La figlia del boia di Oliver Pötzsch

Voce al Sogno
Recensione di Tiziana Tixi

 

la figlia boia

 

 

La figlia del boia è un romanzo storico di Oliver Pötzsch scritto nel 2008 e da Neri Pozza nel 2012. È il primo volume della saga dedicata alla figlia del boia di Shongau.

Di cosa tratta La figlia del boia?

La figlia del boia copre un arco temporale di sette giorni. Una sola settimana basta a Jakob Kuisl, il boia di Shongau, per dipanare una vicenda torbida e intricata.

Il 24 aprile 1659, nella città bavarese, un taglialegna avvista il corpo di un bambino che ondeggia tra le acque del Lech, aggrappato a un tronco. Un manipolo di traghettieri trascina a riva il piccolo, ancora vivo ma agonizzante. Un profondo incavo sulla nuca indica che non è caduto accidentalmente in acqua ma è stato prima colpito con violenza poi spinto.

Il bambino è Peter Grimmer, unico figlio superstite del barcaiolo Josef; Peter è tutto ciò che resta all’uomo della numerosa famiglia poiché alle sventure si era aggiunta la vedovanza.

Il medico Simon Fronwieser arriva quando il piccolo è già morto ed esamina il corpicino, su cui scopre una costellazione di ferite da taglio.

Ciò che toglie il fiato agli astanti è la presenza di una macchia sulla spalla: un cerchio con una croce rovesciata, il segno di Venere, in uso tra le streghe. Josef non ha dubbi: l’assassina del figlio è certamente Martha Stechlin, la levatrice.

Il bambino, privo della mamma, frequentava la casa della donna insieme ad altri quattro orfani; essi formavano un gruppo affiatato che condivideva un dramma, l’emarginazione da parte dei coetanei che godono dell’affetto dei genitori.

In quanto levatrice, Martha conosce i segreti e i misteri del nascere, è esperta di erbe e medicamenti, quindi, di sicuro, anche di incantesimi: tutto ciò fa di lei una strega.

La folla furente corre a casa della Stechlin reclamando vendetta; Jakob salva la donna dal linciaggio e la reclude in cella per proteggerla da eventuali aggressioni nell’attesa che si chiarisca il mistero della morte di Peter.

Simon frequenta la casa di Kuisl; è affascinato dalla sua biblioteca che annovera volumi rari e preziosi in cui sono esposte le nuove teorie della Medicina censurate dagli accademici.

Egli è ancora più affascinato da Magdalena, la figlia di Jakob, che ricambia i suoi sentimenti ma la loro unione non s’ha da fare: a una figlia di boia è precluso il matrimonio di inclinazione. Ella è una fanciulla insanguinata e può sposare solo un carnefice: quella dei boia è una casta chiusa.

Mentre Kuisl esamina il cadavere di Peter, nella notte illuminata dalla luna, due uomini discutono animatamente: uno dei bambini è stato ucciso ma restano altre quattro bocche, pericolose perché potrebbero rivelare un segreto inconfessabile che riguarda un misterioso mercante.

Altro sangue deve essere versato.

Il cancelliere Lechner preme affinché quel brutto affare venga risolto in fretta: la Stechlin deve confessare; circolano già troppe voci, il tarlo del sospetto si annida tra la gente di Shongau.

In città è ancora vivo il ricordo del terribile processo alle streghe che, settant’anni prima, aveva condotto al rogo più di sessanta donne; un malessere strisciante, negli sguardi la paura di tutti verso tutti, una pioggia di accuse reciproche e poi la carneficina.

Il passato non deve ripetersi. Jakob esprime a Lechner i propri dubbi circa la colpevolezza di Martha ma il cancelliere conferma la linea dura; non si tratta di stabilire la verità ma di assicurare la pace della città.

Il sacrificio della donna, anche se innocente, è necessario per evitare che la scintilla già accesa provochi un incendio; la vita di una sola per il bene di tutti.

A colloquio con Martha, Jakob le promette che troverà l’assassino di Peter, ed è così sicuro di sé che la esorta a resistere alle torture che sarà costretto a infliggerle e a non confessare una colpa che non ha commesso.

Un altro orfano, Anton, viene trovato riverso nel suo stesso sangue, la gola recisa con un taglio netto e, sulla spalla, il segno di Venere.

Simon, che collabora con Jakob nell’indagine, scopre dall’orfana Sophie che poco prima della morte del bambino, qualcuno le aveva chiesto di lui; si trattava di un uomo con una vistosa cicatrice sulla guancia e con la mano sinistra fatta di ossa.

Il diavolo ha fatto la sua apparizione a Shongau, certamente evocato dalla Stechlin — si mormora. Il primo interrogatorio di Martha è interrotto dalla notizia che un imponente incendio sta divorando il magazzino sul fiume; casse di merci preziose e ingenti guadagni rischiano di andare in fumo.

