Adelperga dalla chioma ondulata e lo sguardo profondo

Voce alle Indimenticabili

a cura di Patrizia Bove

 

Adelperga si voltò a guardare nello specchio la sua lunga e folta chioma che, di lì a poco, sarebbe stata tagliata, come da tradizione longobarda.
Era l’anno 760 d.C.

Sul letto a baldacchino era pronta la tunica che avrebbe indossato per andare incontro al suo sposo: un abito di lino e seta ricamato in oro.
Mille pensieri occupavano la sua mente e tante emozioni facevano brillare i suoi occhi e fremere le sue labbra carnose.

Era presa dalla malinconia per la terra che stava per lasciare, la verde Langobardia, per la sua famiglia che oggi si stringeva intorno a lei, per l’adolescenza felice che lasciava alle sue spalle, per i luoghi ricchi di cultura che aveva frequentato e che l’avevano formata allo studio e alla conoscenza.

Era però anche felice al pensiero di abbracciare il suo sposo: un uomo bello, forte, valoroso ed onesto con cui condivideva la passione per i libri e per la cultura.
Arechi II, duca di Benevento, l’aveva conquistata fin dalla prima volta che lo aveva visto.

 

Era andata con sua madre Ansa in pellegrinaggio al Santuario di San Michele sul Gargano, un luogo significativo per i Longobardi che onoravano il Santo con la spada, il continuatore del loro dio Wotan- Odino.

Aveva accompagnato volentieri sua madre in quel viaggio, anche perché sapeva- per una confidenza che le aveva fatto il suo precettore Paolo Diacono-, che in quell’occasione avrebbe visto l’uomo che i suoi genitori avevano scelto per lei.
All’ingresso nel santuario, la sagoma di un uomo inginocchiato nella penombra, con le mani giunte in preghiera, le fece sussultare il cuore.

Bello, nella sua stola bianca, Arechi II, duca di Benevento, era regale e forte, proprio come glielo avevano descritto.

Si sentì fortunata, come poche donne potevano essere in quell’epoca buia.

Essere donna nel Medioevo

Essere donna, nel Medioevo, significava dipendere da un uomo, che fosse padre, marito, o fratello
Significava godere di un’autonomia limitata e di una vita gravata da pesanti incombenze.
Essere donna nel Medioevo significava non avere voce.

Durante i processi parlava per loro l’uomo che le accompagnava. Si sposavano poco più che adolescenti e dunque l’istituzione del matrimonio era centrale nelle loro vite perché regalava loro un’identità.

L’autonomia economica dipendeva dall’entità della loro dote che, nelle famiglie umili, consisteva in lenzuola, asciugamani e qualche
piccolo oggetto mentre in quelle più ricche in terre, gioielli, tessuti preziosi, denaro.

La proprietà della dote era della donna ma il marito la gestiva e la amministrava. Le donne erano escluse dall’eredità, che andava solo ai maschi.

Alcune, provenienti da famiglie ricche, potevano imparare a leggere e a scrivere ma non potevano studiare perché anche l’istruzione era riservata agli uomini.
Fisicamente deboli, socialmente irrilevanti, le donne erano solo creature sottomesse.
Poche, fortunate rappresentanti del sesso femminile dell’epoca sono passate alla storia come donne eccellenti, capaci ed intelligenti.

Tra queste Adelperga, figlia di Desiderio- Re dei Longobardi e Re d’Italia dal 756 al 774- e di Ansa.
Di lei gli storici dicono che era dotata di eccezionale intelligenza e di notevoli capacità spirituali e ne parlano come la “seconda donna del Medioevo italiano che brillò per la sua benefica influenza sulla civiltà del tempo”.

Prima di lei viene ricordata solo la principessa germanica Amalasunta (regina degli Ostrogoti dal 495 al 535).

L’infanzia di Adelperga

Adelperga nacque a Brescia nel 740 d.C. e visse la sua fanciullezza tra Brescia, Pavia e Sirmione, alla luce delle opere esemplari della madre Ansa, regina pulcherrima e devota.
Proprio a Brescia Adelperga formò la sua educazione, sull’esempio della madre Ansa, in un clima intriso di misticismo.

Il Monastero di San Salvatore a Brescia (detto di Santa Giulia nel 762) fu il luogo dove visse, in un ambiente culturalmente avanzato per l’epoca.

Fondato nel 753 dalla Regina Ansa, era uno dei più grandi complessi medievali d’Italia, affidato alle monache claustrali. In questo luogo arrivavano vergini, vedove, malmaritate per obblighi di casta e donne di nobile rango che vi si recavano per ricevere una migliore educazione.
Qui Adelperga fu affidata alla protezione della sorella primogenita, la badessa Anselperga, una vera autorità dell’epoca. In ossequio al suo ruolo, Anselperga aveva avuto in dono dai genitori immense ricchezze: terre, castelli, poderi, altri monasteri che ricadevano sotto la gestione di quello di San Salvatore.
San Salvatore era stato costruito su un’intera insula romana, con avanzate tecniche edilizie: nell’appartamento della Badessa era stato installato un adeguato sistema di riscaldamento e riattivato l’acquedotto romano.

