Intervista a Paolo Zardi, autore de La meccanica dei corpi
a cura di Emma Fenu
Paolo Zardi, scrittore e ingegnere, ha recentemente pubblicato per Neo. Edizioni La meccanica dei corpi, qui recensito da Gianna Ferro.
Oggi ho l’onore e il piacere di intervistarlo in merito alla sua ultima opera, per riflettere insieme sulla letteratura, sulla storia dell’umanità e sul senso dello scrivere e del vivere.
Emma: Benvenuto Paolo, grazie per aver accettato l’invito nel salotto di Cultura al Femminile.
Ad una causa corrisponde un effetto: quanto le azioni e le esperienze degli esseri umani possono essere previste o prevedibili?
Paolo Zardi: Grazie, Emma.
Nel mondo in cui siamo immersi, la maggior parte delle cose accade come mera conseguenza di altre cose successe prima, con una regolarità che qualche volta chiamiamo con il nome di routine.
Talvolta, però, c’è come uno scarto: qualcosa precipita all’improvviso, qualcosa si rompe e crolla, qualcosa compare all’improvviso nelle vite delle persone. Sono gli eventi che ricordiamo a distanza di tempo, i colpi di fulmine, i lutti inaspettati, le vincite.
La letteratura, con poche eccezioni, tende a concentrarsi su questi casi particolari, a scegliere, tra i tanti risvegli tutti uguali degli esseri umani, proprio quella mattina in cui, dopo una notte di sogni tormentati, Gregor Samsa si sveglia trasformato in uno scarafaggio.
La meccanica dei corpi allude all’irruzione ineludibile del corpo nelle vite delle persone – dei suoi desideri, dei suoi cedimenti, delle sue pulsioni irrazionali – e al modo con il qualequeste persone cercano di rispondere.
Emma: Qual è il fine del moto? Dove conduce la corsa quotidiana di una società in evoluzione e involuzione?
Paolo Zardi: In latino, la parola progressus non ha alcun senso se non è seguito dal complemento di moto a luogo. La nostra epoca, invece, ha smesso di preoccuparsi della destinazione, come se l’obiettivo del poderoso sforzo messo in atto quotidianamente da questi otto miliardi di esseri umani fosse il movimento in sé.
C’è qualcosa di isterico, in questa determinazione cieca verso il movimento, una forma di iperattività che si autoalimenta. Il mantra è che bisogna crescere a ogni costo, sempre, tutti gli anni, ogni singolo quarter, ogni mese. Le curve della crescita, però, sono esponenziali solo per un breve tratto.
Da cittadino, questa spinta incessante mi sgomenta un po’; come autore, invece, mi attrae perché rappresenta, a modo suo, un mistero della natura, paragonabile alla corsa dei lemmings verso la morte raccontata da Primo Levi nel suo racconto “Verso Occidente”.
Emma: Cosa hai voluto raccontare nella tua silloge di racconti? Qual è lo spunto di riflessione che offri al lettore?
Paolo Zardi: Sono tra quelli che pensano che la specificità della letteratura, il motivo per cui esiste, consiste nel fatto che è in grado di condurci a vivere un’esperienza inventata, e che attraverso questa esperienza si apprenda qualcosa che non possa essere appreso in nessun altro modo.
L’atto della lettura è la ricostruzione intima e dettagliata di una vicenda alla quale possiamo assistere, per così dire, dall’interno, dal nucleo da cui sgorga, in un ambiente controllato: il dramma di una morte narrata, ad esempio, è straziante e, allo stesso tempo, circoscritto nel perimetro della finzione; questo ci consente di inoltrarci, come lettori, in un territorio interiore che nella vita reale ci è precluso.
La scrittura rappresenta una forma di lettura elevata al quadrato. Non c’è nessuna lucetta da seguire, per inoltrarsi nel buio, nessuna indicazione. Gli autori sono gli sherpa dell’animo.
In questa silloge, ho provato a scendere in profondità nelle cose che mi fanno male e a cui non so dare un nome.
Emma: Come coniugare illusione, malinconia e speranza? Il tuo libro prova a farlo?
Paolo Zardi: Sono gli ingredienti stessi della vita, quelli che permeano le nostre giornate.
Ci piace illuderci che le cose andranno meglio, soffriamo per ciò che abbiamo perduto, continuiamo a credere che le cose un giorno andranno meglio. I miei personaggi, nonostante siano spesso messi alla prova dalla vita, non smettono mai di immaginare una vita migliore: è come se fossero riusciti a trattenere qualcosa dell’Eden dal quale siamo precipitati, un mondo ideale del quale intuiscono, attraverso vaghi contorni, il tepore, la luce, l’assenza del pericolo e della morte.
Abbiamo tutti nostalgia di un paradiso che non abbiamo mai conosciuto.
Emma: Quali sono i tuoi progetti futuri?
Paolo Zardi: Negli ultimi mesi, ho rallentato molto i miei progetti, per una lunga serie di motivi contingenti; ma come chi è costretto a letto da una malattia pensa con maggiore intensità e più vivo struggimento alle cose che farà una volta che sarà guarito, allo stesso modo, nel reticolo di vincoli pratici nel quale si muove la mia vita, non ho smesso di pensare alle sfide che voglio piazzare nel mio futuro.
C’è, in particolare, una storia che ho iniziato ad abbozzare già nel 2008, quando ancora, di fatto, non scrivevo, e che ho provato a più riprese a far partire, sempre senza alcun successo; ora, però, mi sento quasi pronto.
È forse il progetto più ambizioso che abbia mai messo in cantiere – non per vastità (la mia idea è che alla fine ne tirerò fuori un libricino di duecento pagine) ma per complessità di voce, temi, argomenti, informazioni necessarie per procedere.
Mi ci vorrà un sacco di tempo per finirlo, ma la cosa non mi spaventa.
Link d’acquisto
https://www.ibs.it/meccanica-dei-corpi-libro-paolo-zardi/e/9791280857217