Tornare dal bosco di Maddalena Vaglio Tanet
Voce alle Donne
recensione di Emma Fenu
Tornare dal bosco è un romanzo di Maddalena Vaglio Tanet edito da Marsilio nel 2023.
Di cosa tratta Tornare dal bosco?
Piemonte, anni Settanta.
Giovanna ha undici anni e viene dalle montagne: parla solo piemontese, e il suo corpo da donna, con il seno in fiore, contrasta con l’anima ancora da bambina, in preda ad ormoni, in un limbo fra infanzia ed adolescenza, picchiata continuamente dal padre, non curata e accolta dalla madre, si dedica poco alla scuola.
Una bambina diversa.
Con le caramelle fatte di sassolini avvolti nella stagnola, i seni sfacciati, la difficoltà di relazione e apprendimento, una famiglia disfunzionale e una maestra che si dedica a lei, che vuole che impari, si integri, frequenti la scuola.
La bambina viene sgridata.
La cambina si toglie le ciabatte.
La bambina sbatte la porta.
La bambina apre la finestra.
La bambina si getta nel vuoto.
La bambina muore.
Il torrente la trascinerà a valle.
I giornali riportano la notizia e il romanzo potrebbe finire qui, con l’immagine di una fanciulla dentro una bara che non si risveglierà come nelle fiabe. Non è un incantesimo, è un suicidio.
Il suicidio di una bambina, qualcosa di così terribile da far tremare, perché una mano invisibile di violenza e indifferenza l’ha spinta.
E quella mano ce la sentiamo stringere la gola, perchè gli adulti devono proteggere i bambini, soprattutto se lavorano con loro.
La maestra legge il giornale e apprende la notizia.
Silvia ha 42 anni ma non ha cura di sè, sembra non avere età, ma certo non è una giovane donna; è una creatura non sposata, distratta, che trascura la casa, che va a mangiare dai parenti, che oltre la scuola non ha che una vita di piccole cose in equilibrio.
E tutte queste piccole cose si infrangono.
Silvia si rifugia nel bosco, il posto dove la notte, da bambina, andava a cercare funghi con il cugino, il posto che la ha protetta dai nazisti quando era bambina, il posto di cui si sente parte e dove si può trasformarsi in albero, pianta, bacca, foglia, corso d’acqua, verme.
Scattano le ricerche, ma nessuno scova il capanno dissestato dove Silvia si è rifugiata, lasciandosi morire di inedia, lasciando che l’urina le bagni le vesti e si raffreddi, che la lingua diventi terrosa e che immagini distorte la circondino. C’è Giovanna, bagnata fradicia, e la mamma, morta quando aveva cinque anni.
E quella voce accusatoria, perchè lei non è una buona maestra, ha telefonato alla famiglia denunciando l’assenza di Giovanna.
Martino ha dieci anni e, a causa dell’asma, ha dovuto lasciare Torino per trasferirsi in paese. Non è nella classe della maestra Silvia, ma sa chi è. La scuola elementare di Biella è piccola.
Quando tutti credono che la maestra sia morta, forse un incidente, probabilmente un suicidio, un altro suicidio, il bambino la trova e ogni giorno, fedele al segreto che ha promesso di mantenere, le porta cibo e acqua.
E la ascolta nel suo narrare fra ragione e follia, fra verità e immaginazione, fra ricordo e allucinazione.
Queste sono le regole del bosco.
Sono i bambini a salvare le maestre.
Sono i bambini a trovare il giusto sentiero, riconoscendo le tracce.
Sono i bambini che trovano streghe e fate.
Sono i bambini che sanno uscire dal bosco, tornare da esso, iniziati alla vita adulta, figli di quell’oscurità uterina che li ha partoriti una seconda volta.
Perchè leggere Tornare dal bosco?
Tornare dal bosco di Maddalena Vaglio Tanet fonde, in un romanzo struggente, cronaca, storia, immaginazione e fiaba. Il risultato è il bosco.
Il bosco è protagonista, madre e padre di maestre, bambini, sogni, spiriti, vivi e morti in danza sotto alberi e luna, dove tutto ritorna, prima o poi.
A volte il bosco restiuisce, come un torrente. A volte resistuisce morti, a volte vivi. Ma i vivi sono metaforicamente morti, sono rinati, cambiati: sono bosco anche loro e lo saranno sempre.
E vissero felici e contenti.
No. Vissero come nelle fiabe antiche, con voci nella testa, canzoni macabre e giornate di sole in cui provare a dimenticare.
Vissero, comunque.