Mentre la città è deserta, la piccola Clara viene inseguita dal diavolo; anche lei è nella lista dei bambini da sopprimere. Dopo una fuga disperata raggiunge Sophie che la porta con sé in un nascondiglio sicuro. Le nubi sul capo di Martha si fanno più cupe quando scompare Johannes Strasser; prima della tortura, Jakob porge alla donna una pozione che le farà perdere i sensi lasciandola incosciente per alcuni giorni.

Egli approfitterà della sospensione del processo per risolvere il caso; mentre è appesa alla fune, la Stechlin cade preda delle convulsioni e, svenuta, viene riportata in cella.

Il tempo stringe; Jakob e Simon devono cogliere in fretta il momento propizio. La maledizione sembra davvero essersi abbattuta su Shongau; il cantiere dell’erigendo lazzaretto viene devastato e i lavori interrotti.

Il boia e il medico non sono certo superstiziosi; è chiaro che manovre assai terrene collegano gli omicidi e le sparizioni agli incidenti; la loro teoria diventa certezza quando apprendono che in città si aggirano dei mercenari. In un fienile viene trovato il cadavere di Johannes: anche sulla sua spalla è visibile il segno di Venere.

Jakob segue un’intuizione e, riesumando i bambini seppelliti, scopre la presenza di argilla rossa sotto le loro unghie. Questo indizio lo conduce al nascondiglio degli orfani dove è sicuro di trovare Sophie e Clara: il pozzo nel cantiere del lazzaretto.

Durante un sopralluogo Simon e Jakob assistono a una discussione tra loschi figuri; essi parlano di un mercante che li ha assoldati per trovare un tesoro sepolto in quel terreno. È evidente che gli orfani hanno visto e sentito questi stessi uomini e tale casualità è stata la loro condanna a morte.

Magdalena viene rapita dal diavolo al quale non è sfuggito che Jakob è al corrente del tesoro; ella è merce di scambio: per riabbracciarla sana e salva, il padre deve trovarlo. Il pozzo è la chiave del mistero: lì è conservato il denaro, lì si nascondono le bambine.

Kuisl e Fronwieser si calano in profondità ma si ritrovano in un dedalo di cunicoli; la coppia si separa, ognuno segue il proprio percorso. Jakob trova il tesoro ma non ha fatto i conti con l’astuzia del diavolo che lo ha seguito per assicurarsi il bottino; i due sono faccia a faccia e da quel duello uno di loro uscirà cadavere. Kuisl è un gigante ma l’avversario è un mercenario esperto ed efferato.

Simon ha trovato le bambine ma la strada verso la libertà viene sbarrata da una frana; essi potrebbero non rivedere più il cielo.

Alla debole luce di una torcia il medico nota il segno di Venere sulla spalla di Clara e la verità si rivela nella sua innocente semplicità. Per un errore di lettura, nessuno aveva capito che esso è un simbolo alchemico che gli orfani si erano disegnati per gioco, nella speranza che li proteggesse dalle angherie degli altri bambini.

Simon rimane sgomento quando dalle parole di Sophie si rende conto che quella scia di sangue poteva essere evitata perché nessuno del gruppo aveva capito l’identità del mercante.
L’istinto di sopravvivenza moltiplica le forze del medico che riesce a sgombrare il passaggio e a condurre in salvo le bambine.

Abbiamo lasciato Jakob a lottare con il diavolo. Che ne è stato del gigante buono? Ha vinto; il male è rimasto in fondo al pozzo come un angelo ribelle caduto.
Magdalena è riuscita a beffare i rapitori e, dopo una fuga rocambolesca, torna in città. Il destino di Martha è appeso a un filo; il mercante insanguinato esige il tesoro, che è nelle mani di Kuisl.

Il cerchio sta per chiudersi: grazie al suo fiuto infallibile, il boia ha attribuito nome e volto a colui che ha davvero portato il male a Shongau: si tratta di un patrizio prestigioso, esponente di punta del consiglio. Un insospettabile.

Jakob gli propone un do ut des: gli renderà il tesoro a patto che egli faccia pesare la sua auctoritas in favore della liberazione di Martha e renda noto che nessuna maledizione si è abbattuta sulla città, flagellata solo dall’avidità umana.

Quella borsa gonfia di monete per cui era stato versato sangue è la salvezza di una vita, di molte vite.

Perché leggere La figlia del boia?

I Kuisl sono stati una delle più famose dinastie di carnefici di tutta la Baviera; la figura di Jakob è storicamente fondata, così come quelle della moglie e dei figli.

Oliver Pötzsch è un discendente di questa stirpe;

La figlia del boia è dunque un viaggio nell’albero genealogico dell’autore che si sofferma intorno alla metà del XVII secolo e tocca alcuni nervi scoperti della società tedesca dell’epoca.