La vita nel monastero era scandita da rituali ben precisi. Le monache potevano partecipare alla liturgia e coltivare le lettere.

Tra loro c’erano le Decane, le Guardarobiere, le Cantiniere, le Portiere, le Bibliotecarie, le Scribe, le Insegnanti. Tutte dovevano conoscere la Bibbia, i Padri della Chiesa, un po’ di diritto civile ed ecclesiastico.

Quelle che non imparavano prontamente venivano frustate. Vivevano in una stretta clausura tra preghiera e lavoro e si dedicavano alla trascrizione di manoscritti. La Biblioteca era molto ricca.

Il monastero era pieno di opere d’arte, come la croce tempestata di antiche gemme, donato alla struttura da Re Desiderio.

Nel Monastero di San Salvatore, Adelperga si formò nello studio delle cd. arti liberali. La fanciulla era avida di conoscenza e amava tantissimo leggere.

Rimaneva ore e ore nella grande biblioteca sotto l’occhio vigile di madre Dominica, la suora bibliotecaria più anziana, che le indicava i libri da leggere. Aveva una grande passione per Virgilio che studiava con entusiasmo.

Avrebbe volentieri letto anche Catullo, il poeta proibito, se i suoi libri non fossero stati relegati nella parte della biblioteca non accessibile, dietro una grata di ferro su cui era visibile una tavola di legno con la scritta “Hic sunt scripta vetita”.

Adelperga a Pavia con Paolo Diacono

Quando, nel 757 d.C., Desiderio diventò Re con il consenso del Papa, la famiglia e tutta la corte bresciana si insediarono nella reggia di Pavia che diventò capitale del Regno longobardo.
A Pavia vi era la Schola Palatina, importante centro culturale che aveva insegnanti famosi come il grammatico Felice, maestro e padre di Flaviano, alla cui scuola si era formato Paolo Diacono, personaggio fondamentale per la vita culturale e personale di Adelperga.

Poeta e storico, Paolo Diacono divenne, per volontà del Re, il precettore di Adelperga. Desiderio, da uomo colto e illuminato, aveva intuito che quella figlia così particolare, se ben istruita, poteva collocarsi tra le grandi personalità femminili dell’epoca.

Paolo Diacono fu immediatamente colpito dal genio della giovane donna che, all’età di sedici anni, possedeva una cultura fuori dal comune.

Nell’epistola dedicatoria, preposta alla Historia Romana, Diacono descrive Adelperga come una donna dotta, che

“ben conosceva sia le auree sentenze dei filosofi che le perle dei poeti, sia la storia dei popoli che quella dei santi”.

 

L’unione di due anime affini. Adelperga e Arechi.

E fu proprio Paolo Diacono a favorire il matrimonio tra Adelperga e Arechi II duca di Benevento, un’unione che realizzava una molteplicità di interessi legati alla ragion di stato ma nel contempo univa due anime affini.

Il matrimonio fu celebrato all’ombra di un grande albero di noce, nel giardino del Monastero di San Salvatore.

Il giorno del “morgincaput” (“il dono del mattino” che il marito faceva alla moglie dopo la prima notte di nozze), Arechi donò ad Adelperga uno scrigno colmo di oggetti d’oro, gioielli, pergamene sacre e profane e un rarissimo manoscritto da lui trovato nella Chiesa di Sant’Ilario a Benevento, riguardante la cura delle malattie e la qualità delle erbe.

Desiderio ed Ansa donarono alla figlia tutte le chiese che avevano fatto costruire nel beneventano, oltre a molti beni terrieri e una
grande quantità di volumi, vista la passione della figlia per la lettura.

Poi la sposa parti per la sua nuova casa, in quella Beneventum dalla storia antica e fascinosa, su cui aleggiava la leggenda delle streghe e della loro magia.

Il ducato di Benevento, tra storia e leggenda

Benevento era una città bellissima, grazie anche ai lavori di rinnovamento della cinta muraria fatti da Arechi II. In essa si ergevano, imponenti, le vestigie della romanità ma aleggiava anche lo spirito della dea Iside ed i riti legati al suo culto, che coprivano di mistero la città.

Adelperga fu piacevolmente sorpresa dall’aria culturale che in essa si respirava e che non le faceva rimpiangere Pavia. Con lei, a Benevento, era giunto anche Paolo Diacono e, a corte, erano ospitati i dotti del tempo.

I duchi si dedicarono all’edificazione di un monastero femminile, sottoposto all’abbazia di Montecassino e dedicato a Santa Sofia, con annessa Chiesa, dove Arechi soleva andare a pregare di notte.

Benevento fu l’ultimo rifugio dei Longobardi che, dopo la caduta della Langobardia maior con la conquista dei Franchi, diventò Principato, grazie alle gesta di un valoroso Arechi.

Nella Chiesa di Santa Sofia, Arechi si fece ungere dal Vescovo quale Princeps Langobardorum et Dux Samnitium.
Era l’anno 774 d.C. Al suo fianco, l’indimenticabile Adelperga.