Aurora di Giorgio Nisini

Voce alle Donne

Recensione di Emma Fenu

Aurora

 

 

Aurora è un romanzo scritto da Giorgio Nisini e edito da HarperCollins nel 2023.

Di cosa tratta Aurora?

Aurora è una rivisitazione romanzesca della fiaba della Bella adddormentata nella versione tradizionale, non edulcorata. Il nome, che sostuisce il più antico Rosaspina, non deve trarre in inganno: questo libro ha ben poco di disneyano, ma molto delle versioni di Perrault, Grimm, Perceforest, Basile e della tradizione orale scandinava.

Vi avviso: lo spoiler non è nella fine della fiaba tradizionale, che, si sa, va ben oltre il bacio del principe Filippo e culmina in una gravidanza: il colpo di scena è attinente alla vicenda del romanzo e ad esso non accennerò: nessun pericolo di spoiler.

Un breve ripasso della fiaba

La prima versione, di Perceforest, datata 1340, ci riporta all’epoea di Greci e dei Troiani. Il padre della principessa mette il giovane innamoraro alla prova per verificare se è degno di sua figlia, e, non appena egli è partito, Zellandine cade in un sonno incantato.

Al suo ritorno, l’eroe, trovandola addormentata, la mette incinta nel sonno e la  risveglia, a parto avvenuto,  rimuovendo un filo di lino, causa del suo stato passivo.

E questo filo di lino ci seguirà per tutta la dissertazione.

La successiva versione è di Giambattista Basile, del 1634: in essa  il sonno non è esito di un incantesimo, ma di una profezia. Anche qui il principe esercita violenza, ed è uno dei due gemelli partoriti a destare la donna.

Altra versione è quella  di Charles PerraultLa belle au bois dormant, di cui vi ripolto alcuni stralci.

“C’era una volta un Re e una Regina che erano disperati di non aver figliuoli… Alla fine la Regina rimase incinta, e partorì una bambina.

Fu fatto un battesimo di gala; si diedero per comari alla Principessina tutte le fate che si poterono trovare nel paese (ce n’erano sette) perché ciascuna di esse le facesse un regalo; e così toccarono alla Principessa tutte le perfezioni immaginabili di questo mondo.

Dopo la cerimonia del battesimo, il corteggio tornò al palazzo reale, dove si dava una gran festa in onore delle fate.

Ma in quel mentre stavano per prendere il loro posto a tavola, si vide entrare una vecchia fata, la quale non era stata invitata con le altre, perché da cinquant’anni non usciva più dalla sua torre e tutti la credevano morta e incantata.

Intanto le fate cominciarono a distribuire alla Principessa i loro doni.

Essendo venuto il momento della vecchia fata, essa disse tentennando il capo più per la bizza che per ragion degli anni, che la Principessa si sarebbe bucata la mano con un fuso e che ne sarebbe morta! …

A questo punto, la giovane fata uscì di dietro la portiera e disse forte queste parole:

“Rassicuratevi, o Re e Regina; la vostra figlia non morirà ….a si bucherà la mano con un fuso, ma invece di morire, s’addormenterà soltanto in un profondo sonno, che durerà cento anni, in capo ai quali il figlio di un Re la verrà a svegliare”.

Il Re, per la passione di scansare la sciagura annunziatagli dalla vecchia, fece subito bandire un editto, col quale era proibito a tutti di filare col fuso e di tenere fusi per casa, pena la vita.

Fatto sta, che passati quindici o sedici anni… la Principessina… salì fino in cima a una torre, dove in una piccola soffitta c’era una vecchina, che se ne stava sola sola, filando la sua rocca. Questa buona donna non sapeva nulla della proibizione fatta dal Re di filare col fuso.

Vivacissima e anche un tantino avventata com’era (e d’altra parte il decreto della fata voleva così), non aveva ancora finito di prendere in mano il fuso, che si bucò la mano e cadde svenuta.

…Allora il Re, che era accorso al rumore, si ricordò della predizione delle fate: e sapendo bene che questa cosa doveva accadere, perché le fate l’avevano detto, fece mettere la Principessa nel più bell’appartamento del palazzo, sopra un letto tutto ricami d’oro e d’argento.

Si sarebbe detta un angelo, tanto era bella.

La buona fata …  fu avvertita in un baleno.

Toccò colla sua bacchetta tutto ciò che era nel castello (meno il Re e la Regina)… Appena li ebbe toccati, si addormentarono tutti, per risvegliarsi soltanto quando si sarebbe risvegliata la loro padrona…

Allora il Re e la Regina, quand’ebbero baciata la loro figliuola, senza che si svegliasse, uscirono dal castello, e fecero bandire che nessuno si fosse avvicinato a quei pressi. E la proibizione non era nemmeno necessaria, perché in meno d’un quarto d’ora crebbe, lì dintorno al parco, una quantità straordinaria di alberi, di arbusti, di sterpi e di pruneti, così intrecciati fra loro, che non c’era pericolo che uomo o animale potesse passarvi attraverso.

