La vendetta degli dei di Hannah Lynn
Voce al Sogno
Recensione di Tiziana Tixi
La vendetta degli dei è un romanzo mitologico di Hannah Lynn scritto nel 2021 e riedito da Newton Compton nel 2022.
Di cosa tratta La vendetta degli dei?
La vendetta degli dei affronta uno dei miti greci più sanguinosi, quello legato alla maledizione degli Atridi che generò un vortice di violenza.
Al centro Clitennestra, prigioniera, nell’immaginario collettivo, della fama di spietata uxoricida. Hannah Lynn scava nelle pieghe del passato della donna; lì giace il seme da cui germoglierà il delitto per cui è celeberrima.
Agamennone arranca per un sentiero impervio, flagellato da un sole cocente e costretto spesso a strisciare nella polvere perché la terra brulla si sgretola sotto i suoi piedi.
Quell’estenuante pellegrinaggio è necessario: la potente flotta che egli ha riunito langue lungo le coste dell’Aulide, le navi ferme come alghe stagnanti, non un alito del vento di cui gli Achei hanno bisogno per attraversare l’Egeo e raggiungere Troia.
Agamennone sopporta le asperità di quel cammino perché urge interrogare l’indovino Calcante, l’unico in grado di scrutare la volontà degli dei e dipanare quel nodo. Il responso inchioda il re dei re: egli ha offeso Artemide, la quale si è vendicata spegnendo i venti.
Per ottenere il perdono della dea, Agamennone deve sacrificarle Ifigenia, la più bella tra le proprie figlie.
Intanto a Micene la vita della regina Clitennestra è più serena senza il velo di paura che la torva presenza del marito le calava addosso.
Ella trascorre gran parte del tempo in compagnia degli adorati figli: Ifigenia, Crisotemi, Elettra e il piccolo Oreste. Un messaggero si presenta alla reggia per comunicare notizie dall’Aulide: Agamennone ha ordito la sua tela per attirare con l’inganno Ifigenia.
Egli manda a dire di aver offeso Artemide la quale placherà la propria collera solo attraverso un’unione benedetta, pertanto Ifigenia sarà data in sposa ad Achille. Il re è categorico: la figlia deve presentarsi da sola.
Clitennestra esulta per il privilegio toccato alla dolce Ifigenia ma non intende restare a Micene; vuole assistere a quelle nozze quasi miracolose.
Non sente ragioni e, l’indomani, si imbarca insieme alla figlia, la quale è lieta di unirsi al divino Achille. L’accoglienza di Agamennone desta sospetti nella moglie e l’istinto materno le ispira un senso di pericolo.
Il re è scaltro e la rassicura; prima delle nozze Ifigenia deve ritirarsi in preghiera nel tempio della dea; sarà lui stesso ad accompagnarla. Rasserenata, Clitennestra si immerge tra la folla variopinta del mercato; mentre esamina alcune stoffe si accorge della presenza di Achille dal quale apprende che nessun matrimonio è stato concordato.
Allora capisce e la verità si svela in tutto il suo orrore. La donna corre, corre disperatamente al tempio; stremata, lo vede sulla porta: Agamennone è lì, in piedi e stringe in mano un coltello, la lama brillante di rosso. Clitennestra, folle di dolore, giura che vendicherà la sua bambina.
Quattro anni dopo la guerra infuria e la donna regna da sola con saggezza e arguzia; le sue virtù le valgono la fedeltà dei più leali seguaci di Agamennone. Regina impeccabile, la sua principale preoccupazione è garantire ai figli salute, sicurezza e felicità.
Elettra è l’unica a nutrire spirito di competizione, addirittura ostilità verso la madre che pure la ama in
modo incondizionato. Nel corso di un allenamento con le armi, Clitennestra si accorge che un uomo la scruta da lontano, seduto su una roccia. Dopo un sonno tormentato da vecchi incubi, all’alba la regina esce dal palazzo per la corsa mattutina; deve mantenere la forza giovanile perché non può permettersi debolezze per essere in grado di proteggere i figli da tutto, da tutti e, soprattutto, dall’uomo che li ha generati ma non ne è padre.
Sulla via del ritorno viene apostrofata dallo sconosciuto che sedeva sulla roccia, il quale si presenta come Egisto. Egli è tristemente noto a tutto il regno: è il cugino di Agamennone; anni prima uccise lo zio Atreo, che lo aveva cresciuto come un figlio, per spodestarlo e consegnare la corona al padre Tieste.
