Sono Alda Giuseppina Angela Merini: nata a Milano, il 21 marzo, insieme alla primavera
di Raffaelina Di Palma
Sono Alda Giuseppina Angela Merini: nata a Milano, il 21 marzo, insieme alla primavera.
Che ci faccio qui? Mi chiedo, mentre spio l’altra me stessa.
Chi l’ha messa su quel letto con le braccia legate, sola, mentre continua a chiamare l’uomo che ama? Mi guardo nel grande specchio dell’anima: la pazza, la diversa, sono io?
No! La “pazza” è lei, quella legata su quel letto: lei è molto distante dall’immagine che conosco di me stessa; io sono la poetessa.
Lei è quella povera ragazzetta milanese che tentò, senza riuscirci, l’ammissione al liceo Manzoni: respinta in italiano!
La scuola italiana non tradisce le proprie tradizioni nei riguardi degli artisti.
Nella mia singolare lucidità i fantasmi sono i primi attori sul palcoscenico della mente; essi ritornano dai luoghi frequentati durante la follia, creando un’eccitazione fabulosa che mi proietta in un clima illogico e vorticoso nel quale respiro la follia; e proprio da quella follia irrompe l’innato inferno che sfocia nel turbinio della mia anima.
Continuo a urlare inutilmente il nome del mio uomo. L’ho amato moltissimo, ma lui, gran lavoratore, semplice, concreto, non capiva e non condivideva la mia passione per la poesia.
La sua indifferenza mi faceva male, molto più di quando tornava a casa ubriaco e mi picchiava, ma lo amavo e mi illudevo che prima o poi sarebbe cambiato.
Ero una scrittrice già all’età di quindici anni quando scrivevo le mie poesie: anche quando soffrivo la fame non rinunciavo mai a inseguire i miei sogni.
Sono una piccola ape furibonda che si dibatte contro la vita, quella vita che mi ha tradita tante volte, sfidandomi con rabbia, con amore, con ironia, attraverso cui il dolore, la frustrazione si facevano canto e poesia che mi lanciavano verso l’orizzonte; quell’orizzonte che gli altri non vedevano, ma io sapevo che quella e quella soltanto era la mia rotta.
Con l’internamento presso l’ospedale psichiatrico smisi di scrivere; iniziò così il buco nero della depressione.
Mi erano concessi brevi rientri in famiglia a intervalli sempre più brevi a causa delle
profonde depressioni che mi provocava l’ambiente domestico.
Quella piccola ape furibonda che si dibatteva dentro di me mi spronava a riprendere a scrivere e non smetteva di combattere: vivevo la mia solitudine di artista e di donna in uno stato psichico sempre più fragile.
Il mio secondo marito apprezzava e capiva le mie poesie e mi incoraggiava: vissi con lui un periodo felice e sereno, ma quando anche questo rapporto finì, la depressione riprese il sopravvento e mi riportò a vivere di nuovo gli orrori dell’ospedale psichiatrico.
Io, la poetessa, non posso scindere da lei, la pazza: noi due insieme siamo la follia nella quale ci siamo forgiate. Ora siamo pronte a fonderci: lei la “pazza”, io la poetessa. due diverse personalità, ma un’anima sola.
Nella nostra speciale lucidità atterriamo in uno spazio che non è mai consuetudine, per irrompere nella complessità dell’essere umano.
“Io la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l’ho goduta perchè mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno… per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara.”
Sono Alda Giuseppina Angela Merini: nata a Milano, il 21 marzo, insieme alla primavera.