In capo a cent’anni, il figlio del Re che regnava allora, e che era di un’altra famiglia che non aveva che far nulla con quella della Principessa addormentata, andando a caccia in quei dintorni, domandò che cosa fossero le torri che si vedevano spuntare al di sopra di quella folta boscaglia.

Appena si mosse verso il bosco, ecco che subito tutti gli alberi d’alto fusto e i pruneti e i roveti si tirarono da parte, da se stessi, per lasciarlo passare.

Entra finalmente in una camera tutta dorata, e vede sopra un letto, che aveva le cortine tirate su dai quattro lati, il più bello spettacolo che avesse visto mai, una Principessa che mostrava dai quindici ai sedici anni, e nel cui aspetto sfolgoreggiante c’era qualche cosa di luminoso e di divino.

Si accostò tremando e ammirando, e si pose in ginocchio accanto a lei. In quel punto, siccome la fine dell’incantesimo era arrivata, la Principessa si svegliò, e guardandolo con certi occhi, più teneri assai di quello che sarebbe lecito in un primo abboccamento, “Siete voi, o mio Principe?”, ella gli disse. “Vi siete fatto molto aspettare!”

Intanto tutte le persone del palazzo si erano svegliate colla Principessa.

La Bella addormentata nel bosco dormì cent’anni, e poi trovò lo sposo: ma il racconto forse è fatto apposta per dimostrare alle fanciulle che non sarebbe prudenza imitarne l’esempio.”

Una versione parzialmente simile, nella prima parte (la seconda non la ho inserita per maggiore chiarezza), a quella di Perrault è riportata nell’antologia de i fratelli Grimm, col titolo Rosaspina; la vicenda è quella celebre nella letteratura d’infanzia moderna e viene scelta per il fim Disney.

Un’altra versione proviene dall’antica Scandinavia, ma il protagonista è un maschietto. Alla nascita del bambino, il padre manda a chiamare tre indovine, chiamate Norne,. Non a caso, le donne sono tre: Urd (il Passato), Verdandi (il Presente) e Skuld (il Futuro).

Le prime due gli profetizzano un futuro felice. La terza, giovane, poco considerata e indispettita, predice che il bambino non sarebbe vissuto a lungo: la sua vita si sarebbe spenta proprio come la candela accesa accanto a lui. Una delle tre Norne, allora, aveva soffiato sulla candela, consegnandola alla madre affinchè mai fosse riaccesa.

Tale storia si rifà a quella, più antica, di Meleagro, ancora una volta originaria della Grecia. Meleagro era un principe alla cui nascita le tre Parche si erano presentate dalla regina, sua madre, per profetizzare che il bambino sarebbe morto quando il ceppo di legno che ardeva nel camino sarebbe diventato cenere. La madre, allora, prese il tizzone, lo spnse e lo tenne nascosto, fino ad usarlo per vendicare i suoi fratelli, uccisi dal proprio figlio.

Dalla fiaba al romanzo Aurora

Stefano è un imprenditore di lampadine che convola a nozze con la ricca Carola e, dopo anni di desiderata ricerca, hanno un bambina che chiamano Aurora.

Alla vigilia del sedicesimo compleanno di quest’ultima, il padre è fuori città per lavoro e riceve a mezzanotte in punto una telefonata inquietante che sembra provenire dalla voce di una vecchia che di si premuta di fare gli auguri alla ragazza per prima, alludendo ad una promessa e una vendetta risalenti a una festa pubblica di cui l’uomo non ricorda nulla.

Nel frattempo, a casa, Aurora manifesta uno stato di sonnanbulismo davanti alla madre, ma l’indomani tutto sembra essersi risolto fino a quando, la ragazza, in accordo con l’amica, scappa lungo la spiaggia ad incontrare il diciottenne, inviso ai genitori per la bassa condizione sociale, e fa l’amore per la prima volta. Dopo l’orgasmo, cade in un sonno profondo.

Oggetto di analisi di molti medici, Aurora resta un mistero: non ha assunto droghe, non è stata avvelanta, non presenta problemi fisici: semplicemente e inspiegabilmente dorme.

Mentre Carla passa dalla depressione a consulti persso santoni, Stefano ricostruisce una sorta di maledizione che grava sulla sua famiglia: suo nonno e suo padre sono morti giovani, presso il cancello della vecchia fabbrica, che Eugenio, il nonno di Aurora, ha fatto spostare a Roma, destando un vero trauma quasi ci fosse ua struttura feudale che ruotasse attorno all’edificio/  castello della fabbrica.