Link d’acquisto
https://www.ibs.it/tornare-dal-bosco-libro-maddalena-vaglio-tanet/e/9788829717538
Sinossi
Libro incluso tra i dodici candidati al Premio Strega 2023
A partire da fatti reali e racconti di famiglia, articoli di giornali, dicerie e mitologie, Maddalena Vaglio Tanet racconta una storia di possibilità e di fantasmi, di esseri viventi che inciampano in vicende più grandi di loro, e di bambini dei quali – come scriveva Simona Vinci, al suo esordio – non si sa niente, se non che sono gli unici a conoscere quanta realtà ci sia nelle fiabe, quanto amore stia nella paura, e quante sorprese restino acquattate nel bosco.
«Pensò che probabilmente avrebbe camminato fino a collassare e anche quello le stava bene, solo sarebbe durato molto più a lungo. La vista scemava, non riconosceva più bene le forme. Le parve che fosse il bosco ad andarle addosso avviluppandola in una mischia di tronchi, spini e fogliame.»
«Mi fa pensare che esiste qualcosa nell’uomo che non può rinunciare all’essere corpo, al legame profondo con la terra». – Paolo Cognetti
«Nel sorprendente romanzo d’esordio di Maddalena Vaglio Tanet, venduto già in numerosi paesi esteri, il bosco non è un labirinto in cui perdersi e perdere la propria identità per poi ricomporla, ma un rifugio accogliente in cui raccogliersi attorno al proprio dolore … Ma dal bosco è necessario tornare. E una via del ritorno, ci insegna questo libro meraviglioso, è sempre possibile». – Viola Ardone
«La disperazione, la rabbia, il dolore sono esacerbati a livello narrativo come un caleidoscopio rotto: si ampliano e si chiudono in pentimento. E qui c’è la bellezza narrativa di Tanet.» – Alessia Rapuano per Maremosso
Il bosco è il bosco, la montagna è la montagna, il paese è il paese e la maestra Silvia è la maestra Silvia, ma è scomparsa.
In una piccola comunità agitata dal vento della Storia che investe tutta l’Italia all’inizio degli anni Settanta, Silvia, la maestra, esce di casa una mattina e invece di andare a scuola entra nel bosco. Il motivo, o forse il movente, è la morte di una sua alunna.
Non la morte: il suicidio.
La comunità la cerca, ma teme che sia troppo tardi, per trovarla o per salvarla, e in qualche modo che queste due morti siano una maledizione. Il paese è di montagna e le paure e i sentimenti, che pure non possono essere negati, non possono nemmeno essere nominati.
Teme il paese il contagio di una violenza tutta umana e mai sopita, una violenza che dopo due guerre mondiali si è trasfusa in una guerra civile, politica.
La maestra però non si trova e il paese, per continuare a vivere e convivere con il lutto e l’incertezza, si distoglie.
In questa distrazione, Martino, il bambino che non è nato nel paese e nemmeno è stato accolto, tagliando per il bosco incrocia un capanno abbandonato, e nel capanno, color della muffa e dorata come il cappello di un fungo, sta la maestra. Il bambino non dice di averla trovata, e la maestra non parla.
Ma il bambino torna e la maestra, in fondo, lo aspetta.
A partire da fatti reali e racconti di famiglia, articoli di giornali, dicerie e mitologie, Maddalena Vaglio Tanet racconta una storia di possibilità e di fantasmi, di esseri viventi che inciampano in vicende più grandi di loro, e di bambini dei quali – come scriveva Simona Vinci, al suo esordio – non si sa niente, se non che sono gli unici a conoscere quanta realtà ci sia nelle fiabe, quanto amore stia nella paura, e quante sorprese restino acquattate nel bosco.
Proposto da Lia Levi al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione:
“La storia narrata è ambientata in un paesino di montagna certo più aspro che confortevole.Un giorno la tragedia: Giovanna, una scolara di undici anni si è suicidata e Silvia, la sua maestra, è sparita senza lasciare tracce.
Tutto il paese si affanna alla sua ricerca ma senza risultato.
La troverà per caso Martino un bambino di città trasferito a forza, per motivi di salute, in quella zona montana. Silvia, accucciata in un capanno abbandonato nel cuore del bosco, muta, stracciata, è ridiventata creatura della terra allo stato primigenio.
Sarà Martino a portarle acqua, cibo e a riuscire a farla di nuovo parlare mantenendo la promessa di non rivelare a nessuno il suo nascondiglio.
Alla fine della vicenda tutto si scioglierà in un finale che, però, non risolverà del tutto i tratti misteriosi di certi inestricabili comportamenti umani
Ma l’elemento che per me è risultato vincente è stata la doppia sfaccettatura dello stile letterario con cui la Vaglio.”