“La mammana” di Antonella Ossorio.
recensione di Sabrina Corti
Lucina è una levatrice.
Come dice il suo nome, dà alla luce: aiuta le donne a partorire. È colei che un tempo, soprattutto nell’Italia meridionale, si chiamavano “le mammane”.
Ma a Lucina, le donne di Marzanello ricorrono raramente, e solo quando non se ne può fare a meno.
Sono diffidenti nei confronti di una donna bellissima, Lucina, che viene da fuori, di cui non si conosce il passato, che ha deciso di trasferirsi nel luogo più isolato di Marzanello, al limitare del bosco, in compagnia di tre cani selvatici e tre galline ovaiole.
Lei il suo splendore oltraggioso non lo porgeva, te lo buttava in faccia
Sono diffidenti ma, allo stesso tempo, impaurite di Lucina, le donne di Marzanello.
Lucina che non abbassa mai lo sguardo e che, quando svolge il duro lavoro di levatrice, indossa un paio di pantaloni maschili.
È una notte di oscuri presagi quando Lucina viene mandata a chiamare per risolvere un parto che non promette nulla di buono
Una cometa attraversa il cielo e molti sono convinti che sia prossimo l’Apocalisse.
Lucina monta sul cavallo e raggiunge la casa della partoriente. La situazione è gravissima: madre e nascituro rischiano di morire.
Le donne presenti rifiutano di abbandonare la stanza del parto: non si fidano di Lucina, eppure ne hanno bisogno.
“Fuori!” intima Lucina perentoria e nessuno osa contraddirla.
Il parto è complesso, hanno atteso troppo, il bimbo si presenta podalico e la madre è senza forza alcuna. Ma Lucina riesce a portare alla vita quel bimbo.
La felicità dura poco: è una bambina.
Ed è una bambina albina.
La madre la rifiuta, il padre pure.
Inizia così questo romanzo appassionante. Con una Lucina in fuga con in braccio una bimba “diversa” di pelle, così fragile e così ostinata.
Con un accordo segreto con i genitori, Lucina chiede di tenere con sé la bambina che, agli occhi di tutti, verrà dichiarata nata morta e seppellita in giardino dal padre.
Lucina è in fuga in una notte apocalittica.
E così Lucina, che madre non è, e vive sola, dà alla luce la sua bambina: Stella.
“La mammana” è un romanzo storico di una attualità disarmante.
Il pregiudizio nei confronti delle diversità fisiche che ancora ci spaventano al punto tale da rifiutarle e considerarle aliene.
Ma anche il pregiudizio nei confronti di una donna sola che, madre, decide di crescere una bambina ^diversa^.
E ancora il pregiudizio nei confronti di una persona di cui non conosciamo il passato, le origini, che non fa parte della nostra cerchia amicale.
“La mammana” è un romanzo ancora pieno di sorprese: Lucina non è la stessa di un tempo
Se Dio ti ha messo corde di violino nella gola, vorrà dire che non ti voleva trombone
Una mirabile scrittura quella di Antonella Ossorio, che mescola romanzo storico ad argomenti di attualità che un tempo parevano impensabili.
Un quadro magnifico della Campania e di Napoli del XIV secolo che mischia il profumo del glicine a quello del mare.
Un romanzo che profuma di vita e di maternità.
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Sinossi
Nella notte del primo marzo 1843, rischiarata da una cometa che sembra minacciare sventura, viene al mondo una bambina. È un parto complicato, che potrebbe finire male se ad assistere non ci fosse Lucina, la “mammana” del paese, e forse sarebbe meglio così: la piccola è una “capa janca”, albina, e dunque maledetta. Sarà Lucina, dopo averla salvata, a darle un nome, Stella, e farle da madre, portandola via da quel posto che rifiuta entrambe. Perché anche Lucina, malgrado la bellezza sfolgorante, nasconde una condanna, un segreto custodito troppo a lungo. Con l’aiuto di Bartolomeo, corteggiatore ostinato, Lucina si trasferisce a Napoli. Ma neppure nel brulichio della città, accogliente e minacciosa insieme, sembra trovare pace. Perché “così come è un azzardo giurare per sempre, è un peccato di superbia affermare mai più”. Antonella Ossorio mescola romanzo storico e saga familiare. La storia di tutti quelli che con fierezza e coraggio, nello scontro quotidiano tra doveri e desideri, non rinunciano a ricercare la propria strada.