Shongau è stata messa in ginocchio da una lunga guerra che l’ha privata di ricchezza e prestigio e tenta di risollevarsi; le autorità fanno fatica a mantenere l’ordine costituito; il virus latente dell’isteria collettiva si annida nel corpo sociale.

Il fumo dei roghi del 1589 ancora intossica l’aria e la mannaia della caccia alla strega è pronta ad abbattersi su qualsiasi donna. Nascere femmina è una condanna; essere donna è una sventura, soprattutto se la donna è priva di un tessuto familiare. Basta un nubifragio o la morte di un animale perché si gridi al maleficio da parte di una strega.

E chi è la strega? Una donna come Martha che ne incarna in pieno le caratteristiche: è sola, ha raggiunto la mezza età, è una levatrice.

La Stechlin è l’emblema delle vittime incolpevoli che la cecità superstiziosa delle masse vuole colpevoli a tutti i costi; il fuoco del rogo avrebbe purificato la città e il male, radicato nelle loro membra, sarebbe stato ridotto in cenere insieme a loro. Martha va immolata perché lo richiede l’equilibrio sociale; nella sua figura si avverte una connotazione cristologica: pur innocente, è la pecora scabbiosa che si innalza ad agnello sacrificale.

Come Cristo Martha è ingiustamente torturata e perfino schernita come malfattrice da un vero malfattore.

L’intreccio giallo de La figlia del boia si regge su un doppio equivoco; il sangue versato non potrà più essere lavato ma che abbia almeno il conforto della verità e della giustizia.

Questa esigenza spinge Jakob a cercare, scavare, rischiare l’incolumità. È un boia ma non gode nell’infliggeredolore; vive la vigilia di ogni esecuzione come un giorno di passione e, quasi per espiare le morti che è costretto a dare, lotta per salvare la vita a Martha.

Egli sa che quella mite levatrice non può essere la sposa del demonio perché ha scelto di far nascere i bambini, non certo di ucciderli.

L’umanità di Kuisl urta con lo stigma che grava sulla sua figura; nella cultura italiana il boia è ammantato di un’aura sacrale quale braccio della giustizia umana e divina. In area tedesca è invece relegato ai margini della società, temuto e tacciato di attirare la malasorte mentre è solo un uomo, spesso costretto a quel mestiere infame dalla necessità.

“Perché un boia è necessario. […] Se bisogna ammazzare, allora meglio farlo nel modo giusto, secondo la legge. Per questo sono tornato a casa a Shongau, per dare un ordine alle cose.”

Mentre la presenza di Jakob e Simon è un continuum, Magdalena si mostra in fugaci apparizioni e cresce nel finale; allora perché anche nell’originale tedesco è lei ad adombrare gli uomini fin dal titolo?

Magdalena è intrepida e quasi incosciente nella ricerca della verità; è istruita, emancipata e sicura di sé. Ella possiede un quid in più rispetto a Jakob e Simon, dotati di un intuito logico-scientifico di taglio maschile; quello di Magdalena si declina anche come sensibilità e un pizzico di astuzia tipicamente femminile.

Attraverso Magdalena, la figlia del boia, Kuisl Oliver Pötzsch sembra chiedere scusa alle donne del tempo per il silenzio e la sottomissione che si pretendeva da loro. Non potevano parlare, non potevano pensare. Magdalena urla e precorre il sapere aude.

 

Link d’acquisto

Sinossi

Baviera, 1659.

Il destino di Martha Stechlin, levatrice di Shongau, sembra segnato. Messa nelle mani del boia del paese perché le sia estorta formale confessione, attende di essere spedita al rogo per il barbaro omicidio di due bambini.

Jakob Kuisl, il boia di Shongau, un gigante alto quasi due metri, la barba nera e spinosa, le lunghe dita ricurve simili ad artigli, non crede però alla sua colpevolezza.

E con lui non credono che la dolce Martha sia una strega anche sua figlia Magdalena, un’attraente ragazza dalle labbra carnose, e Simon Fronwieser, il figlio del medico cittadino, un giovane ben visto tra il gentil sesso di Shongau. I

tre indagano per cercare di ribaltare una sentenza che sospettano sia stata scritta solo per convenienza politica e, soprattutto, per nascondere una verità inconfessabile.

Attraverso un’impeccabile ricostruzione storica della società tedesca del Seicento, La figlia del boia conduce il lettore in un’epoca di superstizioni e follie collettive e delinea una stupefacente figura propria di quel mondo: il boia, un uomo temuto e, ad un tempo, un esperto erborista e un illuminato.

Titolo: La figlia del boia (vol. 1)
Autore: Oliver Pötzsch
Edizione: Neri Pozza, 2012