“Quel suo profumo d’estate ( la storia vera di un cappello, del suo viaggio e delle vite che incontra)” di Cristina Nùghes

recensione di Giulia La Face

Quel suo profumo d'estate di Cristina Nùghes

Quel suo profumo d’estate di Cristina Nùghes

Un titolo evocativo, una primizia anticipo di bella  stagione, perciò perfetto! Arrivato fra le mie tante letture in una serata d’inverno. Ed è stato subito come correre e ruzzolare con il vento che talvolta spazza i portici, le strade, le colline di Bologna, dove vivo e dove anche le vicende di questo romanzo si intrecciano.

Il libro ha una vita assai originale, oltre che per il contenuto.  Questo libro può essere letto nella sua bozza non editata, mentre la copia definitiva arriverà in ottobre. Un dietro le quinte unico nel suo genere. Il lavoro si è sostenuto con una campagna di crowfunding, che ha già permesso all’autrice di ottenere la pubblicazione e chi ordinerà la copia cartacea potrà leggere subito, come ho fatto io, la bozza non editata e successivamente la “seconda vita” di questo lavoro, a partire dal prossimo ottobre.

C’è una brezza gentile, talvolta una folata impetuosa, che pare voltare le pagine delle storie umane che si rincorrono in questo romanzo. Una traccia di magia, che pervade le pagine, che ci fa rincorrere con il vento le vicende che vi si narrano.

Cristina Nùghes ha una scrittura sottile, poetica e tratteggia figure femminili attraverso una linea del Tempo che si frantuma, per regalare la sottile sincronia che lega queste vite, attraverso diversi piani narrativi e tracce temporali differenti. Un libro che profuma di bellezza e di poesia.

Un cappello, una brezza che lo fa rotolare, le chiome di una donna, l’amore che ha molte forme e molte varianti. Madri, figlie, donne di un tempo che sfuma, altre che si intridono di volontà, creatività, paure e nostalgia.

“Anche gli oggetti possiedono una vita. Possono lasciare un segno profondo o impercettibile. Un vivo ricordo. La loro vita ha inizio nell’istante in cui qualcuno si sofferma ad osservarli. Ma è solo quando un oggetto viene scelto che nasce davvero. Allora ecco un nuovo capitolo della sua esistenza. Da quel giorno passerà da una mano all’altra. Da una vita all’altra. Attraverserà tante storie. Tante vite. Fotografie di vita. Questa è la storia di un cappello, del suo viaggio e delle vite che incontra.”

La città di Bologna accoglie queste vicende come una madre che racchiude ricordi in uno scrigno, che li protegge e poi li dona a chi sceglie di sedersi ad ascoltare. Le vie della città hanno un ruolo non secondario. Palazzi, portoni, finestre, sono spettatori complici del tempo che scorre e dei volti che all’improvviso danno vita a vicende, istanti di vita topici e unici. Cristalli di scene perfette in sè.

Ci si innamora di queste figure femminili. Il loro narrarsi è fatto di profondità, osservazione attenta, che permette di ritrovarsi con loro a vivere. A riconoscere l’andamento interiore come proprio.

Sara, Angela, Sofia. E il cappello. Due madri per una figlia:

“Ora è tuo tesoro. Te lo passiamo. Devi sapere che non è un cappello qualsiasi: è unico. Chi lo mette lo rende speciale e lui rende speciale chi lo mette. Lo indossavo quando ho conosciuto la mamma. E le calò il cappello di paglia sulla testa. Le stava enorme. Sorrise. Sorrisero. Risero.”

Cristina Nùghes sconvolge nello stesso tempo la linearità delle storie come si fa in un racconto cinematografico o come nell’aprirsi e chiudersi delle quinte di un teatro. E lei il teatro lo conosce bene, essendo attrice e regista teatrale. Qui  attraversa la sottile linea di confine di queste arti per penetrare nella narrativa, con originalità e sentimento.

Kiki, una donna che parte, che cerca, che rammenta. Il suo sguardo a scrutare le colline di Bologna dall’alto dell’oblò dell’aereo in volo. Libby, l’incontro con la magica donna dei cappelli. L’amore che appare all’improvviso. Il gusto del vino, l’odore dei portici, la ricerca di un senso.

E poi ancora: Viola, Emilia, altri tempi. La storia circolare, come un cappello .

Molte storie sembrano viaggiare in parallelo, altre a distanza temporale differente. Ma un filo le lega. E su tutto una commozione inedita che mi ha pervaso e che voglio condividere, suggerendo questa lettura senza tempo. Che lascia un sapore buono, un velo di poesia, lo sguardo del femminile che rende preziose le storie della vita.

“ Era un cappello alto e rotondo, alla Zimmermann […] Tutto liso, rossastro per l’usura, crivellato di buchi e cosparso di macchie, senza più falde e ammaccato da un lato nel modo più indecente. ( Fedor Dostoevskij)

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SINOSSI: Quante cose potrebbe raccontarci un oggetto? Cosa ha vissuto, cosa ha visto, cosa ha rischiato, quanto si è annoiato? Ha sofferto? Questa è la storia di un cappello, ma non di uno qualsiasi: un cappello unico. Chi lo mette lo rende speciale e lui rende speciale chi lo mette. Non è un cappello magico come si potrebbe pensare, ma un semplice cappello di paglia finemente intrecciato che ha la fortuna, come tutti i suoi simili del resto, di osservare e attraversare indisturbato tante vite e tante storie.

Lo fa passando da una mano all’altra dei protagonisti, assistendo a momenti di vita unici, occasioni speciali, situazioni particolari, a volte facendosi direttamente responsabile di destini e legami. E come in un film, ecco che si intrecciano fra loro storie essenziali di personaggi semplici e unici, come ogni individuo può esserlo, in una Bologna che si sveste e vuole mostrare la propria anima poetica. E mentre il cappello vive nelle mani dei protagonisti, a loro volta sono i protagonisti stessi che inconsapevolmente vivono e raccontano il loro viaggio insieme a lui.

Nome libro: Quel suo profumo d’estate
Autore: Cristina Nùghes
Genere: narrativa
Editore: Ed. Bookabook
Edizione in bozza : febbraio 2019
Data edizione cartacea/ e-book :ottobre 2019
Pagine: 170