Ubbidisco solo a Dio, a cura di Carla Maria Gnappi

 

Voce ai diritti

 

Recensione di Veronica Sicari

 

Ubbidisco solo a dio

 

Ubbidisco solo a Dio, a cura di Carla Maria Gnappi è l’epistolario di Angelina Grimké e Catharine Beecher, edito da Edizioni Nerbini, nella collana Teologhe e teologie, nel 2023.

 

Di cosa parla Ubbidisco solo a Dio

 

Ubbidisco solo a dio, lettere di Angelina Grimké a Catharine Beecher è un testo che si inserisce a pieno titolo nel ritrovato interesse di studiose e studiosi per i carteggi femminili.

Il recupero delle scritture femminili è lo strumento attraverso il quale è possibile riscrivere la storia alla luce di tutte le esperienze e testimonianze che il canone storico sviluppatosi nel corso del tempo ha silenziato.

È attraverso gli scritti vergati dalle donne che è possibile, al di là degli stereotipi perpetrati nel tempo, recuperare il non detto della storia, che riguarda la condizione nella quale le donne – e le minoranze che oggi definiamo femminilizzate – si sono trovate a vivere.

In un mondo che le riteneva incapaci di prendere pubblicamente la parola o intessere legami al di là della sede naturale loro destinata (le mura domestiche), le donne sono state in grado di elaborare rapporti e alleanze, prodromiche a quelle organizzazioni più strutturate che avrebbero conquistato il riconoscimento dello status di cittadine a pieno titolo, dotate di diritti e doveri al pari degli uomini.

Nel caso del carteggio tra Angelina Grimké e Catharine Beecher, siamo in grado di riscoprire un aspetto della fase embrionale di quello che sarebbe poi diventato il movimento delle donne, che avrebbe imperversato in tutto l’Occidente, tra Nuovo e Vecchio Mondo, desideroso di ottenere riconosciuto il diritto di voto da una parte, e spazi di autonomia dall’altra.

Angelina Grimké, Catharine Beecher, ma anche Sarah Grimkè, sorella maggiore di Angelina, rappresentano un esempio di protofemministe, donne che – prima ancora che il termine femminismo venisse coniato – cercarono una base teorica, filosofica e giuridica alle rivendicazioni femminili che in quegli anni iniziavano a profilarsi.

Siamo nell’America a cavallo tra la prima e la seconda metà del XIX secolo: in Europa, donne come Olympe de Gouge e Mary Wollnstonecraft avevano già profilato la necessità per le donne di essere riconosciute, in grado di esprimere pensieri e opinioni (anche politiche) al pari degli uomini, contrapponendosi a quelle correnti teoriche che le consideravano perpetue minori.

Le sorelle Grimké, in particolare, avevano avuto accesso agli scritti di quelle pensatrici, che avevano attecchito nel loro modo di guardare al mondo.

Il loro, di mondo, era solcato da ingiustizie che coinvolgevano non soltanto le donne, ma anche un’altra minoranza, quella degli schiavi.

E così le due giovani, figlie di una famiglia bene della Carolina del Sud, la cui ricchezza si fondava – anche – sul possesso di schiavi, iniziano a interrogarsi sulle ingiustizie alle quali assistevano.

Ed è in tale contesto, osservando da vicino la condizione nella quale uomini e donne venivano privati delle prerogative proprie degli esseri umani, vivendo sulla propria pelle la condizione di inferiorità e infantilismo nella quale si trovavano in ragione del loro sesso, le due sorelle elaborano la propria teoria politica.

Angelina e Sarah aderiscono convintamente al movimento abolizionista, nella sua forma più radicale, che auspicava – e pretendeva – un’immediata liberazione degli schiavi, a fronte di una frangia più moderata del movimento (di cui Catharine Beecher è un’esponente) che caldeggiava una liberazione graduale.

Anche se ciò significò per loro recidere i legami con la propria comunità religiosa e con la propria famiglia.