Rinvenute delle carte del nonno, anche Carola riprende lucidità e la questione prende i contorni di un giallo.

Molti anni prima, un ex dipendente della ditta, si era suicidato, lasciando la moglie e una bambina di pochi mesi che, secondo indagini successive, venne chiamata Cloto. Che sia stata lei, una volta cresciuta, a maledire la bambina? Che si tratti di una Norna, come ha detto il santone?

Nel frattempo,  l’infermiere Filippo, 50enne e con rapporti psicotici con le donne, accudendo Aurora le darà il primo bacio e la violenterà: subito dopo l’amplesso, la ragazza si sveglierà e, successivamente, si scoprirà che attende una bambina.

Il ricordo della violenza dell’infermiere viene ridefinito nella mente di Aurora, che felice e contenta sposa il suo “principe” nella convinzione di essere stata consenziente e di amarlo.

Ma non finisce qui. Una verità resterà nascosta fra le pieghe del tempo e di questa storia, lasciando noi lettori come unici depositari. Come promesso, della parte finale del romanzo non vi ho svelato nulla.

Perché leggere Aurora?

Aurora è un romanzo straniante, originale, ben orchestrato e certo l’autore ha affrontato una sfida non facile. Pur non essendo splatter, la scena della violenza, per nulla cruenta, data l’immobilità della vittima, è  devastantee e angosciante. Nauseante.

Permane un senso di ingiustizia, un ricadere di colpe dei figli sui padri, una fiaba nera in un giallo il cui svelarsi che resterà imprigionato in quel vissero felici e contenti che è menzognero quanto altre storie vere, false o veosimili, in cui ci si imbatte.

Vi invito a riflettere su alcuni elementi: il numero tre delle indovine delle fiabe, il filo fatato e, nel romanzo, il nome della neonata supestite.

Le Norne norrene sono le Parche greche e le Moire latine: secondo il mito, esse decidevano il destino degli uomini. La prima filava il filo della vita; la seconda dispensava le vicende e la durata delle esistenze; la terza, l’inesorabile, tagliava il filo della vita. Le loro volontà erano immutabili.

Venivano chiamate anche Fatae, ovvero coloro che presiedono al Fato (dal latino Fatum ovvero “destino”) e indovinate come si chiamava la prima? Cloto, mentre le altre due Lachesi e Atropo.

E così le fate si svelano come destino a cui non si sfugge. O forse non si vuole sfuggire? Forse abbiamo bisogno della fiaba? O dobbiamo trovare nella fiaba la soluzione alla nostra impotenza?

 

Link d’acquisto

https://www.ibs.it/aurora-libro-giorgio-nisini/e/9791259851093

Sinossi

Stefano, ultimo discendente dell’antica famiglia aristocratica degli Orsini Gianotti, dirige con successo e da lungo tempo la Fulgor, la fabbrica di lampadine fondata dal celebrato nonno Umberto negli anni Venti del Novecento.

Ha una moglie, Carola, e una figlia sedicenne, Aurora, venuta al mondo come un miracolo, dopo anni di tentativi disperati e infruttuosi.

La telefonata notturna di una sconosciuta, con cui si apre il romanzo, lascia in Stefano un vago senso di paura e sgomento: la donna allude, infatti, a questioni del passato che lui nemmeno ricorda, parlando con tono sibillino di una promessa fatta quando sua figlia era ancora una bambina, quasi esprimendo una velata minaccia.

Poche ore dopo, durante un rapporto sessuale, Aurora cade in un sonno comatoso di cui nessun medico riesce a comprendere la ragione.

Si apre così un periodo di crisi, in cui i due genitori cercano di rispondere in modo diverso a quest’evento inspiegabile e doloroso, alla ricerca di una soluzione sempre più disperata: Carola si abbandona a una vita di preghiera e riti superstiziosi, mentre Stefano cerca di reagire e inizia a indagare sulla telefonata ricevuta nel cuore della notte, sui misteri della sua famiglia e sull’ipotesi che una maledizione gravi sulle fondamenta della Fulgor… Ma è davvero così?

Giorgio Nisini architetta una rielaborazione in chiave contemporanea della Bella addormentata nel bosco, in una versione che fonde il tono classico delle favole di Perrault e dei fratelli Grimm con le tradizioni più nere del Perceforest e di Giambattista Basile.

Il risultato è un romanzo avvincente e sorprendente, che gioca con la tradizione trasportandola nel presente e nel futuro, aprendo squarci di senso sul mondo contemporaneo e ricordando il valore eterno delle grandi storie.

 

Titolo: Aurora
Autore: Giorgio Nisini
Edizione: HarperCollins, 2023