Agamennone e Menelao ripararono a Sparta e, adulti, riconquistarono il trono. Clitennestra è assai dura verso Egisto, sicura che egli sia tornato per rubare di nuovo la corona in assenza del re. L’uomo si mostra invece contrito; la necessità di chiedere e ottenere il perdono del cugino è il solo motivo che lo ha spinto a tornare in quella città che tanto lo odia.
La regina non è certo una donna incline a fidarsi di chiunque, men che meno dell’uomo responsabile di una catastrofe familiare e politica. Gli intima di stare lontano dai figli, dal palazzo, addirittura di lasciare Micene; in caso contrario non esiterebbe a ucciderlo.
Alcuni giorni dopo Clitennestra siede sulla tomba di Ifigenia; alza lo sguardo e incontra gli occhi di Egisto,traboccanti di lacrime. Il pianto dell’uomo attira l’attenzione della regina che lo invita a raccontare la propria storia; è la storia di un neonato abbandonato dalla madre, ancora sporco del sangue del parto. Atreo raccolse il piccolo che giaceva in mezzo a un campo e lo adottò; Egisto si trovò al centro di un intrigo familiare quando Atreo gli ordinò di uccidere il fratello Tieste.
Solo allora il giovane scoprì che quest’ultimo era il suo vero padre il quale, a sua volta, lo convinse a eliminare Atreo. Egisto cedette alle pressioni di Tieste e commise il delitto ma all’orrore seguì la terribile scoperta: la madre spietata disposta a lasciarlo morire in quel campo era la sua stessa cara sorella, stuprata da Tieste.
Il gorgo di abominio scolpito sul volto di Egisto induce Clitennestra a concedergli il perdono; i mesi sfumano uno nell’altro e, dopo un anno, l’uomo è una presenza fissa nella vita della regina, ormai accesa di amore per lui.
Egli arde dello stesso fuoco ma non intende mettere a repentaglio il perdono di Agamennone; Clitennestra è ferita: la lealtà verso quel re arrogante è più forte del sentimento per lei? No. Egisto si arrende all’amore, non rinuncerà alla sua donna.
Per non dare adito a pettegolezzi, egli frequenterà il palazzo come amico, nell’attesa del ritorno e del perdono del cugino.
Clitennestra ed Egisto diventano amanti dietro la maschera di una civile cortesia. Grazie alla tenerezza e all’onestà di lui, la regina trova la forza per affondare la lama dentro una ferita vecchia di vent’anni e gli racconta la propria storia.
Una storia che affonda le radici nella sua giovinezza, quando viveva a Sparta, figlia del re e moglie di Tantalo, sovrano dell’Elide. Un matrimonio d’amore, il loro, che generò un frutto, Alessandro, strappato alla vita ancora acerbo.
Riparato a Sparta, Agamennone si invaghì di lei e le uccise marito e figlio per farne la propria sposa, la regina di Micene. Quella stessa Micene, le sibila livida Elettra, ora la vitupera come una donna priva di morale che tradisce il marito impegnato a combattere per difendere l’onore della famiglia.
Mentre gli altri tre principi imparano ad amare Egisto come un padre, Elettra alza un muro di gelo e l’odio verso la madre divampa. Nonostante il dispiacere per quella figlia perduta, Clitennestra è convinta di essere stata finalmente benedetta con la gioia per tutto il dolore subito; ma gli dei, si sa, sono invidiosi della felicità dei mortali.
La torcia sul monte Aracneo, dopo dieci anni, viene accesa: è l’annuncio della caduta di Troia; Agamennone sta tornando a Micene e Clitennestra cade tra le fauci del terrore: il marito le ha già strappato due figli. E se la stessa sorte toccasse agli altri tre? Deve proteggerli a tutti i costi, non sopporterebbe un altro lutto; allora decide: Agamennone deve morire.
L’Atride viene accolto tra ali di folla in tripudio; porta con sé come concubina Cassandra, la veggente figlia di Priamo, alla quale riserva i privilegi che spettano a Clitennestra, oltraggiata e defraudata. La regina non rimanda il proprio piano e inizia a tessere la tela.
Si finge felice del ritorno del marito, lo adula, lo seduce; Agamennone è troppo vanesio per accorgersi dell’inganno e, al termine di un bagno, la moglie gli squarcia il petto con una scure.
Vorrebbe risparmiare Cassandra ma ne provoca la morte per una tragica fatalità. Mentre il palazzo risuona di grida e pianti, Elettra sveglia Oreste da un sonno profondo; devono fuggire in fretta, non c’è tempo per le spiegazioni perché una nave li attende.