Angelina, in particolare, legò indissolubilmente le richieste abolizioniste a quelle di rivendicazione di uguaglianza tra donne e uomini, non ritenendo le questioni tra loro separate, di fatto anticipando la corrente cosiddetta intersezionale che ha caratterizzato e caratterizza quella che viene definita la quarta ondata del femminismo, ancora in corso.

Il tratto di assoluta novità e interesse nell’attività compiuta da Angelina Grimkè è certamente l’aver individuato il fondamento teorico e filosofico delle proprie opinioni politiche nelle Scritture sacre: sono le eroine bibliche che la donna richiama quali esempi di una parità e uguaglianza che trova il suo stesso principio nella parola di Dio.

Il carteggio che il coordinamento Teologhe italiane ha portato alle stampe rivela il tratto enormemente innovativo del pensiero politico di Angelina, e ci fornisce uno spaccato di quello che era il dibattito su questi temi all’epoca.

Che lo scambio di idee politiche egalitarie avvenga tra due donne di indubbia fede religiosa, e che questa sia posta a fondamento delle loro stesse posizioni politiche, è il tratto che rende questo testo estremamente interessante e meritevole di approfondimento.

Le lettere riportate nel volume sono state scritte da Angelina Grimké in risposta ad uno scritto dell’amica Catharine Beecher, pubblicato da quest’ultima quale reazione a An Appeal to the Christian Women of the Sud, nel quale Angelina si rivolgeva alle donne del sud, chiedendo loro di prendere posizione nei confronti dello schiavismo, chiedendo ai loro uomini di attivarsi per cambiare la legislazione vigente, esercitando dunque un potere politico, benché non riconosciuto loro dalla legge.

Nelle missive di Grimké emerge tutta la potenza della sua riflessione giusfilosofica, che trova nei testi sacri la propria giustificazione.

È in tali testi sacri, secondo Angelina, che risiede il fondamento stesso dei diritti umani, che non devono né possono essere fondati sul sesso, e che – in quanto di diretta volontà naturalistica – devono valere per tutti gli esseri umani, dunque anche per gli schiavi.

È dalla lettura dei testi sacri, privati dalle intermediazioni interpretative, che le sorelle Grimké traggono lo stretto legame tra la questione femminile e la causa dell’abolizionismo.

Risolvere entrambe le questioni è quindi un dovere che riguarda tutti, e che si traduce in ubbidienza agli stessi precetti religiosi.

 

Perché leggere Ubbidisco solo a Dio?

 

Per chi si occupa o è interessato a studi di genere e storia delle donne, o molto più semplicemente ha vuole indagare da una prospettiva diversa la nascita del diritto umanitario così come lo intendiamo oggi, la lettura dell’epistolario Ubbidisco solo a Dio si rivela estremamente interessante.

Innanzitutto, perché restituisce una figura – quella di Angelina Grimkè – ingiustificatamente e incomprensibilmente dimenticata; inoltre, ci permette di addentrarci in maniera approfondita e inedita, nel dibattito per i diritti civili – e umani – che ha animato quegli anni di grandi cambiamenti storici, quale è stato il periodo della seconda metà del XIX secolo.

Ubbidisco solo a Dio

 

Sinossi

 

Per la prima volta in traduzione italiana le lettere che Angelina Grimké scrisse a Catharine Beecher nel 1837 sull’abolizione della schiavitù, indicata come unica soluzione a una ingiustizia tanto inaccettabile sul piano razionale quanto scandalosa per il pensiero cristiano.

Gli argomenti si susseguono, lucidi e incalzanti, intrecciandosi alle riflessioni attorno ai diritti delle donne e al rifiuto di un femminile evanescente, domestico e sottomesso.

L’accurata introduzione di Carla Maria Gnappi, la prefazione di Letizia Tomassone e la postfazione di Elena Riva permettono di contestualizzare senza anacronismi la figura di Angelina e delle altre persone nominate, mostrando tuttavia la straordinaria attualità di quanto leggiamo.

 

Titolo: Ubbidisco solo a Dio

Autore: a cura di Carla Maria Gnappi

Editore: Edizioni Nerbini, 2023