“Romeo e Giulietta” di W. Shakespeare
Recensione di Viola Carrara
Sfoglio e risfoglio le pagine di questa tragedia secolare dal nome inconfondibile e nei suoi versi non trovo altro che promesse, poesie e apprezzamenti che ai nostri giorni non si tradurrebbero in altro modo che col termine smancerie.
Eppur si muove, penso.
Ma cosa?
Quel vortice, marea, flusso, incantesimo, goliardia, folle disturbo amoroso che Shakespeare ha tentato di narrare attraverso la dolce Giulietta e il romantico Romeo.
E allora mi assale un dubbio: forse, per un attimo, devo lasciar andare questo forte pregiudizio dentro di me per entrare nel flusso amoroso dei teneri amanti impazziti.
Eh sì, perchè non puoi piangere d’amore dopo aver scambiato appena due battute ad un ballo. Non puoi preferire la morte alla vita senza di lei, che hai incontrato tre volte in tutto.
Ma questo è un problema mio.
Forse molti lo farebbero.
Non sono proprio le storie strazianti a piacerci di più?
Quelle dove fra i due c’è un ostacolo insormontabile che gli impedisce di godere l’uno dell’altro per tutto il tempo della storia? Quelle dove solo alla fine i due avranno la meglio e potranno finalmente cominciare la loro vita insieme? Oppure dove solo una parola detta sul finale suggellerà la rivelazione dei propri sentimenti? Forse appena prima che la tragedia li separi di nuovo, questa volta per sempre?
Shakespeare era senza dubbio un romantico, è chiaro, perchè parla con parole uniche, racconta di gesta e di drammi che appartengono all’immaginario dell’innamoramento, raggiungendo un livello impareggiabile.
Il suo pezzo forte è la follia che cinge le membra di due innamorati mentre questi pensano di essere normali e invece si ritrovano pian piano, veleno dopo veleno, a sprofondare nell’abisso.
Quale veleno?
Quello che sia Romeo che Giulietta pensano di bere quando vengono a sapere della morte dell’amato. Che poi non è altro che il veleno che ognuno di noi ha dovuto spargere sulla nostra storia d’amore quando ha scoperto che non poteva avere un proseguo. Avvelena tutto e non sentirai nulla.
Sono passati cinquecento anni ma alcuni clichè continuano a fare da padrona. Storie che si ripetono.
Numero uno che l’amore è sinonimo di dolore. Numero due che bisogna lasciarci il passato alle spalle attraverso la tattica chiodo scaccia chiodo. Perchè, non lo sapevate? Giulietta è il chiodo che Romeo ha utilizzato per scacciare una certa Rosalina, di cui era innamorato ma che si era fatta casta.
Ma non mi va di scherzare solamente.
Durante la lettura di Shakespeare ho pianto, ho pianto dentro. Seppur da farfallone, le sue parole toccano tasti profondi delle nostre corde interiori, le fanno vibrare come solo un arpeggio riesce a fare quando la musicista è così immersa nella prestazione, che la fronte è corrugata e il petto è rivolto in avanti e il suo sguardo sembra vibrare insieme al suo seno per la voglia di tremare quella melodia, e sembra che solo il dolore possa esprimere in quell’istante, al meglio, la bellezza dello stato d’animo dell’artista.
Shakespeare è tutto questo. Ma non solo. Ho voluto segnare su un quadernetto le battute più belle perchè volevo rubarle al tempo che tiranno dimentica e, mentre le scrivevo, avevo la sensazione di rapire un dipinto dell’ ‘800 fatto con pennellate piene di colore che non sbiadisce mai, solido, suadente. Tutto questo con le parole. Ma come fa?
Beh, è un genio dell’amore.
Perchè l’amore fa questo: riempie di bellissime parole.
Giulietta, aspettando la prima notte di nozze:
Vieni, notte gentile, dammi il mio Romeo. E quando morirò prendilo e taglialo in piccole stelle: lui renderà il volto del cielo così fine che tutto il mondo si innamorerà della notte cessando di adorare il sole superbo. Oh! Io ho comprato la casa dell’amore ma non l’ho posseduta; e sebbene venduta, non sono ancora stata goduta.
Romeo, a frate Lorenzo che li sta per maritare:
Voi congiungete le nostre mani con sante parole e poi la morte che divora l’amore faccia quello che vuole – è abbastanza che io possa chiamarla mia.
Dal balcone:
Oh Romeo Romeo, perchè sei tu Romeo? Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome, O se non vuoi, giura che mi ami e io non sarò più una Capuleti.
Ti prendo in parola. Chiamami soltanto amore e sarò battezzato di nuovo. D’ora in avanti non sarò più Romeo.
Romeo, a Giulietta che gli chiede come ha fatto a entrare in casa Capuleti:
Confini di pietra non possono tenere Amore lontano, e ciò che Amor può fare Amore osa tentare. Perciò i tuoi parenti non mi possono fermare.
C’è più pericolo nel tuo occhio che in venti delle loro spade. Guardami dolcemente, e sarò a prova del loro odio.
Romeo mentre osserva Giulietta affacciata al balcone:
Due delle stelle più belle di tutto il firmamento, affaccendate altrove, chiedono ai suoi occhi di brillare nelle loro sfere finchè non torneranno.
Nome libro: Romeo e Giulietta
Autore: William Shakespeare
Genere: teatrale
Editore: Feltrinelli
Data edizione: 2016
Pagine: 270
http://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/romeo-e-giulietta-1/
William Shakespeare – il Bardo universale