Oreste ha solo dodici anni ma ha già capito che il re è morto; quando il viaggio volge alla fine, Elettra gli annuncia che, dopo aver toccato terra, si recheranno nella Focide dove saranno accolti dal re Strofio, zio paterno.
Solo allora il bambino osa rivolgere la domanda di cui teme ma conosce la risposta: sì, è stata Clitennestra a uccidere suo marito, il loro padre, il re di Micene. L’amore di Oreste è immutato; sa che la madre è arrivata a tanto per proteggere i figli mentre Elettra oppone un’interpretazione razionale dettata dalla fredda logica politica: Agamennone è stato sacrificato perché Egisto prendesse il suo posto.
La principessa sferra poi il colpo ferale: il fratello tornerà a Micene solo quando sarà pronto a uccidere la madre e il suo amante.
Ma come vive Clitennestra il dopo? Ha perso altri due figli per proteggerli; dopo un anno le sembra un miracolo essere sopravvissuta all’ennesimo strazio ed è allora che gli dei le concedono l’ultima occasione per godere le gioie della maternità: aspetta un figlio da Egisto.
La notizia della sua gravidanza arriva nella Focide; Elettra non ha mai smesso di spronare Oreste a vendicare il padre e ora che sta per nascere un usurpatore del trono che spetta al fratello le sue pressioni si fanno più martellanti. Il giovane ama la pace, è tollerante e non avverte il dovere della vendetta.
Il cugino Pilade gli suggerisce di consultare la Pizia, la cui parola vale quanto quella di Apollo: sarà il dio stesso a stabilire se Oreste deve seguire le esortazioni di Elettra o quello che egli sente nel cuore.
Il responso della sacerdotessa trafigge il giovane come una lama affilata: i padri devono essere vendicati, sempre e comunque; Clitennestra deve morire per mano del figlio.
Quando esce dal tempio, Oreste sente già su di sé il marchio dell’assassino. Per otto anni riesce a eludere le pressioni di Elettra alla quale chiede il tempo necessario per addestrarsi e presentarsi a Micene perfettamente padrone di sé.
Ma la clessidra sta per svuotarsi; perfino Pilade, che aveva sempre appoggiato il cugino, lo spinge a rompere gli indugi perché ormai si parla di lui come di un principe debole e incapace di adempiere la legge divina.
Micene rischia di diventare vulnerabile; se venisse invasa Clitennestra sarebbe fatta schiava: ucciderla è un atto di misericordia. Oreste non ha scampo e parte con Pilade; torna a casa ma non come aveva sognato. Essi si presentano alla reggia di Micene come messaggeri che devono conferire con la regina; mentre la guardia li lascia in attesa raggiungono il balcone.
Clitennestra è lì, rivolta al tramonto come era solita fare; un’ondata del suo profumo travolge Oreste che sente gli occhi inondarsi di lacrime e, dopo averli chiusi, la aggredisce alle spalle e le recide la gola. Ella si accascia a terra priva di vita e un’altra figura, più piccola, si rivela ai due: è il piccolo Alete che inizia a gridare di incredulità e orrore.
Quegli strepiti potrebbero attirare qualcuno; sono momenti concitati, il bambino deve tacere e allora Pilade percorre l’unica via possibile: afferra il pugnale e lo trafigge sotto lo sguardo inorridito di Oreste. Sulla porta, maestoso e immobile, si erge Egisto; sulle prime egli accenna un sorriso che si spegne quando il suo sguardo cade sulle mani insanguinate del figliastro.
L’uomo capisce subito cosa è accaduto: sul balcone rinviene i corpi senza vita della moglie e del figlio; il dolore è un artiglio che gli strappa le costole una a una. Oreste è schiacciato dal rimorso poi la folgorazione: Egisto è vecchio e distrutto, sarebbe segnato per sempre dalla perdita e consumato dall’odio.
Porre fine alla sua vita è un atto di pietà, così il giovane conficca il pugnale nell’addome dell’uomo che lo aveva amato. Dopo l’incoronazione del fratello, Elettra torna a Micene dove trova un ragazzo flagellato dal dolore e ridotto all’ombra di sé stesso. Voci maligne iniziano a gridargli all’orecchio accuse e minacce; voci che aumentano di frequenza e intensità e rimbombano nella testa fino a stordirlo.
Pilade intuisce che il tormento di Oreste non è di origine umana e propone di tornare a consultare la Pizia.
