte del mondo sensibile, appartengono al regno delle ombre, sospesi tra questo mondo e l’aldilà) verranno tradotti con “Senatori a Vita”?

“Forestale” secondo me allude al tedesco “Waldgänger”, il fuorilegge della tradizione medievale germanica che “passa alla foresta”. Detto questo è una scelta disastrosa in italiano, per ovvi motivi. Gran Burrone (Rivendell) diventa Valforra o Valfossa; La Taverna del Puletro Impennato diventa La locanda del cavallino inalberato…

e anche qui riporto i commenti del web:

Cavallino inalberato è praticamente una profezia che si auto avvera, perché se mi chiamassero così mi inalbererei anche io.

Ho divagato un po’ perché credo che questa traduzione risenta molto di un voler stravolgere il testo per discostarsi il più possibile dalla traduzione dell’Alliata.

Dubito però che si riuscirà a replicare il successo che Tolkien ha avuto in quasi cinquant’anni di pubblicazione. E mi auguro di vedere presto il testo dell’Alliata da qualche parte pubblicato.