Accompagnati da Elettra, essi arrivano a Delfi; nel tempio appare Apollo il quale si dice addolorato per la sventura che ha causato a Oreste, spiega che quelle voci sinistre appartengono alle Erinni, creature malvagie vocate alla vendetta contro cui gli dei nulla possono in quanto molto più antiche e misteriose di loro. Ma il giovane re non è ancora condannato a subirne per sempre gli attacchi; ad Atene qualcuno potrebbe aiutarlo.
Apollo guida i mortali sull’acropoli e li conduce al tempio di Atena che viene informata e invitata a esprimere la sua autorevole opinione. Nemmeno la dea della saggezza è in grado di giudicare in modo equo; non prova i sentimenti dei mortali, non riesce a immaginare il dolore per il tradimento di un figlio né l’agonia di chi è costretto a uccidere contro la propria volontà.
Oreste sarà processato; una giuria composta da sei uomini e sei donne emetterà la sentenza. Al termine del dibattimento la votazione finisce in parità: l’ago della bilancia è Atena. La dea dagli occhi grigi ha scrutato Oreste, uno specchio di amore e dolore, è un colpevole incolpevole che soffre per la propria colpa. Ed emette la sentenza.
Perché leggere La vendetta degli dei?
La vendetta degli dei sottende la concezione patriarcale per cui gli dei non le dee, gli uomini non le donne, i padri non le madri hanno diritto al rispetto, all’onore e alla vendetta. Le madri versano sangue nel mettere al mondo i figli; quelle stesse madri versano sangue per mano di quei figli generati nel sangue. Esse danno la vita ma la loro vita non vale quanto quella dei padri.
L’uccisione di Clitennestra è un atto di obbedienza alle inesorabili leggi divine; è un atto politico volto a scongiurare lo sfaldamento del regno; è un atto di pietas verso una vita che diventerebbe non vita se sopravvivesse.
La scarna arringa difensiva di Apollo poggia sulla lealtà di cui Oreste ha dato prova; i mortali sono chiamati a sottostare alla volontà degli dei, anche a costo di indicibili sofferenze.
Oreste non va punito, anzi merita di essere lodato per la sua abnegazione. Egli ha sacrificato quanto di più caro aveva al mondo pur di non venir meno al proprio dovere; le fastidiose tare mortali del sentimentalismo e della devozione materna non hanno fermato la sua mano.
Per contro, l’oggetto dell’infuocata requisitoria di Tisifone non è tanto Oreste quanto l’odiosa società patriarcale per cui i figli devono vendicare i padri ma le madri non possono vendicare i figli. Oltre a toccare le corde emotive, Tisifone introduce il criterio del discernimento: quali padri devono essere vendicati? Tutti? Anche quelli che picchiano mogli e figli? Anche quelli che tornano a casa ubriachi e perdono al gioco i soldi della famiglia? Anche quelli che sfruttano il lavoro dei bambini?
“Solo alcuni padri meritano di morire, ecco la semplice verità. E a determinare se debbano essere vendicati o meno non è la loro condizione di re o schiavi. Dovrebbero essere le azioni compiute in vita a stabilire il loro diritto alla punizione nella morte.”
Oreste si sente un assassino ma tale non è; insieme alla gola della madre ha straziato sé stesso. Le Erinni che gli gridano la sua colpa sono l’insistente tormento della coscienza del giusto costretto ad agire oltre e contro la propria volontà.
La vendetta degli dei mostra con cruda lucidità il paradosso della cultura patriarcale; in questa prospettiva Agamennone non sarebbe un figlicida né Oreste un matricida quanto esempi di probità: il nobile ideale della Giustizia, esasperato, scade in bieco delitto.
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Sinossi
Regina dal potere sconfinato, moglie assassina e vendicatrice, madre tradita e amorevole, figura capace di slanci e sentimenti di grande intensità o donna crudele e senza cuore?
È davvero difficile provare empatia per una donna che tradisce il marito, Agamennone, e che lo uccide al suo ritorno da Troia assieme al proprio amante, senza conoscere fino in fondo le sofferenze a cui è stata sottoposta fin dalla giovane età.
Una donna che ha dovuto sopportare l’omicidio del precedente marito e del figlio uccisi brutalmente, l’assassinio della figlia Ifigenia sacrificata con l’inganno agli dei dal padre. Senza contare le umiliazioni pubbliche, i soprusi e gli abusi a cui la regina di Micene deve sottostare per il bene pubblico.